Brakka AKA Classic Sheee, tra rap e storia: “Il nuovo album? E’ ora di iniziare un nuovo capitolo” L’INTERVISTA

di Gianluca Pace
Pubblicato il 30 Marzo 2020 - 10:43 OLTRE 6 MESI FA
Classic Shee, L'intervista

Brakka AKA Classic Sheee

ROMA – Nato e cresciuto a Siracusa e laureato a Milano, Brakka AKA Classic Sheee è riuscito nei suoi dischi (Mos Maiorvm del 2018, Imperivm del 2019 e il terzo, Miscellanea, in arrivo) a unire il suo amore per la storia, la letteratura, la filosofia e il rap.

Come ti sei avvicinato alla musica?

“Mi sono avvicinato al rap da bambino, ai tempi delle scuole medie. Ho iniziato a scrivere rime quando avevo 12 anni. Ti confesso che prima del rap avevo anche partecipato, quando avevo soltanto 4 anni, allo Zecchino d’Oro. Quindi diciamo che il microfono… mi ha sempre attirato. Il rap poi ha accompagnato la mia adolescenza fino al progetto Classic Sheee”.

Prima di diventare Classic Sheee avevi anche aperto un concerto dei Colle der Fomento…

“Negli anni, a dir la verità, ho aperto almeno quattro o cinque volte i loro concerti”.

Che ricordi hai di queste esperienze?

“Solo una volta, era a Polignano a Mare, ho scambiato qualche parola con Danno. E devo dire che mi sono trovato di fronte una persona fantastica, eccezionale”.

Nelle tue canzoni ogni volta affronti un grande personaggio della storia, della filosofia o della letteratura. Com’è nato il progetto?

“Tutto parte più o meno a fine 2016 quando ho avuto una sorta di crisi identitaria con la mia musica. Ho sempre parlato, con il rap, di quello che mi riguardava in prima persona. Il rap, in fin dei conti, è sempre stato un mezzo per sfogarmi. Poi ho deciso di fare dei cambiamenti importanti. Cambiamenti che si sono riflessi anche a livello musicale. L’alternativa, dico sempre, sarebbe stata smettere. E invece fortunatamente, grazie al mio amore per la scrittura, è nato questo progetto. Progetto in cui sono riuscito a legare la mia passione per la storia con la musica rap”.

Qualcuno ti definisce “rap divulgatore”. Ti piace come definizione?

“Non mi piacciono le etichette quindi non mi sento il rap divulgatore. Però possiamo dire che la cosa che sto facendo potrebbe anche avere un significato divulgativo”.

Ho letto che hai iniziato a scrivere canzoni ai tempi dell’Università per ricordare le date.

“Esatto. E’ nato tutto così. Per memorizzare date, concetti o termini invece che fare schemi usavo le rime”.

Il primo video che ho trovato su YouTube è quello su Caio Mario (“Come Cimbri e Teutoni”). E’ stata questa la prima canzone?

“Sì. E’ stato proprio quello il primo video che ho caricato su YouTube. Video caricato assolutamente per caso durante la mia crisi creativa di cui ti raccontavo. Da lì è nato tutto anche perché ho avuto delle risposte al video che non mi sarei mai aspettato. Il riscontro del pubblico a quel video mi ha aperto un mondo. D’altronde il riscontro, almeno per quanto mi riguarda, è sempre lo stimolo maggiore”.

Ho notato che le prime canzoni erano, se non sbaglio, più brevi. Come ti sei evoluto in questi anni?

“In realtà le mie canzoni sono tutte spontanee. La cosa che le lega tutte tra di loro è proprio questa: la spontaneità. Ci sono canzoni magari solo con una strofa e senza ritornello e altre invece che hanno una struttura più, diciamo, radiofonica. Dipende. Dipende da quanto mi lascio trasportare quando inizio a scrivere un testo. Magari scrivo una strofa, dico basta e poi non ho più voglia di dire nulla. Non voglio annacquare il pezzo. Se un pezzo è denso, come quello su Leopardi o Kant per esempio, in fondo non c’è bisogno di allungare molto”.

Da dove viene questo amore per la storia romana?

“Perché fondamentalmente ho avuto uno stimolo anche estetico. Ho visto delle immagini sui social che rapportavano alcuni personaggi storici romani ai rapper moderni. Parlo di veri e propri fotomontaggi di rapper con teste di Cicerone o Catone. E così mi è venuta l’intuizione. Devo dire che tutto questo è avvenuto dopo che avevo già scritto le prime rime per ricordare le date. Poi però mi sono detto: ma se potesse parlare questo personaggio cosa direbbe…”.

“Ora – continua – il rap che va per la maggiore è quello autocelebrativo. In Italia come negli Stati Uniti. E così ho pensato chi allora potrebbe farlo meglio, chi potrebbe autocelebrarsi meglio, di un personaggio illustre del passato. Ho iniziato con i personaggi romani perché, pur non essendo specializzato, ho una passione particolare per la storia romana e poi ho seguito una sorta di ordine cronologico. Anche se poi non mi sono fermato ai personaggi di storia romana. Non sono così vincolato. Indipendenza pura per ora. Il prossimo disco, lo rivelo, non sarà sulla storia romana….”.

Qual è la canzone a cui sei più legato?

“Domanda difficile. Sono sicuramente legato al primo disco, quindi Mos Maiorvm, per come è stato concepito, scritto e registrato. Una esperienza veramente armoniosa. Per quanto riguarda le canzoni invece devo ammettere che non lo so. Potrei dirtene una come un’altra ma preferisco non scegliere”.

Hai tenuto degli incontri in un liceo e in un istituto di Salerno per gli “Stati generali della letteratura”. Ti è piaciuta come esperienza?

“Sì, è stata una esperienza molto positiva anche perché è qualcosa di singolare. E’ singolare la mia carriera ed è singolare invitare un rapper in un contesto prettamente letterario. E’ stata una esperienza che mi ha stimolato molto perché ho visto che c’è stato nei miei confronti un riconoscimento che va oltre il rap, la scena e il pubblico musicale. Essere invitato in un contesto letterario ha dato un valore maggiore a quello che faccio e ne sono rimasto davvero onorato”.

In questi giorni, se non ci fosse stata l’emergenza per via del coronavirus, avresti dovuto suonare a Crema. Come ti trovi nei live?

“Purtroppo data l’emergenza il concerto è stato rinviato”.

Queste canzoni, magari non così semplici ad un primo impatto, funzionano anche nei live?

“Sì. Assolutamente. Nel mondo rap il live dipende molto dal fattore presenza. Il live, per il rap, spesso dipende più dalla recitazione e dalla presenza che dal contenuto vero e proprio. La gente devo dire che risponde e tutto funziona bene. E’ saltata la data di Crema ma, se non verrà prolungata questa situazione di emergenza, ai primi di aprile sarò a Ravenna. In apertura, tra l’altro, ai Colle…”.

Una professoressa ha usato una tua canzone per parlare ai suoi studenti della terza guerra punica. Che effetto ti ha fatto?

“E’ stato molto gratificante. Fa capire il valore anche pratico di quello che faccio. Io stesso negli anni spesso mi sono innamorato del rap italiano per i vari riferimenti che trovavo nelle strofe. Ogni strofa mi apriva un mondo e passavo le ore ad approfondire e a cercare il vero significato delle rime”.

I ragazzi invece ti fanno tante richieste sotto i video.

“Sì, quello ormai è un classico. Sono immancabili”.

Hai mai seguito qualche consiglio?

“Sì, assolutamente. Non tutti perché dovrei scrivere giorno e notte. Magari un giorno quando farò solo questo. Per ora non è un lavoro ma una passione”.

Ho letto un tuo post su Facebook sui quelli che consideri i top MC’S. Devo dire, da laureato in storia anch’io, che è stato strano leggere il nome di Marc Bloch tra i top MC’S.

Qui ride. “Ci stava. Sono sincero: i primi tre erano verosimili poi mi sono lasciato un po’ andare al caso…”.

Fin qui, se non sbaglio, l’unico video con un montaggio di immagini è stato quello per il pezzo su Nietzsche (“La morte di Dio”).

“Sì. Ho appaltato il video. Anche nel video su Plinio abbiamo fatto un lavoro sempre di grafica. Non li faccio io. Se trovo qualcuno che mi propone collaborazioni mi dimostro sempre aperto. E’ capitato due volte. Una volta con Nietzsche, con un amico della zona, e una volta con Plinio con un ragazzo di Salerno”.

Capitolo rap e dintorni. Ho letto una tua frase: “Sto protestando contro una certa corrente del rap che ai giorni nostri non porta alcun tipo di contenuto”. Cosa ti piace e cosa no del rap di oggi?

“Allora… Potrebbe essere molto lunga la risposta. Ultimamente il rap italiano devo dire che non l’ascolto. Non perché non voglio ascoltarlo. Ogni tanto provo a buttare l’orecchio sulle ultime uscite ma non mi dà più nulla. Mi dà molto più il rap made in USA. Cosa non mi piace? Non mi piace il fatto che tutti recitano personaggi che non esistono. Alla fine va bene, puoi recitare personaggi che non esistono, ma il problema è che tutti recitano lo stesso personaggio che non esiste. Ma la cosa evidentemente piace, la domanda del pubblico è quella. E quindi… Ma comunque non voglio fare l’integralista. Non dirò mai che il rap senza contenuti fa schifo e va bene solo quello con i contenuti. Per me puoi non dire niente e comunque essere un rapper della madonna. Se rappi e spacchi il culo, rappi e spacchi il culo punto”.

Capitolo Murubutu. In una intervista, il professor Mariani ha fatto il tuo nome (“Tra i successori invece metterei Carlo Corallo e Classic Sheee, un ragazzo giovanissimo e ancora poco noto che sta portando avanti un progetto molto interessante dedicato alla storia romana”).

“Guarda, sono molto contento del fatto che mi abbia citato e che abbia riconosciuto quello che faccio come qualcosa di positivo. Successore però non lo so. Sicuramente come lui faccio un prodotto più spesso e difficile di quello che c’è in giro ma credo che in fondo facciamo due cose diverse”.

E ora? Cosa succederà?

“Ho un disco praticamente quasi pronto che uscirà tra poco. Un disco che sto definendo di transizione perché non è un periodo di riferimento preciso. Dentro al disco ci saranno più personaggi. Alcuni già sono usciti su YouTube. E poi… e poi è l’ora di iniziare un nuovo capitolo”.