Giovane, straniera, istruita, in nero, sottopagata e a rischio infortuni: l’identikit della colf nelle famiglie italiane

Pubblicato il 13 Luglio 2010 - 10:48 OLTRE 6 MESI FA

Sono 2 milioni 412 mila le famiglie che ricorrono ai servizi dei collaboratori domestici: un esercito il cui numero in questi ultimi anni è cresciuto in modo esponenziale, ed è arrivato nel 2009 a quota 1 milione 538 mila, con un aumento, grazie anche all’effetto regolarizzazione, di 50 mila unita’ rispetto all’anno precedente. E’ quanto rileva l’indagine ”Dare casa alla sicurezza”, realizzata dal Censis con il contributo del ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali. Ma chi sono le colf? Secondo lo studio, la collaboratrice domestica “tipo” è giovane, straniera, sottopagata, senza contratto e a rischio infortuni.

Il Censis ha condotto un’indagine,  un campione di 997 lavoratori. Il 71,6% dei collaboratori è infatti composto da stranieri, provenienti in prevalenza dall’Europa dell’Est, Romania (19,4%), Ucraina (10,4%), Polonia (7,7%) e Moldavia (6,2%), ma sono numerosi anche i Filippini (9%).

Più di 8 su 10 sono donne, presenza che si mantiene costante sia tra gli italiani che tra gli stranieri, mentre con riferimento all’età, emerge un profilo piuttosto giovane, soprattutto tra la componente straniera: il 15,8% ha meno di 30 anni, il 51,4% meno di 40 (tra gli stranieri la percentuale sale al 57,3% contro il 36,5% degli italiani) e soltanto il 17,5% è  al di sopra dei 50. Colpisce – secondo la ricerca – la presenza di lavoratori in possesso di un buon livello di istruzione, anche con qualche punta di eccellenza: il 5,6% ha una laurea e il 33,6% un diploma superiore.

E gli stranieri si dimostrano più istruiti dei loro colleghi italiani: il 37,6% possiede un diploma di istruzione superiore e il 6,8% una laurea (contro il 23,2% e il 2,5% degli italiani).

Chi svolge tale lavoro lo fa quasi sempre in maniera esclusiva: ”ben il 90,1% dei collaboratori domestici, infatti, dichiara di svolgere tale occupazione in via principale (percentuale che sale al 92,4% tra gli stranieri e scende all’84,2% tra gli italiani) mentre ‘solo’ il 9,9% lo fa come secondo lavoro”, si legge nel rapporto. Mediamente – secondo la ricerca Censis – i collaboratori lavorano 33 ore settimanali, mentre l’anzianita’ professionale si aggira intorno ai 7 anni, con il 33,1% dei lavoratori che svolge tale mestiere da meno di 4 anni, il 26,1% da 5-6 anni e solo il 17,3% da oltre 10 anni.

La maggioranza dei collaboratori (il 55,4%) lavora per una sola famiglia ‘committente’, ma c’e’ anche una quota consistente che, al contrario, lavora per piu’ di una famiglia: il 15,4% per due, il 13,6% per tre, il 9,8% per 4 e il 5,7% per piu’ di quattro. Si e’ di fronte, inoltre, a una figura sempre piu’ multifunzionale: ”solo il 23,9% dei collaboratori domestici interpellati dichiara infatti di essere occupato in una sola attivita’, prevalentemente di pulizia, mentre la stragrande maggioranza svolge piu’ di una funzione. Quello che emerge è  pertanto un ruolo a tutto tondo, che va ad inserirsi nel vuoto lasciato dalla tradizionale figura di donna casalinga”. Oltre ad occuparsi delle pulizie di casa (80,9%), i collaboratori domestici cucinano (48,7%), fanno la spesa (37,9%), accudiscono anziani (41,5%) e persone non autosufficienti (27,6%).

Oltre il 40% dei collaboratori domestici non raggiunge gli 800 euro al mese, ma c’e’ un 14% che ne guadagna anche piu’ di 1.200. Secondo il Censis, infatti,  ”se la maggioranza dei collaboratori si colloca sotto la soglia dei 1.000 euro netti al mese (il 22,9% guadagna meno di 600 euro, il 20,2% da 600 a 800 euro netti al mese, il 24,5% tra 800 e 1.000), esiste una fetta consistente, il 32,4%, che sta sopra tale soglia, e di questi, il 14,6% supera i 1.200 netti al mese.

”Sebbene il mercato sia ancora lontano dal riconoscere e apprezzare anche economicamente la crescita di professionalita’ che i lavoratori domestici hanno vissuto negli ultimi anni, colf e badanti hanno visto comunque aumentare la propria forza contrattuale”, rileva il Censis, secondo il quale l’esperienza lavorativa sembra essere il valore piu’ apprezzato dal mercato. Infatti – spiega lo studio – al crescere dell’anzianita’ professionale le entrate aumentano significativamente: il 47% delle badanti con piu’ di dieci anni di lavoro alle spalle guadagna piu’ di 1.000 euro netti al mese (tra quelle con un’esperienza lavorativa inferiore ai 4 anni il dato si colloca al 25,3%).

Anche lavorare per piu’ di un committente produce apparentemente un guadagno maggiore, considerato che fra i collaboratori che lavorano per una sola famiglia solo il 30,7% porta a casa piu’ di 1.000 euro, mentre tra quanti lavorano per piu’ famiglie la percentuale sale al 34,5%. ”Piu’ contraddittoria – precisa lo studio – e’ invece la valutazione rispetto all’origine dei lavoratori. Gli stranieri guadagnano infatti all’ora mediamente un euro in meno degli italiani (6,83 euro contro 7,81 euro). Un dato che, prima ancora che un atteggiamento discriminatorio nei loro confronti, chiama in causa la minore anzianita’ lavorativa che caratterizza questo gruppo”.

Sotto il profilo contrattuale, l’irregolarita’ continua a rappresentare una condizione estremamente diffusa, con la maggioranza dei collaboratori domestici in condizioni di semi o totale irregolarita’. Il 39,8% degli intervistati dal Censis dichiara di essere totalmente irregolare e il 22% ”si districa in una giungla fatta di rapporti a volte regolari, altre volte no, o rispetto ai quali vengono versati contributi per un orario inferiore a quello effettivamente lavorato”. A fronte di questa maggioranza, pari complessivamente al 61,8% degli intervistati, vi e’ invece un 38,2% che dichiara di svolgere un lavoro totalmente regolare. In termini di evasione contributiva, tutto questo comporta che su cento ore di lavoro, sono soltanto 42,4 quelle per cui vengono effettivamente versati i contributi; quindi, quasi 6 ore di lavoro su dieci risultano prive di qualsiasi forma di copertura previdenziale, ossia la meta’ del lavoro svolto avviene al di fuori del quadro di regole, tutele e garanzie previste dalla legge. Il fenomeno dell’irregolarita’ colpisce maggiormente i lavoratori giovani (e’ totalmente irregolare il 56,3% degli under 30 anni) e inesperti.

”Inoltre – secondo lo studio Censis – contrariamente a quanto ci si potrebbe aspettare, sono gli italiani ad essere maggiormente coinvolti nel fenomeno: il 53,9% lavora completamente in nero contro il 34,7% degli stranieri”. Il dato ”risente evidentemente del fatto che tra gli italiani vi sono molti piu’ lavoratori che tendono a svolgere il lavoro domestico come attivita’ secondaria, anche transitoria, e al servizio per piu’ famiglie”. Seppure non si possa parlare di una vera e propria vocazione professionale, la maggioranza dei lavoratori domestici, il 69,3%, considera la propria condizione professionale stabile: il 51,7% intende infatti continuare a svolgere lo stesso lavoro, possibilmente per le famiglie presso cui e’ occupato.

Lavoro domestico e incidenti. A dispetto di quanto potrebbe suggerire il senso comune, quello domestico e’ un lavoro pericoloso. Se le statistiche ufficiali hanno difficolta’ a cogliere l’effettiva portata del fenomeno (l’Inail registra per il 2008 3.576 infortuni riguardanti il personale domestico, di cui 2 mortali, con una crescita rispetto al 2007 del 21,7%), a sentire la voce dei collaboratori le cifre appaiono decisamente piu’ allarmanti: il 44,3% dichiara infatti di avere avuto almeno un incidente sul lavoro nell’ultimo anno; di questi, l’11,2% ha avuto piu’ di un’occasione di infortunio. Con riferimento all’ultimo triennio la percentuale sale al 61,2% mentre se si considera l’intero arco di vita professionale la percentuale arriva al 70,5%.  ”La minore esperienza professionale – spiega lo studio del Censis- costituisce il principale fattore di rischio e tra gli stranieri si riscontra una maggiore incidentalita’ (46,3% di incidenti nell’ultimo anno contro il 39,6% degli italiani), fatto imputabile presumibilmente alla minore esperienza.

Mentre non si riscontrano differenze significative rispetto all’orario di lavoro”. Bruciature (18,7%), scivolate (16,1%), cadute dalle scale (12,2%), sono generalmente gli incidenti piu’ diffusi tra i collaboratori domestici, rispecchiando di fatto quanto avviene nel vissuto di ogni realta’ familiare. Ma la casistica appare piu’ ampia, con casi frequenti di ferite prodotte dall’utilizzo di coltelli, elettrodomestici (8,6%), strappi e contusioni da sollevamento (7,6%), ma anche intossicazioni con prodotti per pulire (4,2%), scosse elettriche (3,6%). Si tratta di incidenti che producono quasi sempre (nell’84,4% dei casi) conseguenze fisiche per il lavoratore, anche se nella stragrande maggioranza dei casi non comportano alcun tipo di inabilita’ al lavoro (48,6%) o l’esigenza di assentarsi (71,5%). Ma vi e’ una quota non trascurabile di incidenti (28,5%) che, al contrario, oltre a produrre effetti sulla salute, condiziona il proseguimento dell’attivita’ comportando l’assenza dal lavoro: nel 18,8% dei casi superiore ai tre giorni, nell’11,9% superiore alla settimana. E’ indubbio che la principale causa di incidentalita’ va rinvenuta, stando alle indicazioni fornite dai lavoratori, nella disattenzione (55,7%) e imperizia (18,2%) con cui spesso colf e badanti approcciano il lavoro. Sono una minoranza quelli che invece imputano il fatto a circostanze esterne, quali ad esempio la mancata o cattiva manutenzione di oggetti e impianti (10,9%), eventi imprevisti come la rottura di strutture (9,5%), oppure disattenzione e imperizia altrui (7,6%).