Pensioni di reversibilità: tra ex moglie e vedova non si divide a metà. Cassazione

di Redazione Blitz
Pubblicato il 3 Novembre 2014 - 13:12 OLTRE 6 MESI FA
Pensioni di reversibilità: tra ex moglie e vedova non si divide a metà. Cassazione

Pensioni di reversibilità: tra ex moglie e vedova non si divide a metà. Cassazione

ROMA – Pensioni di reversibilità: tra ex moglie e vedova non si divide a metà. Cassazione. La pensione di reversibilità non si divide automaticamente tra vedova ed ex moglie: lo ha stabilito la Corte di Cassazione confermando la sentenza che attribuisce il 70% delle spettanze alla ex consorte divorziata. Una precisazione importante, di cui dà conto lo Studio Cataldi, commentando la decisione.

La Corte ha stabilito che, nella distribuzione delle spettanze in caso di pensione di reversibilità, vanno presi in considerazione diversi requisiti: la durata del matrimonio, quella della convivenza pre-matrimoniale, se sussistono ragioni come l’entità dell’assegno di divorzio che potrebbero far pendere la bilancia da una parte o dall’altra. Oltre la valutazione e il confronto delle condizioni personali ed economiche dei beneficiari.

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 23102 del 30 ottobre 2014, è tornata a occuparsi della questione relativa alla quota della pensione di reversibilità che spetta alla ex moglie divorziata quando vi concorre anche la seconda moglie.

In primo grado il Tribunale di Roma aveva quantificato nel 50% la quota di spettanza alla ex coniuge della pensione erogata dall’istituto previdenziale al coniuge superstite con cui il de cuius aveva contratto matrimonio dopo aver divorziato con la sua precedente consorte.

Contro la pronuncia di primo grado hanno fatto ricorso in appello sia la ex coniuge sia la vedova ed entrambe hanno chiesto una determinazione più favorevole della propria quota di spettanza. La Corte d’Appello ha rideterminato gli importi ed ha riconosciuto alla ex moglie divorziata una quota maggiore rispetto alla vedova, indicandola nella misura del 70%.

Il Giudice di ultima istanza ha respinto il ricorso della vedova ritenendo che la sentenza d’appello sia conforme ai criteri indicati dalla giurisprudenza costituzionale e di legittimità secondo la quale nella determinazione della quota di spettanza occorre tenere conto della durata dei matrimoni e valutare la sussistenza di criteri correttivi quali l’entità dell’assegno divorzile, la durata della convivenza prematrimoniale, le condizioni personali ed economiche.

La Corte d’Appello si è attenuta a questo criterio valutativo e, in difetto di una difformità del risultato rispetto ai criteri indicati, è precluso al giudice di legittimità di procedere ad una rivalutazione della decisione di merito circa la concreta determinazione delle percentuali. (www.studiocataldi.it)