Old Ideas, torna Cohen: “Ma ora sono un poeta scoraggiato”

Pubblicato il 24 Gennaio 2012 - 15:31 OLTRE 6 MESI FA

Leonard Cohen

LONDRA – A pochi giorni dall’uscita dell’ultimo disco di Leonard Cohen, Old Ideas, il prossimo 31 gennaio, il cantautore canadese si racconta in un’intervista a Repubblica.

A otto anni dall’ultimo album di inediti, Dear Heatherm le sue dieci nuove creazioni, sottolinea lui stesso, non sono solo canzoni:  “Io non scrivo canzoni, solo poesie che corteggiano la musica.La poesia viene prima di tutto. Solo raramente i versi diventano canzoni. Per buona volontà di amici o della mia compagna Anjani (Thomas)”.

Al cronista che gli ricorda della manager che gli ha rubato cinque milioni di dollari mentre lui era al monastero di Mt. Baldy, Cohen risponde: “Non sempre scrivere è un lusso, qualche volta è una necessità. E le assicuro che il poeta non vive in una comfort zone in quest’epoca in cui si parla per slogan. Sono rimasto il Leonard che ero. Non hanno sempre detto che le mie canzoni sono autoindulgenti e mosse da un istinto suicida? Me l’ha ripetuto anche Patrick Leonard quando ha letto il testo di Going home. Come dargli torto? E’ un soliloquio”.

Un soliloquio in canzoni che necessita non solo tempo, ma soprattutto energia: “Non ci sarebbero state neanche queste se la recente tournée non avesse rimesso in moto le energie. L’entusiasmo del pubblico mi ha illuminato. E ringiovanito. Non capisco perché ho aspettato 15 anni. Ero diventato come Ronald Reagan negli anni del declino. Ricordava di aver avuto una buona parte, quella di presidente in un film; io ricordavo a malapena di essere stato un cantante. Quanto alle composizioni… vorrei poterle dire che la mia casa trabocca di manoscritti, che ho così tante idee da avere ogni volta l’imbarazzo della scelta. Non è così. Sono un poeta scoraggiato, ho sempre l’impressione di raschiare il fondo del barile, di essere, per dirla con Yeats, lo straccivendolo del cuore. La poesia è un processo misterioso, inspiegabile, incontrollabile, pericoloso anche; dipende da una certa grazia, dall’illuminazione del momento. E se indugi troppo, rischi la paralisi. Ho un’idea alla volta. E su quella posso lavorare un’eternità. Come per Hallelujah, una bella canzone che hanno cantato in troppi. E’ stata sulla scrivania per quattro anni. Alla fine aveva ottanta strofe”.

A quasi 78 anni Cohen mantiene la voce di sempre: “Per conservare questa voce devo fumare moltissimo. Cosa che ho fatto ininterrottamente da quando ho lasciato il mio rifugio zen (nel 1999). Ho quasi 78 anni, potrebbe essere pericoloso. Però se smetto rischio di diventare un soprano”.

Nonostante l’età ha una compagna di 25 anni più giovane, e molte donne anche giovanissime che vorrebbero essere al suo posto. “Alla mia età è un sollievo avere una certa reputazione con le donne, così non devi perdere tempo in interminabili preliminari”.

Cohen ricorda quando a quindici anni, nel 1949, a Montreal prese il suo primo libro di Federico Garcia Lorca: “Da quel giorno non lo ho più abbandonato. Ho mantenuto con lui una relazione intima – mia figlia si chiama Lorca (a febbraio è diventato nonno, Lorca Cohen, 36 anni, ha avuto una bimba, Viva Katherine, da Rufus Wainwright, ndr). Le cose che scopri da adolescente ti restano attaccate addosso. Yeats e Lorca erano poeti che capivo al volo – ci ho messo anni per penetrare i sonetti di Shakespeare”.

Ricorda come scrisse il suo primo romanzo: “Nel quartiere di Hampstead, era il 1959. L’affittacamere, una signora burbera, mi chiese: che lavoro fa? Lo scrittore. Quante pagine al giorno scrive? Tre. Ok, la controllerò ogni giorno, se non saranno tre finirà in strada. Così nacque Il gioco preferito (1963)”.

E riguardo al futuro cita i versi presenti del suo ultimo album, tratti da Darkness: “Non ho futuro / So che ho i giorni contati / Il presente non è così piacevole / Solo tante cose da fare / Pensavo che il passato mi sarebbe bastato / Ma l’oscurità ha inghiottito anche quello”.