Pomigliano, riapre la fabbrica Fiat: sopralluogo dei tecnici per la Nuova Panda

Pubblicato il 20 Luglio 2010 - 22:25 OLTRE 6 MESI FA

La ripresa produttiva di tre giorni nello stabilimento Fiat di Pomigliano d’Arco è stata segnata anche dalla presenza dei tecnici di alcune ditte esterne che stanno ‘visitando’ il “Vico” per la reindustrializzazione che dovrà portare alla produzione della nuova Panda.

Tra un pizzico di speranza, e tanta preoccupazione per la buona riuscita dell’investimento da 700 milioni di euro, i lavoratori addetti al modello ”Alfa 159”, l’unico ancora in produzione, hanno osservato i tecnici mentre si aggiravano tra i reparti muniti di piantine e strumenti.

Tra loro anche due tecnici provenienti dalla ”Progea 4” di Cassino, azienda esterna della Fiat, che si occupa di impiantistica, progettazione, manutenzione e fabbricazione impianti. Una presenza che ha rincuorato molti operai: ”Sono qui per la reindustrializzazione – ha spiegato uno di loro – significa che la Panda la costruiremo davvero”.

Ma il buon umore non ha fatto da padrone: molti operai, infatti, temono che i tempi lunghi per l’ avvio della produzione, non saranno positivi per l’andamento di mercato: ”Ci vogliono troppi mesi ed il mercato potrebbe essere saturo per allora. La crisi economica non si risolve da un giorno all’altro. La Fiat sta distruggendo il Vico”.

Qualche altro lamenta il mancato premio di produzione, che quest’anno potrebbe essere minimo o addirittura nullo: ”Mentre gli Agnelli e gli altri azionisti si dividono gli utili a noi promettono fame e disperazione. Un altro anno di cassa integrazione, i corsi regionali che non ci hanno ancora pagato, quelli previsti per il prossimo settembre che non si sa quando partiranno, e nulla in busta paga come premio di produzione. Noi continuiamo a fare sacrifici e vorremmo conoscere il salario di Marchionne”.

Qualche altro, infine, si chiede cosa sarebbe successo se al referendum il ‘no’ avesse vinto: ”La Fiat non avrebbe potuto chiudere perché ci sarebbe stata la rivoluzione di 20 mila famiglie senza futuro. Ma siamo vittime dei sindacati, sono loro che hanno deciso del nostro futuro, e noi, con la corda al collo, dobbiamo lavorare come schiavi”.