Olanda, Germania e Regno Unito chiedono alla Commissione Ue di eliminare i dazi che gravano sulle calzature importate dall’Estremo oriente, misura decisa nel 2006 per compensare i sussidi che i due governi asiatici versavano alle manifatture nazionali per facilitare la conquista dei negozi occidentali. Secondo una fonte, la proposta nascerebbe per facilitare le multinazionali ed anche «perché sperano di far calare i prezzi e magari di rivitalizzare i consumi, in vista del Natale».
L’esecutivo Ue deciderà il 22 ottobre. Secondo un funzionario, l’Europa potrebbe scegliere una manovra di compromesso e rinnovare la misura sanzionatoria per due anni invece che per i normali cinque: questo comporterebbe il mantenimento di dazi fino al 16,5% sulle scarpe cinesi e sino al 10% su quelle vietnamite in vigore fino al 2011.
L’Italia è favorevole alla status quo in quanto direttamente interessata. Adolfo Urso, Il viceministro allo Sviluppo Economico con delega al Commercio Estero spiega: «Ho parlato più volte con il commissario al Commercio Ashton investendola del problema. Le ho detto che la decisione deve essere tecnica: si tratta di appurare se esiste il dumping e, se sì, fare la proposta necessaria per ripristinare le condizioni di concorrenza leale».
Per dumping si intende una vendita di un prodotto in un mercato estero ad un prezzo inferiore a quello di vendita o di produzione sul mercato di origine. Spiegano a Bruxelles che le decisioni antidumping «non servono a gratificare questo o quel settore ma a correggere situazioni modificate da comportamenti illegali».
La metà dell’importazioni complessive di scarpe, ossia 2,3 miliardi di euro a quadrimestre, vengono dall’Estremo oriente: il sospetto di molti produttori ed economisti è che oltre al basso costo, a alimentare l’invasione delle scarpe cinesi siano interventi non trasparenti. Urso aggiunge: «Siamo contro il protezionismo. Chiediamo il rispetto delle regole e agiremo di conseguenza».
Si dovrà vedere in Consiglio Ue quali alleanze si formeranno sulle calzature cinesi dopo la presentazione della proposta della Commissione: il conteggio preliminare parla di appena dodici paesi in favore dei dazi. Potrebbe non esserci la maggioranza, l’Italia spera. Del resto, come ricorda Urso, «il 21% delle imprese comunitarie, le cui produzioni sono salvaguardate da un dazio anti-dumping, sono italiane».
È un primato a livello Ue, 34 misure in settori come tessile, siderurgia, chimica, elettronica, agricoltura. «In assenza di questi – spiega Urso – i nostri affari sarebbero stato assai inferiori a causa della concorrenza sleale dell’import». E il prezzo, assicura, sarebbe stato di centomila posti sacrificati per colpa della falsa concorrenza.