Pensioni, il Censis: i vecchi stanno male, ma i giovani stanno peggio

Pubblicato il 11 Giugno 2010 - 20:24 OLTRE 6 MESI FA

Giuseppe Roma

Gli anziani sono in difficoltà, ma i giovani stanno peggio. Così Giuseppe Roma, direttore generale del Censis, commenta le cifre dell’Istat sui lavoratori a riposo alle prese con assegni che sfiorano la soglia di povertà.

Roma non sminuisce certo il problema. Anzi: proprio il centro studi nel suo ultimo rapporto sulla terza età del maggio 2008, rileva che il 33,45 per cento degli ultrasessantenni, ovvero uno su tre, dichiara di non essere in grado di arrivare a fine mese. Però chi si affaccia oggi al mondo del lavoro, sostiene il direttore, incontrerà più ostacoli.

Nonostante tutto, infatti, per Roma, “La condizione degli anziani rimane migliore rispetto a quella dei giovani. Ci sono alcune categorie di pensionati che vivono in condizioni di povertà, sopratutto chi rimane solo, ma c’è anche ci prende un assegno da 1,500 euro e possiede una casa, quindi non ha il pensiero di dovere fare grandi investimenti. Insomma, la maggior parte degli anziani vive dignitosamente, i problemi maggiori li hanno i giovani”. Che, per aggiunta, oggi non possono neanche più fare riferimento sulle pensioni di nonni e genitori.

Secondo Roma, infatti, “oggi gli anziani devono pensare più a se stessi”, visto che non hanno più le risorse per potere aiutare i nipoti. Inoltre, suggerisce, occorre contestualizzare il dato dell’Istat in un’Italia dove il sommerso domina.

“In realtà molte persone – sottolinea – dopo aver lasciato il lavoro hanno continuato in maniera illegale, nel sommerso: ad esempio, in molti casi chi ha anticipato la pensione a 55 anni, poi ha proseguito lavorando in nero fino a 65 anni. Il problema viene quando si supera questa età. A settanta anni non si ha più la forza di lavorare, ti rimane solo la pensione per vivere e con cui dovere affrontare le spese sanitarie”, che più si invecchia più diventano onerose.

A cadere nella trappola dell’irregolarità, osserva Roma, sono soprattutto le donne, che non a caso hanno anche i redditi da pensione più bassi. Per superare l’impasse, il direttore del Censis invita ad avere un pensiero orientato al lungo periodo: “Non aiuta una visione circoscritta al breve periodo. Spesso purtroppo si preferisce avere uno stipendio più consistente che poter contare sui contributi”. Un fenomeno, aggiunge, “particolarmente diffuso tra i giovani del Mezzogiorno”.