Giannino topino, Berlusconi elefante: paura da inciampo in Lombardia

di Alessandro Camilli
Pubblicato il 8 Febbraio 2013 - 15:16| Aggiornato il 11 Giugno 2022 OLTRE 6 MESI FA

ROMA – Silvio Berlusconi vorrebbe che si facesse da parte, che si levasse di mezzo. Ma lui, Oscar Giannino, leader di Fare/Fermare il declino, risponde picche. Se ogni schieramento ha la sua spina nel fianco, il suo voto “inutile”, e se il candidato e lo schieramento che rischiano di togliere voti decisivi al centrosinistra vanno sotto il nome di Antonio Ingroia e Rivoluzione Civile, il partitino, il movimento che può vanificare la rimonta del centrodestra e di Silvio Berlusconi si chiama invece Fare per Fermare il declino e il suo leader risponde al nome di Oscar Giannino. Giannino non sta in coalizione con Berlusconi, eppur Berlusconi gli chiede, intima e implora di ridargli i “suoi voti di destra”, soprattutto quelli lombardi.

L’uomo dall’abbigliamento più discutibile d’Italia è passato in breve tempo dal ruolo di giornalista se non amico almeno vicino al centrodestra berlusconiano a quello di candidato forse non nemico ma certamente ostile. Si è scoperto Giannino alternativo al berlusconismo e, cosa più importante, rischia potenzialmente di sottrarre al Pdl voti decisivi. In particolare in Lombardia dove la vittoria al Senato vale ben 27 seggi a palazzo Madama. Arrivare primi a Milano e dintorni significherebbe per il Pdl quasi certamente lasciare l’alleanza di centrosinistra senza maggioranza al Senato. Arrivare secondi, di contro, vorrebbe quasi altrettanto certamente consegnare la maggioranza a Pd e soci anche a palazzo Madama.

Ha chiesto, il Cavaliere, un passo indietro all’ex giornalista amico. Un passo indietro perché la sua lista potrebbe far perdere il centrodestra, un passo indietro perché il suo movimento ruba voti ed elettori al Pdl, un passo indietro insomma per non vanificare la disperata e clamorosa cavalcata che Berlusconi sta conducendo all’inseguimento del Pd. Giannino però, noto anche se non soprattutto per il suo eccentrico modo d’abbigliarsi, vezzo che ha fatto formulare a Massimo Corsaro (ex Pdl, ora Fratelli d’Italia) la felice battuta: “Di Giannino mi spaventano al massimo i suoi gilet”, di farsi da parte non ci pensa per niente. “Silvio vuole il mio ritiro? – dice Giannino – neanche per sogno. Se Berlusconi perde non lo ritengo una disgrazia per l’Italia. Anzi io voglio che perda… Ha promesso per diciotto anni di abbassare le tasse e ridurre la spesa e invece ha fatto esattamente il contrario. Sono stufo di Berlusconi, stufo come una moglie che per 18 anni viene tradita… Nessuno può sopportarlo, tantomeno un elettore liberale”.

Battute a parte però, e detto che ognuno ha il sacrosanto diritto di vestirsi come meglio crede, non sono i vezzi estetici del novello leader politico ad agitare i sonni del Pdl. Ma i voti che questo può raccogliere e la sua assoluta decisione di non farsi da parte. Una posizione che non può che acuire le preoccupazioni dell’ex premier e una posizione che si va ad aggiungere alle ormai molte posizioni di quanti che dopo anni, tantissimi anni di sostegno partecipe o d’idee si sono resi conto che Berlusconi e il berlusconismo non erano e non sono esattamente la soluzione ai problemi del Paese.

Solo gli stupidi non cambiano mai idea è vero, e nonostante gli ex colleghi di Libero, in primis Alessandro Sallusti, si siano scatenati in attacchi veementi nei confronti del leader di Fare (sprezzantemente definito “piccolo uomo”, Giannino risponde con intelligenza, che certo non gli manca, e anche cognizione di causa. Ha studiato l’ex direttore di Libero Mercato il suo programma insieme a persone competenti come gli economisti Michele Boldrin, Carlo Stagnaro e Luigi Zingales: “Fermare spesa, debito, tasse e corruzione…. Giustizia veloce, scuola del merito, concorrenza, sussidio di disoccupazione e formazione per tutti”. Idee buone, ovviamente da argomentare, ma che raccolgono e attirano, come dice lo stesso Giannino, non solo delusi dal Pdl, ma anche qualche transfugo Pd. Anche perché il movimento Fare ammicca, e nemmeno troppo velatamente, all’antipolitica  mai tanto di moda come nell’Italia di oggi: “Destra e sinistra pari sono – dice Giannino – e di questi due schieramenti non se ne può più”.

Una miscela esplosiva, soprattutto dal punto di vista del Cavaliere, che si traduce, stando ai sondaggi, in un 4/5% potenziale di voti per il movimento di Giannino limitatamente alla Lombardia e forse al Veneto. Regioni del Nord, esattamente quelle dove Berlusconi e soci puntano per costruire e realizzare se non il sorpasso almeno lo sgambetto al duo Bersani/Vendola.