Carceri: suicidio a Catania, detenuto si sgozza a Bicocca

Pubblicato il 23 Luglio 2010 - 13:28 OLTRE 6 MESI FA

Nuovo suicidio in carcere: un detenuto, Andrea Corallo, 39 anni, si è ucciso questa mattina nella circondariale di Catania Bicocca recidendosi la carotide con una lametta da barba nel bagno della cella in cui era recluso. Lo rende noto Eugenio Sarno, segretario generale della Uil-Pa Penitenziari.. Lo rende noto il segretario della Uil Penitenziari, Eugenio Sarno, ricordando che ”e’ il 38/mo caso dell’anno”. La notizia è stata confermata da fonti giudiziarie. ”Abbiamo la sensazione – aggiunge il sindacalista – che nemmeno questa strage silenziosa che si consuma all’interno delle nostre degradanti prigioni scuota dal torpore una classe politica che ha, evidentemente, accantonato la questione penitenziaria”.

Andrea Corallo, 39 anni, originario di Ragusa, era detenuto in attesa di giudizio. Era stato arrestato il 16 aprile del 2008 assieme a altre sette persone, nel Ragusano, da polizia e carabinieri nell’ambito di un’operazione antiracket coordinata dalla Dda della Procura della Repubblica di Catania. Secondo l’accusa la banda, guidata da un ex appartenente alla cosca Dominante, in pochi mesi avrebbe compiuto diverse decine di estorsioni nei confronti di commercianti e imprenditori di Comiso, Vittoria e Ragusa. Sul suicidio la Procura di Catania ha aperto un’inchiesta. Il sostituto Angelo Busacca ha disposto l’autopsia e l’acquisizione delle cartelle cliniche di Corallo.

”Nelle nostre galere – osserva intanto ancora Sarno – si continua a morire. Dal 1 gennaio 2010: 38 detenuti, 4 agenti penitenziari ed un dirigente generale si sono suicidati. E’ forse il caso di approfondire ed investigare? Noi diremmo anche di risolvere. Invece nulla. Tutto e’ rimesso alla sola buona volonta’ ed alle evidenti capacita’ del personale. Si continuano ad ammassare persone in spazi che non ci sono”.

”Il personale – sottolinea il sindacalista – deve rinunciare ai diritti elementari e sottoporsi a turni massacranti per reggere la baracca. La questione penitenziaria, nella sua drammaticita’, e’ anche una questione morale. Per i tanti sprechi. Per l’incapacita’ di risolvere. Per l’indecenza delle strutture. Per il degrado degli ambienti. Per i rischi igienico-sanitari”.

”Riceviamo continui inviti da parte del Dap a non allarmare ma noi non allarmiamo ,informiamo sulle gravi realta’, nel tentativo di scuotere le coscienze – conclude Sarno – la societa’ e la stampa, pero’, appaiono indifferenti ai drammi quotidiani che si consumano all’interno di quelle mura che sempre piu’ sono il confine tra civilta’ e inciviltà”.