Uscita dall’euro? Biglietto di 2.000 miliardi a carico di conti correnti, mutui…

di Redazione Blitz
Pubblicato il 19 Dicembre 2013 - 16:20 OLTRE 6 MESI FA
Uscita dall'euro? Biglietto di 2.000 miliardi a carico di conti correnti, mutui...

Uscita dall’euro? Biglietto di 2.000 miliardi a carico di conti correnti, mutui… (Sole 24 Ore)

ROMA – Il costo per gli italiani di un’eventuale uscita dall’euro? È un biglietto di sola andata che ha un prezzo di 2.000 miliardi, a carico di chi ha una casa, un’impresa, un terreno, un conto corrente, un deposito in banca; di chi possiede azioni, obbligazioni, titoli di Stato; di chi, dopo una tale catastrofe, pensasse di andare in vacanza all’estero.

I conti dell’Exit strategy, meglio ribattezzata Eurocrack, li ha fatti Fabrizio Guidoni sul Sole 24 Ore.

A pagare 2.000 miliardi di “biglietto” per migrare fuori dall’euro si arriva sommando una svalutazione (col ritorno alla lira) fra 1.200 e 1.600 miliardi delle attività reali, di decine di miliardi dei conti correnti, di 100 miliardi delle azioni e delle obbligazioni, di 20-40 miliardi dei titoli di Stato, più un impatto tutto da stimare sulle rate dei mutui a tasso variabile.

La botta più grossa arriverà su quella grande fetta della ricchezza degli italiani che è investita in attività reali:

“Prima di entrare nel dettaglio è necessario mettere sul tavolo delle ipotesi forti: di quanto si svaluteranno le varie asset class? C’è un dato di partenza sui cui convergono le idee degli analisti. L’addio alla moneta unica e il ritorno alla lira comporterebbe per la valuta nazionale una svalutazione intorno al 20-30 per cento. Con impatto al rialzo sul costo di materie prime come il petrolio e gas. Ed è una perdita di valore simile che gli esperti prevedono per case, terreni e simili, quelle che vengono definite attività reali. Ma cosa vuol dire in soldoni? Una cifra da lasciare senza fiato, pari a ben più di 1.000 miliardi di euro, ovvero oltre due milioni di miliardi delle vecchie lire, se si applica il valore del cambio (1 euro ogni 1.936 lire) con cui la nostra vecchia valuta è stata convertita nella moneta unica. La metà del valore del debito statale dell’Italia, tanto per capirci. Il conto è presto fatto. Come indicato solo pochi giorni fa da Banca d’Italia la ricchezza delle famiglie, nel complesso intorno agli 8.500 miliardi di euro, è in gran parte, probabilmente troppo, investita in attività reali, per l’impressionante cifra di 5.678 miliardi di euro. Ecco che il 20% di svalutazione abbatterebbe questo patrimonio a 4.542 miliardi di euro. E giù fino a 4.000 in caso la perdita di valore arrivi al 30 per cento”.

A pagare saranno anche i conti in banca, perché i rendimenti proposti dagli istituti di credito non saranno al passo con l’impennata dell’inflazione:

“Almeno i conti correnti non saranno toccati”, dirà qualcuno: i soldi sono lì, in banca, che siano in euro o in lire: protetti dal fondo di garanzia fino a 100mila euro. Formalmente. Ma in sostanza le cose potrebbero essere ben diverse. A parte i rischi legati alla tenuta del settore bancario tricolore sotto la spallata dell’uscita dall’euro, l’impatto sulla liquidità avverrà come calo del potere d’acquisto di questi soldi e sulla perdita di valore in termini reali. Proprio così, perché una delle conseguenza più probabili di uno strappo dell’Italia dalla moneta unica, a sentire gli economisti, sarebbe un elevato surriscaldamento dell’inflazione, impossibile da compensare da un eventuale aumento dei rendimenti della liquidità parcheggiata agli sportelli banche e posta, nel complesso 650 miliardi di euro. Se l’inflazione balzasse al 5% annuo, ipotesi conservativa, e i rendimenti in banca salissero alla metà, intorno al 2,5%, i conti correnti bancari e postali accuserebbero una perdita di valore reale di alcune decine di miliardi (sempre parlando in euro per semplicità)”.

Quindi toccherà al mercato azionario. Piazza Affari andrà giù, e con essa le azioni e le obbligazioni possedute dagli italiani:

“E per azioni e obbligazioni in tasca degli italiani? Le attività finanziare delle famiglie, al netto delle passività come mutui e prestiti personali, valgono, al netto della liquidità parcheggiata agli sportelli bancari e postali, poco più di 2.000 miliardi. Di questa circa 450 miliardi sono in investimenti azionari, in gran parte italiane, e 250 miliardi in fondi comuni di investimento, in parte di tipo equity. Uno stimato ribasso di Piazza Affari, effetto di uscita dall’euro, del 20% impatterebbe per circa 100 miliardi sulla ricchezza delle famiglie”.

Perderanno valore anche i titoli di Stato, che gli investitori esteri e anche italiani faranno la corsa a vendere:

“C’è poi la ben nota questione di che fine faranno i molti titoli di Stato, soprattutto Btp, in tasca degli italiani. Un portafoglio dal valore intorno ai 200 miliardi. Ovvio pensare a un’inevitabile pesante svalutazione, sotto il flusso di vendite estere, dei titoli emessi dal governo tricolore. Il ribasso delle quotazioni sarà di certo funzione del rendimento nominale delle cedole e soprattutto della duration, ovvero approssimativamente dalla scadenza. Per i titoli trentennali sarebbe un vero crollo ma anche il classico decennale potrebbe scivolare da lontana da una quotazione intorno alla parità, a 100, verso quota 80. Insomma, anche dalla componente obbligazionaria del portafoglio, pari oggi appunto a 200 miliardi, arriverebbe una perdita di valore stimabile intorno ai 20-40 miliardi”.

Un impatto ci sarà anche sulle rate dei mutui a tasso variabile:

“E così si potrebbe continuare andando nei dettagli delle altre voci della ricchezza degli italiani, o all’impatto indiretto dato da fattori come l’esplosione del costo e dell’ammontare del debito statale. Un ultimo conto andrebbe quanto meno fatto sulle rate di mutui a tasso variabili. In questo caso l’impatto sugli italiani si percepirebbe sulle rate. Sia sul fronte dell’indice di riferimento, che riassume il costo del denaro, sia su quello dello spread applicato per cui è difficile ipotizzare un futuro immune da cambiamenti”.

Non è finita, perché qualcuno fra gli italiani usciti dall’euro e “alleggeriti” di 2.000 miliardi vorrà andare in vacanza. E se varcherà i confini del sacro suolo italico si accorgerà al cambia valute della differenza fra una moneta forte e una moneta debole, ovvero la cara vecchia lira.

“In ogni caso, da quanto visto è facile capire come l’impatto potenziale diretto complessivo possa essere vicino ai 2.000 miliardi di euro. Per chiudere, tocca segnalare che una svalutazione valutaria nel passaggio da euro a una nuova lira costringerà gli italiani ad andare molto meno in vacanza all’estero. Troppo care le altre valute. Ma forse a ragione chi, nel commentare questa osservazione, gli scappa una battuta: il problema è che qui se si finisce così, non sarà tanto una questione di meno vacanze all’estero, quanto invece che non ci saranno neanche i soldi per andare in vacanza in Italia”.