Jolly Nero, un colpo al cuore di Genova: l’avaria, lo schianto, il crollo, i morti

È come un colpo al cuore della città, al suo centro vitale, il luogo della storia, delle tradizioni, delle competenze, del lavoro: il porto, l’ombelico storico nei millenni. La grande nave portacontainer Jolly Nero, della flotta Ignazio Messina, grandi armatori, terminalisti, famiglia chiave del’economia cittadina, in partenza per Napoli alle 23:30 di martedì 7 maggio, sbaglia manovra nel ventre di quel porto, Molo Giano, uno dei pennelli delle banchine più vitali dello scalo, in una notte di calma piatta, acque ferme. E la sua immensa fiancata, un grattacielo di cinquanta-sessanta metri, si schianta su una palazzina modernissima, un piccolo grattacielo di acciaio e ferro inaugurato da pochi anni che, beffa del destino, ospita l’ufficio dei piloti, quei supermarinai che vanno a prendere al guinzaglio le navi e le conducono o all’ormeggio, se arrivano, o all’uscita del porto se salpano.

GENOVA – È come un colpo al cuore della città, al suo centro vitale, il luogo della storia, delle tradizioni, delle competenze, del lavoro: il porto, l’ombelico storico nei millenni. La grande nave portacontainer Jolly Nero, della flotta Ignazio Messina, grandi armatori, terminalisti, famiglia chiave del’economia cittadina, in partenza per Napoli alle 23:30 di martedì 7 maggio, sbaglia manovra nel ventre di quel porto, Molo Giano, uno dei pennelli delle banchine più vitali dello scalo, in una notte di calma piatta, acque ferme.

E la sua immensa fiancata, un grattacielo di cinquanta-sessanta metri, si schianta su una palazzina modernissima, un piccolo grattacielo di acciaio e ferro inaugurato da pochi anni che, beffa del destino, ospita l’ufficio dei piloti, quei supermarinai che vanno a prendere al guinzaglio le navi e le conducono o all’ormeggio, se arrivano, o all’uscita del porto se salpano. Piloti, rimorchiatori nel cuore del porto, gli uomini e le navi che fanno parte di quel cuore, sono le sue pulsazioni, il suo motore che non si ferma mai, che ha ingranaggi perfetti.

La palazzina alle 23:40 crolla come un castello di carte sulla fiancata della Jolly Nero, questo è il nome che ora suona così infausto della nave Messina, che doveva uscire “liscia e tranquilla” – come direbbero i camalli, i piloti, i comandanti dalle banchine – e che invece ruota e si schianta  “a terra”. Una bestemmia, una catastrofe senza precedenti in questa dimensione.

Dentro alla palazzina ci sono i piloti in attesa, i tecnici, quelli che riposano e quelli che stanno per entrare in azione. Notte e giorno in porto, in un grande porto sono la stessa cosa.

È una maledizione terribile. È una sciagura immensa, perché quella palazzina dei piloti è la centrale tecnologica e modernissima del porto di Genova, una torre faro e dentro governano i movimenti di tutte le navi che entrano ed escono e là dentro ci sono uomini al lavoro, uomini in attesa di partire ad ogni ora del giorno e della notte. Il bilancio è apocalittico, il più alto nella storia moderna di questo porto leader nel Mediterraneo: almeno 11 dispersi, cinque morti accertati e ripescati nella mattinata, tra i quali un ragazzo di 30 anni di una pubblica assistenza, giunta sul posto subito e un pilota livornese di 47 anni e quattro feriti gravi, con rischio di amputazione delle gambe.

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