Libia. La produzione di petrolio sta rapidamente riprendendo

Licinio Germini
Pubblicato il 16 Novembre 2011 - 11:47 OLTRE 6 MESI FA

La raffineria di Zawiyah

TRIPOLI, LIBIA – I buchi delle pallottole nei serbatoi di petrolio sono stati richiusi, il generatore di riserva è in via di riparazione e, soprattutto, l’oleodotto che porta il greggio nella grande raffineria di Zawiyah è stato riaperto.

La produzione libica di petrolio, a Zawiyah ed in altri parti del paese, sta rapidamente riprendendo, principalmente perchè il regime di Gheddafi e gli ex-ribelli – che ora governano il Paese ad interim – sono stati bene attenti a non menomare permanentemente la principale industria del Paese durante i sei mesi della loro guerra civile.

”Gheddafi ha voluto lasciare la raffineria intatta perchè aveva bisogno del petrolio, e i ribelli hanno voluto la stessa cosa perchè la raffineria appartiene al popolo libico”, ha dichiarato Khaled Rashed, coordinatore dei turni nella sala di controllo di Zawiyah.

Attualmente la produzione libica di greggio è al 40 per cento rispetto a quanto era prima della rivoluzione. Ma nessuno dei 40 principali giacimenti di gas e petrolio del Paese sono stati danneggiati dalla guerra, hanno dichiarato al New York Times funzionari libici ed esperti internazionali. Ed ora i più importanti porti e raffinerie, inattivi per via delle sanzioni internazionale ed dei combattimenti, stanno riprendendo a funzionare.

Funzionari libici audacemente prevedono che entro giugno il Paese produrrà 1,6 milioni di barili di petrolio al giorno, ma a condizione, sottolineano gli esperti, che non si torni a combattere. Meno ottimista è l’International Energy Agency, che in un rapporto della settimana scorsa stima che la produzione libica non sarà più di 1,2 milioni di barili al giorno alla fine del 2012.

Il petrolio è la linfa vitale dell’economia libica: prima della guerra costituiva un quarto della produzione economica nazionale, l’80 per cento delle entrate governative e il 95 per cento dei guadagni da esportazione, secondo le stime del governo degli Stati Uniti. ”In un Paese come la Libia il petrolio è tutto”, ha detto al Nyt Paolo Scaroni, amministratore delegato dell’ENI, il maggior produttore di greggio nel Paese. ”E alla fine dei conti il governo per la maggior parte del tempo si occupa del petrolio”.

Se la produzione di greggio non tornerà ai livelli precedenti il conflitto, l’economia libica e la sua stabilità politica ne risentiranno negativamente. Inversamente, se la produzione aumenterà in maniera sostanziale i 6,6 milioni di libici si arricchiranno, contrariamente ai cittadini di Paesi più poveri i cui governi dittatoriali sono stati rovesciati dalla Primavera Araba. Esemplare il caso dell’Egitto, la cui economia è stagnante da quando è crollato il regime di Mubarak. E con il barile di petrolio che sui mercati internazionali viaggia intorno ai 100 dollari,la ripresa della produzione libica potrebe calmierare i prezzi.

Le grandi compagnie petrolifere straniere, come le americane Marathon e Hess, vorranno certamente essere in Libia, e sono già cominciate le manovre per poter trivellare nuovi giacimenti con contratti favorevoli. Il primo ministro britannico David Cameron, il presidente francese Nicolas Sarkozy e il segretario di stato americano Hillary Clinton hanno già incontrato i leader del governo interinale, e i funzionari delle compagnie petrolifere sperano che questi contatti diplomatici li aiuteranno ad ottenere lucrativi contratti in futuro, mai dimentichi che le riserve libiche confermate di greggio ammontano a 46,4 milioni di barili.

Anche Scaroni è in cerca di buoni affari e anche lui ha ripetutamente incontrato a Bengasi la leadership dei ribelli. L’ENI, con 280 milioni di barili di petrolio e gas al giorno, era prima della guerra il maggior produttore straniero. ”I Paesi che hanno aiutato i ribelli a rovesciare Gheddafi avranno stretti rapporti con la Libia di oggi”, ha detto. Ed ha aggiunto: ”La Libia è un Paese dove noi vogliamo esserci e restare, e vogliamo aumentare la nostra produzione”.