Matrimoni e stranieri irregolari: la demagogia non paga

Nella sua ultima versione, l’art. 116 del Codice civile, subordinava la capacità matrimoniale del cittadino straniero in Italia alla sua formale regolarizzazione sul territorio nazionale, e per questo appariva, a prima vista, non in linea con i nostri obblighi internazionali. Urtava in special modo con quelli derivanti dall’art. 12 della CEDU (Convenzione europea per i diritti dell’Uomo) in tema di diritto al matrimonio, che afferma: “Uomini e donne in età di matrimonio hanno diritto di sposarsi e fondare una famiglia secondo le leggi nazionali regolanti l’esercizio di tale diritto”; e anche che “ le leggi nazionali degli stati contraenti, nel fissare le condizioni per la celebrazione del matrimonio, non devono restringere o ridurre il diritto di cui trattasi in un modo o in un grado che attenterebbero alla stessa sostanza del diritto”

È di tutta evidenza che a fronte di un obbligo internazionale assunto in maniera cosi chiara , una normativa interna volta a limitare l’esercizio del diritto al matrimonio era fatalmente destinato ad infrangersi con la normativa comunitaria ratificata.

Ciò nonostante, ed in ossequio alla solita politica demagogica del governo in materia di immigrazione , con il pretesto di fronteggiare i  “matrimoni di comodo” celebrati al solo fine di sanare la posizione dello straniero, di solito straniera, sul territorio nazionale , è stata fatta una legge palesemente destinata a soccombere di fronte agli impegni sottoscritti in sede internazionale .

Deputati e senatori dimenticano troppo spesso che le caratteristiche proprie delle norme giuridiche risiedono nell’essere queste per forza generali ed astratte e quindi del tutto svincolate dalla risoluzione del caso concreto e che soprattutto , una volta emanate, devono potersi armonizzare con i principi e le norme generali che regolano l’ordinamento giuridico nazionale ed internazionale.

Ma questa volta , prima dell’Europa ma prendendo spunto da essa è arrivata la Corte Costituzionale, su quesito del Tribunale di Catania, a sancire, fondandosi proprio su una pronuncia di Strasburgo in merito ad una vicenda sorta nel regno Unito (14.12.10 O’Donoghue and others versus United Kingdom), l’illegittimità dell’art. 116 cod civ. nella parte in cui prevede la condizione di regolare soggiorno dello straniero per acceder al matrimonio e, più specificamente, faceva obbligo agli Ufficiali dello Stato Civile di accertare che lo straniero fosse regolarmente soggiornante sul territorio dello Stato.

La Corte  (sentenza del 25.7.11. n. 245) ha sostanzialmente accolto le censure dei giudici di merito, statuendo in particolare che “ il margine di apprezzamento riservato agli Stati non può estendersi fino al punto di introdurre una limitazione generale, automatica e indiscriminata, ad un diritto fondamentale garantito dalla Convenzione” (paragrafo 89 della sentenza)”riportando per l’appunto l’inciso della CEDU chiamata a pronunciarsi sulla vicenda inglese.

Da qui il ritenuto effetto “automatico” che ha indotto la Corte Costituzionale a considerare la norma introdotta in contrasto con gli art. 2 e 29 Cost. nonché con l’art. 16 della dichiarazione dei diritti dell’Uomo e 12 della Convenzione Europea dei diritti dell’Uomo.

E con questa sentenza, rimangono veramente poche le norme in materia di immigrazione rimaste immuni dalle censure della Giustizia Ordinaria , Costituzionale, Internazionale.

Attendiamo dunque la prossima decisione.

 

 

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