Legge Elettorale, la fiducia il primo passo falso di Paolo Gentiloni

di Antonio Buttazzo
Pubblicato il 13 Ottobre 2017 - 07:00 OLTRE 6 MESI FA
paolo-gentiloni

Paolo Gentiloni

Porre la fiducia sulla legge elettorale è stato il primo vero passo falso di Gentiloni da quando governa.

Se averlo fatto su una materia come la legge elettorale, che dovrebbe essere frutto di larghe intese, è già poco adeguato, ancor meno opportuno è stato per il premier subire il diktat di Renzi che ha imposto al governo una road map che sembrava essere stata abbandonata per favorire una soluzione condivisa.

Il dubbio è che la leadership del PD voglia forzare la mano al Governo perché da un lato teme i possibili esiti delle elezioni siciliane con i suoi possibili nuovi scenari politici, dall’altro che i tempi per l’approvazione della legge di bilancio ridurrebbero gli spazi di manovra per il varo di una nuova legge elettorale prima della scadenza della legislatura.

Bocciato l’italicum, e’ chiaro che Renzi non vuole ritrovarsi a  votare con il consultellum, un sistema elettorale uscito fuori dal “taglia e cuci” della Corte Costituzionale, che peraltro ha regalato al Paese due diversi sistemi elettorali per Camera e Senato.

Mattarella lo ha sempre detto, non scioglierà le camere anticipatamente fino a quando non vi sarà una omogeneità tra i sistemi elettorali vigenti nelle due camere.

Salvo ovviamente non si arrivi alla scadenza naturale, in quel caso non ci sarebbero alternative.

Tuttavia, una volta escluso che il PD possa lucrare il premio di maggioranza previsto dalla attuale legge, l’unica strada possibile per votare subito e perseguire lo scopo che Renzi si prefigge da tempo, l’alleanza con Berlusconi, è quella di approvare una legge che ha l’unico pregio(?) di garantire l’omogeneita’ del sistema elettorale per l’elezione di deputati e senatori pretesa dal Colle per votare anticipatamente.

La commovente unanimità raggiunta con Alfano e Berlusconi sul Rosatellum è la prova che le manovre del grande centro hanno avuto inizio.

L’adesione di Salvini al progetto deve leggersi col desiderio che il capo della Lega ha di “contarsi” e far capire al Cavaliere chi comanderà il centro destro in futuro.

Che poi i due terzi del parlamento (a tanto ammontano sulla carta i favorevoli alla legge) sentano il bisogno di blindare la legge elettorale attraverso il voto di fiducia, questo altro non è che la prova dello scollamento ideologico di cui soffrono le leadership dei partiti rispetto ai loro parlamentari.

Il logico risultato di quelle leggi scellerate per mezzo delle quali  si è permesso che Camera e Senato fossero riempite da parlamentari catapultati dall’alto e mai veramente scelti dal corpo elettorale.

Da costoro non puoi mai pretendere obbedienza cieca.

Anche se sono stati miracolati dalla scelta del “caro leader”, nel segreto dell’urna penseranno sempre al loro interesse personale.

Cosi li hanno voluti, cosi se li sono ritrovati.