A Genova il piano urbanistico di Marta Vincenzi ha dimenticato il porto

di Giuseppe Pericu
Pubblicato il 15 Febbraio 2012 - 08:00 OLTRE 6 MESI FA

L’adozione di un piano urbanistico generale – in Liguria si chiama PUC – è un momento importante per una città : tale è anche per Genova , dove la Giunta Vincenzi l’ha deliberata pochi giorni orsono .

E’ stata una scelta giusta. Il precedente piano regolatore generale era ormai superato : tra l’altro non era coordinato con la pianificazione di settore nel frattempo intervenuta (piani di bacino, piani paesistici). Resta però da valutarne i contenuti . Ne parlo sebbene la mia conoscenza non sia approfondita . Il PUC è un documento composto da diverse centinaia di pagine: ne ho letto alcune parti e ho seguito i resoconti giornalistici, ho visitato anche l’esposizione che è stata fatta alla Borsa Merci. Pur con questi limiti credo di essere in possesso di sufficienti informazioni per poter esprimere una valutazione.

Molto positiva la definizione di una linea al di la della quale non è possibile costruire. Si riprendono, in termini netti, scelte già fatte dalla Giunta Sansa, che presentavano ancora smagliature che era opportuno risolvere. Vengono riproposti i distretti di trasformazione e se ne disciplina l’assetto futuro; non scendo in valutazioni puntuali, assai difficili trattandosi di assetti che si definiranno attraverso processi di confronto con gli operatori privati.

Di rilievo anche le scelte che vanno sotto lo slogan di “costruire sul costruito”, un percorso obbligato per insediamenti urbanistici consolidati, ma che necessitano di essere rammodernati: resta da vedere se il mercato darà concreta attuazione a questa scelta in presenza di un sistema di incentivi assai debole .

Al di là di queste note positive vi sono mancanze gravi, che debbono essere sottolineate, in quanto rappresentano temi che dovranno essere al centro del dibattito nella imminente campagna elettorale.

Il primo grave difetto è costituito dal fatto che il PUC ignora il porto. Genova è una citta-porto in quanto tutta la struttura portuale è nella città, non distante da essa come accade invece in altri grandi scali europei. Pianificare la città significa, non può non significare, definire anche gli assetti futuri del porto di Genova. Un piano non vive un giorno ma deve “ durare” almeno un decennio. Come si può pensare al sistema delle infrastrutture, dei servizi se non si conoscono gli obiettivi di sviluppo del porto e i conseguenti cambiamenti strutturali. La localizzazione del superbacino per le riparazioni navali non è un fatto indifferente per la città; ciò vale anche per il ribaltamento a mare e per le destinazioni produttive delle aree Fincantieri: se si dovesse ipotizzare uno sviluppo nel settore delle riparazioni navali, accanto alle costruzioni, non sarebbe forse opportuno prevedere forme di collegamento privilegiato tra i comparti industriali di Levante e di Ponente con identica vocazione?

La fantasia poi vola se si ipotizza – come sembra si stia facendo — uno spostamento della diga foranea. In quel caso occorrerà discutere degli spazi portuali a levante: di fatto un ripensamento dell’intero assetto portuale. Di tutto questo non ho trovato traccia. Mi auguro che sia una mia ignoranza, ma perché la stampa non ne ha parlato? Non vorrei che ci fosse la convinzione che il porto è al di fuori del territorio comunale e che la sua pianificazione compete ad altri. Sicuramente la Comunità portuale nelle sue diverse articolazioni ha voce in capitolo e una voce determinante; ma proprio in occasione del PUC doveva essere coinvolta. Né si dica che è in corso la predisposizione di un piano portuale che dovrà essere sottoposto alle valutazioni del Comune. Ma cosa succede se si ravvisano motivi di contraddizione? Sarà necessario procedere a una revisione del PUC appena adottato, il che pare quanto meno strano

Ma a ben guardare la critica a non aver considerato il porto come momento centrale della pianificazione territoriale della città di Genova ha un significato più profondo che ci conduce al secondo motivo di non condivisione delle decisioni assunte dalla Giunta Vincenzi. Uno slogan che tappezza la città in questi giorni afferma: “ Genova città capace di futuro”, nulla dice di quale futuro si parli; d’altronde è difficile dirlo in una città che è una città portuale quando nulla si prevede sul porto stesso.

Il PUC adottato manca di futuro. Non prevede alcunché su quella che dovrà essere la Genova del 2030. Ci si è dimenticati che le grandi trasformazioni della nostra città sono sempre conseguenza di modificazioni intervenute nella sua costa, programmate decenni prima e in molti casi – purtroppo –programmate senza tenere conto della città retrostante. Basti pensare al bacino di Sampierdarena, agli insediamenti siderurgici di Cornigliano, all’aereoporto, al bacino di Prà-Voltri e non mancano altri esempi. E’ nella città con tutti i suoi componenti, e tra questi tra i primi gli operatori portuali, che si deve discutere del porto di domani. Solo con il porto d’altronde possono determinarsi occasioni di sviluppo significative, occasioni che debbono essere ideate e volute oggi se le vogliamo veder realizzate nel prossimo decennio. Temo che si sia persa la capacità di pensare (non all’oggi ma) al futuro .

Il fatto mi pare tanto più grave perché la città ha a lungo discusso, e in alcuni casi apprezzato, un grande “affresco“ che disegnava, in termini a mio giudizio ottimali, la Genova del 2030: lo waterfront di Renzo Piano più volte aggiornato e modificato. Che ne è stato ? E’ solo nel Museo del mare quale significativo contributo culturale? Ritengo al contrario che sia una scommessa che meriterebbe di essere affrontata, soprattutto in momenti di crisi nei quali si deve avere la forza di vedere nel futuro anche non prossimo possibilità di vita migliori.