“Coglioni”, “checca”, “fascista”. Onorevoli offese per insulti boomerang alla casta: “Psiconano”, “cosciona”, “cazzaro”

Pubblicato il 27 Luglio 2011 - 16:19 OLTRE 6 MESI FA

Daniela Santanchè

ROMA – L’antipatia lo anima e la stizza lo rafforza, in Italia deputati, premier e senatori ne fanno largo uso e, una volta sdoganato anche nelle istituzioni, l’insulto è diventato persino materia di studio.

Carla Ferguson Barberini (collettivo di professionisti della comunicazione) per Aliberti ci ha scritto un libro dal titolo “Insultiamoli tutti” con tanto di sommario finale diviso per voci che raccoglie tutte le invettive da usare contro chi siede sulle poltrone del potere e si diverte ad offendere avversari e non: “Berlusconi psiconano”, Michela Brambilla “vecchia cosciona svergognata”, Santanché “strega maledetta”, D’Alema il “migliore a cazzare”.

Se uno dei primi fu Seneca il Vecchio che inviperito contro Cestio disse “Si cloaca esses, maxima esses” (se tu fossi una fogna saresti la cloaca massima), uno dei più accaniti collezionatori di offese e volgarità per rivali e interlocutori è di certo molto più vicino a noi, visto che è l’attuale presidente del Consiglio Silvio Berlusconi.

Quell’epiteto per gli elettori di sinistra  definiti “coglioni” risale facilmente alla memoria: era l’aprile del 2006 e a cinque giorni dalle elezioni forse per nervosismo o per esibizionismo, il Cavaliere disse davanti ai rappresentanti della Confcommercio: “Ho troppa stima dell’intelligenza degli italiani per pensare che ci siano in giro così tanti coglioni che possano votare contro i propri interessi”.

Che dire poi della classe con cui l’ex An Francesco Storace disse al leghista Mauro Paissan che era “una checca”? Il battibecco successe nel 1994. Storace disse: “Quella checca di Paissan mi ha graffiato con le sue unghie laccate di rosso, io non l’ho toccato: vi sfido a trovare le mie impronte sul suo culo”.

Troppa volgarità? Come insegna il piccolo breviario di offese del collettivo di professionisti, non è detto che dietro al vilipendio ci sia sempre e solo ignoranza. Anzi, spesso sono proprio gli intelletti più fini quelli che riescono a partorire le migliori (o peggiori) frasi a seconda dei punti di vista.

Il 4 maggio del 2010 Massimo D’Alema rivolgendosi a Mario Adinolfi disse: “Vada a farsi fottere! Lei è un bugiardo e un mascalzone. Io capisco che la pagano per venire qui a fare il difensore del governo. Capisco che lei si deve guadagnare lo stipendio. Le daranno un premio per questo numero, le manderanno qualche signorina”.

Il siparietto del duo Antonio Di Pietro-Ignazio La Russa del 16 dicembre 2010 non getta un altro rifiuto sulla montagna di parolacce del talk show all’italiana, ma rende l’idea dello stile di chi sta al governo e opposizione. La Russa: “Di Pietro sei proprio analfabeta”. Di Pietro: “Io sarò analfabeta, ma tu sei fascista! Analfabeta si può essere, fascista no!”. La Russa: “E chi l’ha detto?”

Non manca nemmeno chi si auto-insulta, chi preso dalla smania di parlare si butta la zappa sui piedi. Dei diversi esempi che snocciola Ferguson Barberini degno di nota è l’intervento del dicembre 2006 a Matrix di Roberto Calderoli, leghista convinto. Rivolgendosi all’allora presentatore Enrico Mentana disse che la sua legge elettorale, quella che aveva cancellato il maggioritario per tornare al proporzionale “una porcata”.  Non pago della sua uscita continuò dicendo che “la legge elettorale si dovrà riscrivere. Glielo dico francamente, l’ ho scritta io ma è una porcata. Una porcata fatta volutamente per mettere in difficoltà una destra e una sinistra che devono fare i conti con il popolo che vota”.

Alla fine  passato anche il tormentone del dito medio del sottosegretario Daniela Santanché e scavallata l’antologia dei possibili insulti per i politici il messaggio che resta sembra solo: offendo, dunque sono.