Bottigliate alla gola sui Navigli, parla una delle vittime: “In 10 minuti da Porta Genova a… un lago di sangue”

di Antonio Sansonetti
Pubblicato il 29 Agosto 2011 - 16:30| Aggiornato il 24 Gennaio 2013 OLTRE 6 MESI FA
Il Naviglio Grande a Milano (Lapresse)

MILANO – “Ancora non ci posso credere: siamo usciti dalla metro di Porta Genova e nel giro di neanche dieci minuti eravamo in un lago di sangue”. È ancora incredulo Gaetano Dell’Antoglietta, avvocato leccese di 33 anni che lavora per l’Agenzia delle Entrate, quando parla a Blitz Quotidiano dell’aggressione di cui è stato vittima nella zona dei Navigli di Milano insieme al suo collega Carmine Festa, 36 anni, avellinese. “Irreale” è l’aggettivo che ricorre più spesso nel racconto di Dell’Antoglietta. Reale è invece il grosso cerotto al collo che copre la ferita causata da una bottigliata alla gola che poteva ucciderlo e che ha rischiato realmente di uccidere il suo amico e collega Carmine, ora fuori pericolo dopo una notte in bilico fra la vita e la morte.

L’AGGRESSIONE. “Ho pensato che è irreale morire così, senza motivo, il 27 agosto a Milano”: Gaetano dell’Antoglietta ha appena chiamato il 118, le tovaglie della Trattoria Milanese (ristorante all’angolo fra il Naviglio Grande e via Gorizia) trattengono a stento il sangue che scorre copioso dalla sua gola; il suo amico Carmine Festa è disteso per terra in una pozza di sangue e ha perso conoscenza; le tre persone che li hanno aggrediti, due uomini e una donna, sono spariti.

Neanche dieci minuti prima Gaetano e Carmine stavano salendo le scale della stazione della metro di Porta Genova, decisi a passare un sabato sera sui Navigli, uno dei rari atolli di vita notturna in una Milano ancora non rientrata dalle ferie. Percorrono tutta via Vigevano, poi svoltano in via Gorizia, lungo la Darsena, parlando fittamente di quello che avrebbero voluto fare nella serata che gli si apriva davanti e senza fare inizialmente caso a quel tipo che li chiama da lontano. All’altezza dell’incrocio con il Naviglio Grande si fermano, l’uomo gli si avvicina velocemente; è italiano, non molto alto e urla rivolgendosi a Carmine: “Hai toccato il culo alla mia ragazza!”. Spiegare la propria “estraneità ai fatti contestati” si fa subito molto difficile: “Che vuoi dire, che la mia ragazza è una bugiarda? Che è una bugiarda?”.

Gaetano e Carmine si trovano presto accerchiati da un terzetto in cerca di rissa: lui (l’italiano “geloso” della propria donna “molestata”), lei (urlante, alta, bionda, carnagione chiara, accento dell’Est, qualche passo indietro rispetto ai suoi due accompagnatori) e l’altro (biondo, carnagione chiara, accento dell’Est). Si passa subito a quelle che nei verbali di polizia vengono chiamate “vie di fatto”: Gaetano prende uno schiaffo dall’uomo dell’Est, gli volano gli occhiali, si china a cercarli e incassa un calcio sullo sterno dall’italiano; non fa neanche in tempo a rialzarsi che si becca una bottigliata sul collo dall’uomo dell’Est, che sempre con la stessa bottiglia ferisce alla gola Carmine.

“Non ho sentito dolore – ci racconta Gaetano – ma mi sono accorto che era zuppo di sangue e che Carmine stava peggio di me. I tre che ci avevano aggredito sono “evaporati”. Carmine si è trascinato fin dentro alla Trattoria Milanese poi si è accasciato per terra. Allora ho chiamato il 118″. Gaetano viene portato al Fatebenefratelli, Carmine al reparto rianimazione dell’ospedale Humanitas.

I “FUTILI MOTIVI”. Dai primi dispacci d’agenzia, “Rissa fuori da un locale per apprezzamenti a una ragazza”, sembrava un classico fatto di cronaca del sabato sera. In realtà si è sfiorato il duplice omicidio senza un motivo. Spiega Gaetano: “Non eravamo entrati in nessun locale (non ne abbiamo avuto il tempo), non avevamo mai visto quella donna, stavamo parlando fra di noi e non possiamo neanche averla urtata per sbaglio, perché non c’era molta gente in strada”.

Poi una serie di domande senza risposta: “Ci stavano seguendo da via Vigevano? Ci hanno scambiato per altri? Erano usciti già con l’idea di picchiare qualcuno?”.

LA BOTTIGLIA. Se c’era premeditazione molto lo potrà spiegare la bottiglia: gli aggressori l’hanno trovata sul posto? La avevano già? Gliel’ha passata qualcuno? Racconta Gaetano: “Quando ci si sono fatti incontro non gli abbiamo visto bottiglie in mano, poi all’improvviso l’uomo dell’Est brandiva una bottiglia di birra, piccola, con la quale mi ha picchiato così forte da romperla su una zona così morbida del corpo come il collo. Poi con la stessa bottiglia, rotta e quindi più pericolosa, ha squarciato la gola di Carmine”.

LA NAZIONALITÀ. E le strumentalizzazioni. Sempre Gaetano: “Tutti hanno parlato di rumeno, ma sulla mia denuncia c’è scritto: “Uomo con un accento dell’Est”. Uno mi ha chiesto l’amicizia su Facebook poi mi ha dato del razzista, dicendo che avevo attaccato i rom e poi “postando” sulla mia bacheca la notizia dell’aggressione e cliccandoci “mi piace”. Dall’altra parte, tanti giornalisti mi hanno chiamato, forse a caccia di sparate contro i rumeni”.

FUORI PERICOLO. L’unica notizia positiva è che anche Carmine Festa è fuori pericolo e forse anche per questo la voce di Gaetano è calma: “Ieri sono andato a trovarlo e mi ha parlato, è ancora sotto choc. Del resto quando l’anno operato lo squarcio alla gola era tale che il chirurgo non ha avuto bisogno di “aprirlo”. Io ho qualche punto alla gola e uno sfregio superficiale al muscolo del collo, ma sto bene. I miei, piuttosto, si sono presi un brutto spavento quando lo hanno saputo dalla televisione”.