Fino a qualche anno fa per i francesi era un dogma intoccabile: sulla pensione a 60 anni, conquista della prima presidenza della Repubblica socialista, non si discuteva. Domani i sindacati si giocano tutto nella prima giornata di mobilitazione contro il progetto del governo di innalzare l’età pensionabile.
Opinione pubblica e fronte della protesta appaiono già divisi. Stando ai sondaggi, negli ultimi anni, a causa ella crisi e dell’invecchiamento della società, l’opinione pubblica ha smussato la sua tradizionale contrarietà all’intoccabilità del dogma dei 60 anni.
Oggi sembra passato il principio che si tratta dell’unica strada, ma le forze politiche continuano a darsi battaglia.
Per il presidente Nicolas Sarkozy, la riforma delle pensioni, scoglio sul quale i suoi predecessori si sono arenati, è l’unica speranza di avere una bandiera da sventolare nel 2012, a fronte di tante “modernizzazioni” annunciate ma presto arenate. Anche per questo, la battaglia è soprattutto politica e i sindacati vogliono che il test di domani sia l’annuncio di un'”estate calda”.
Obiettivo dichiarato è migliorare lo score del 23 marzo, quando nella manifestazione contro disoccupazione e calo del potere d’acquisto scesero nelle piazze francesi 380.000 persone (secondo la polizia) e 800.000 secondo la Cgt.
È proprio il sindacato comunista a guidare la mobilitazione di domani, orfana di Force Ouvriere, i centristi che sfileranno da soli il 15 giugno, e di buona parte della categoria più temuta dagli utenti, gli “cheminots” dei trasporti. Le loro pensioni, infatti, non sono a rischio, dal momento che il governo non ha voluto irritare i titolari di “regimi speciali” come il loro rinviando ad un secondo tempo la discussione.
In ogni caso, gravi disagi nelle scuole e nei servizi pubblici sono previsti per quello che il sindacato vorrebbe presentare come un “giovedì nero” ma che probabilmente si rivelerà una mobilitazione poco più che tiepida.
Sull’ipotesi di rimanere al lavoro fino a 62 o 63 anni (il governo non è finora mai sceso in dettagli) si continua però a polemizzare. L’ultima querelle è stata una levata di scudi socialista contro l’attacco sferrato ieri da Sarkozy alla gauche: “Fra le 35 ore (varate dal governo di Lionel Jospin nel 2000) e la pensione a 60 anni (risalente agli anni Ottanta di Francois Mitterrand), quanti problemi in meno avremmo oggi se non ci fossero”.
Furiose le reazioni socialiste: frasi “indegne” di un presidente, ha tuonato il segretario Ps, Martine Aubry. “Se si paragona il bilancio di Mitterrand, presidente costruttore, con quello di Sarkozy, presidente demolitore, la storia chiarirà la differenza”, ha rincarato Laurent Fabius.