Don Paolo Farinella, il prete che a Genova chiude la chiesa a Natale

di Franco Manzitti
Pubblicato il 23 Dicembre 2019 - 14:05 OLTRE 6 MESI FA
Don Paolo Farinella, il prete che a Genova chiude la chiesa di San Torpete a Natale

Don Paolo Farinella, il prete che a Genova chiude la chiesa a Natale (foto d’archivio Ansa)

ROMA – C’è una chiesa a Genova nel cuore dei vecchi “caruggi”, alle spalle del porto antico, in una piazzetta deliziosa, che il suo parroco ha deciso di chiudere per le vacanze di Natale e per il secondo anno consecutivo. Niente notte di Natale, niente riti finali dell’Avvento, né celebrazioni per la nascita di Gesù. Si riapre passate le vacanze.

Si chiude perchè “bisogna celebrare il non Natale”, un “no” a quello che il Natale è diventato, capovolto rispetto alla sua idea originale del figlio dell’uomo nato in una grotta, tra i poveri, gli immigranti, gli ultimi, mentre oggi la festività è il trionfo del consumismo, dell’opulenza e gli sciagurati, gli ultimi, si relegano nei ghetti chiusi dell’assistenza benefica, i pranzi nelle chiese gremite di immigrati, di senza dimora, senza dignità, senza nulla. Abbandonati, mentre il mondo fa festa di luci, colori e fiumi di soldi.

La chiesa è quella di san Torpete, nella piazzetta di San Giorgio, un angolo di paradiso, appunto tra il porto e il dedalo dei vicoli che scendono dalla grande cattedrale di san Lorenzo, che la Curia ha affidato da anni a don Paolo Farinella, 72 anni, un prete-provocatore, dissacratore spesso della liturgia, controcorrente, storico esegeta della Bibbia, uno studioso reduce di Gerusalemme dove studiò in gioventù, poi tornò a Genova e si impose come il contestatore dell’allora cardinale-principe, Giuseppe Siri, che contribuì a far vacillare nel suo trono quasi cinquantenario di arcivescovo di Genova, uomo forte della chiesa più ortodossa, papa mancato almeno due volte.

Farinella sbarra le porte della sua chiesa, che è una specie di fortilizio di estremisti della fede, in una città dove nacque il dissenso cattolico, dove ci sono stati preti forti da strada, come il leggendario don Andrea Gallo, scomparso cinque anni fa, dopo avere fondato comunità a ripetizione contro la droga, a favore dei più emarginati e sfruttati dalla società, i tossico dipendenti, le prostitute, i trasnsessuali.

Ma Gallo, che non ruppe mai con la Chiesa ufficiale e divenne perfino una bandiera politica, il deus ex machina della candidatura dell’ultimo sindaco di sinistra eletto a Genova, il “marchese rosso”, Marco Doria, era anche il crociato a favore degli ultimi, dei diseredati, un prete appunto di strada, con tante relazioni e una forza carismatica, che ne tramanda ancora la forza e le azioni. Don Farinella, invece, è un prete di una nicchia polemico-politica non semplicemete antivaticana, border line con la Curia genovese del cardinale Angelo Bagnasco, che non lo ha mai censurato, probabilmente temendo di trasformarlo in vittima-martire, che Farinella pensa comunque di essere almeno “in nuce”, un incompreso della Chiesa ufficiale, un prete “contro”, vessillifero di una verità morale e liturgica di minoranza. Ma in una chiesa avviata al declino, quasi da tornare alle catacombe per potersi veramente rinnovare.

Ora ha chiuso la sua Chiesa sbarrandone l’elegante portone davanti alle luminarie di Natale, sventolando il suo non Natale come l’estremo avamposto contro il modernismo-consumismo che contamina i principi sacri del Vangelo e del valore autentico della nascita del Cristo.

Ma Farinella ha fatto di più. Nella rubrica settimanale, che tiene sull’edizione genovese di “Repubblica”, mesi fa il prete delle ultime barricate ha anche messo in discussione il concetto di fede.

Ha ammesso di “non sapere se Dio esiste, distinguendo tra “sapere” e “credere” e sostenendo di credere sicuramente in Gesù Cristo e nei suoi messaggi, ma nel resto, nell’al di là?……

La sparata ha scosso solo le coscienze più attente e quelle che ancora seguono questo prete, sempre alla ricerca della sua ribalta provocatoria, probabilmente incerto lui stesso tra un bisogno di protagonismo e la sua coscienza di prete, studioso, alter ego di una chiesa ufficiale con la quale alterna atteggiamenti ondivaghi. Il cardinale di Genova, Angelo Bagnasco, un po’ è l’obiettivo dei suoi attacchi alla formalità della chiesa, un po’ è il pastore di una diocesi che lo lascia in quel ruolo a san Torpete, a organizzare i suoi raffinati concerti, un po’ lo protegge e lo cura e sopratutto non lo fulmina con censure, sospensioni, allontanamenti, come ha fatto in passato con sacerdoti dal calibro sicuramente più alto del suo, don Antonio Balletto, grande studioso, letterato, fondatore della Casa editrice Marietti, che scopri l’ Islamismo per prima, gran fautore del Concilo vaticano II, allontanato da Siri da Genova, allo stesso Baget Bozzo, figlio prediletto dello stesso Siri, ma da lui sospeso a divinis per avere fatto politica attiva, candidandosi eurodeputato con Craxi. E tanti altri giganti della Curia genovese, che pagarono un dissenso molto più largo e meno spettacolare, ma più coinvolgente tra i fedeli, come don Franco Costa, che divenne anche assistente nazionale dell’Azione Cattolica e uomo di fiducia di Paolo VI, il cardinale Lercaro, vescovo di Bologna e il vescovo Emilio Guano, di Livorno, don Giovanni Cereti, oggi rettore della Basilica dei genovesi a Roma, il teologo che con i suoi libri ha convinto papa Francesco sul tema delicato della comunione ai divorziati.

Farinella non è l’erede di questa generazione di grandi preti, cresciuti nella diocesi di Genova, dominata da Siri e dalla sua forte politica tradizionalista, conservatrice, in tempi così cambiati.

Cerca il suo spazio con queste provocazioni spot, celebra messe con una nicchia di fedeli affascinati dalle sue prediche che sono veri e propri comizi politici, stende sui portali della sua chiesa i teli impermeabili dorati con i quali le Ong e la Protezione Civile coprono i migranti salvati in mare. Nel clima teso dei caruggi i soliti malintenzionati filo salviniani vanno a strappare quei teli, acuendo il contrasto con il prete che accusa la chiesa di non schierarsi a sufficienza a favore degli sventurati e di non seguire fino in fondo papa Francesco.

Nei suoi articoli mette anche in discussione la devozione verso la Madonna della Guardia, grande protettrice di Genova, sostenendo che le apparizione in cima alla montagna, dove è sorto il Santuario, sono state una montatura della chiesa ufficiale per tenere buoni i fedeli delle vallate.

Insomma il lavoro di Farinella è mettere in discussione i capisaldi della Chiesa ufficiale, la Madonna protettrice, il rito del Natale, i capisaldi della fede……..

Farinella fa notizia, fa, comunque, discutere con le sue provocazioni. L’inserto Robinson di Repubblica gli ha dedicato addirittura un grande servizio, firmato da un importante inviato, Marco Ansaldo, il “Fatto Quotidiano” gli dedica spesso spazio nella sua edizione on line.

Nella piazza di san Giorgio le porte di san Torpete restano chiuse, mentre intorno le luci di Natale si accendono e la folla riempie i caruggi. Chi vuole andare a Messa nella notte santa di Natale, gira l’angolo.