ROMA – Fra Arabia Saudita e Iran si è acceso un conflitto in cui è innegabile la componente politico/economica. Sarebbe irragionevole non pensare al ruolo diverso che ha l’Iran sulla scena mondiale dopo la firma del trattato di non proliferazione delle armi nucleari firmato e Vienna nel luglio dello scorso anno.
Un fatto che ha senz’altro contribuito ad una diversa considerazione da parte della comunità internazionale, Europa e Stati Uniti in testa, di quel Paese, un tempo a capo dell’asse del male come semplicisticamente ma efficacemente lo definì Ronald Reagan.
Ammorbidite dunque, seppure non cessate del tutto, le sanzioni economiche nei confronti dell’Iran, i Paesi produttori di petrolio, guidati dai sauditi, sono costretti a subire la concorrenza iraniana, con le importanti quote di greggio immesse sul mercato da questi in un momento difficile, con il prezzo del petrolio ai suoi minimi storici.
La stabilità politica dell’Arabia (ma anche di tutta la penisola arabica), dipende molto dall’alto tenore di vita assicurato alle genti del Regno Saudita, dagli introiti derivanti dalla vendita del petrolio (stabilità perseguita comunque anche negando al popolo ogni forma di democrazia) .
Il basso valore del greggio, unico prodotto di quello scatolone di sabbia rovente che è la penisola arabica, ha già imposto alla dinastia wahabita, di praticare un significativo aumento delle tasse con conseguenze non prevedibili nel medio lungo periodo in termini di consenso popolare e quindi di saldezza politica.
Tuttavia il conflitto tra i sunniti sauditi e gli sciiti iraniani ha origini storiche più profonde.
In realtà i “persiani” sono percepiti dalle monarchie del golfo come un corpo estraneo all’ambito islamico.
Molto dipende dalla frattura esistente nel mondo musulmano, che è sunnita al 90% ma sciita per la restante importante minoranza, la cui gran parte vive in Iran.
Tuttavia, storicamente, la divisione è preceduta dalle politiche di espansione che il genero e successore di Maometto, il califfo Abu Bakr, intraprese verso la vicina Mesopotamia, che portò nel giro di pochi anni a soggiogare la Persia avviandola all’islamizzazione ma giammai all’arabizzazione.
Pertanto, al di là della divisione dottrinaria tra gli arabi-sunniti e gli sciiti-iraniani, la frattura tra sauditi e persiani ha radici ancora più profonde.
La guerra per il petrolio e l’esecuzione a morte del califfo sciita Nimr al-Nimr, molto vicino agli iraniani, sono con ogni probabilità gli ultimi atti in ordine di tempo di un conflitto iniziato 14 secoli fa e la cui soluzione è al di la da venire.