Conte, dopo gli applausi, la gestione dei fondi e le solite liti fra M5s ePd. Meno male che Silvio c’è

Da quanto tempo il presidente del consiglio non veniva accolto in Parlamento da una standing ovation?

E’ successo a Giuseppe Conte di ritorno da Bruxelles con i 209 miliardi che l’Europa darà all’Italia. Tutti d’accordo tranne Salvini e una parte della destra. Per il resto è stato quasi un trionfo che non poteva non inorgoglire il premier. Il quale, però, forte di quanto è avvenuto al vertice europeo, detta ora le sue condizioni. Questa somma la vuol gestire lui tenendo lontani i partiti che vorrebbero partecipare alla festa. Come? Impadronendosi di una fetta di quei danari per continuare ad amministrare il potere con l’assistenzialismo e dintorni.

Il numero uno di Palazzo Chigi vuol tirare dritto per la sua strada e non vuole intralci dalle beghe e dalle divisioni delle forze politiche che intralcerebbero le riforme, dando ragione a quei Paesi frugali che non si fidavano (e forse non si fidano) delle scelte italiane. In parole semplici, il premier nominerà una task force e con questi “cervelli” vorrebbe dare all’Italia un volto nuovo e un futuro radioso. Non sarà affatto facile il disegno del presidente del Consiglio. Il Piano dovrà essere articolato e prevedere una vera e propria rivoluzione. Conoscendo quel che avviene nei Palazzi romani, credete che tutto possa accadere in maniera liscia? La risposta noi la conosciamo, ma la lasciamo alle poche persone che ci leggono.

La realtà è che “passata la festa gabbato lo santo”, secondo un antico detto popolare.  Incamerato l’applauso a scena aperta nelle aule di Montecitorio e Palazzo Madama, Conte si è trovato due minuti più tardi a dover redimere le prime beghe. Con il Pd non c’è una visione comune sul Mes, il salva-stati. Nicola Zingaretti vorrebbe avere quei 36 miliardi subito. Soldi caldi che non dovrebbero attendere il 2021 per ottenerli.

I 5Stelle sono contrari e così Conte è costretto a navigare tra Scilla e Cariddi. Non deve accontentare, né deludere gli uni né gli altri, per evitare di far traballare di nuovo la sua poltrona di Palazzo Chigi.

Non c’è un giorno di pace. Ecco riaffacciarsi subito il nodo della legge elettorale con cui si dovrebbe votare alle prossime elezioni politiche. Da una parte si cincischia e il leader dei Pd si infuria. Si prevede un nuovo braccio di ferro. Per fortuna della maggioranza, nel centro destra non si respira un’aria tranquilla. In Forza Italia, specialmente, le opinioni sono assai diverse tanto che si parla di un immediato passo indietro di due esponenti del partito: Gaetano Quagliariello e Paolo Romani che sarebbero pronti ad “offrirsi” a Palazzo Chigi. A dire il vero Conte confida molto nel Cavaliere europeista e sa di poter contare in suo appoggio (per lo meno esterno) tale da poterlo far navigare con una certa tranquillità.

Infine c’è il rebus del patto di stabilità che, peraltro la Ue ha momentaneamente sospeso. Il problema non è accantonato, tutt’altro, e tra i Dem e i 5Selle non si riesce a trovare un accordo. Anche perché tra i Grillini le fazioni sono due: quella con Di Battista favorevole al rientro del patto e l’altra parte che non ne vuole sapere di una retromarcia europea. Forse ad agosto sarà tregua, ma a settembre la guerra ripartirà. Sentite come la pensa ad esempio Matteo Orfini: “A volte mi sembra che il Pd tradisca la storia della sinistra”. Se lo afferma lui che la pensa allo stesso modo……

 

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