Israele fine del mito di Tsahal: cosa c’è dietro l’assalto di Hamas, scontro tra militari e potere spirituale

Israele fine del mito di Tsahal, analisi: cosa c'è dietro l'assalto di Hamas, ora lo scontro tra militari e potere spirituale

di Giovanni Pizzo
Pubblicato il 15 Ottobre 2023 - 07:41
Israele fine del mito di Tsahal, analisi: cosa c'è dietro l'assalto di Hamas, ora lo scontro tra militari e potere spirituale

Israele fine del mito di Tsahal, analisi: cosa c’è dietro l’assalto di Hamas, ora lo scontro tra militari e potere spirituale

Israele fine del mito di Tsahal. Hamas preparava l’attacco da due anni. Questa affermazione su tutti i media del mondo ci dice una cosa.

Che l’invincibile esercito israeliano, chiamato Tsahal, non è più tale.

Tsahalz, che è un abbreviativo, nacque nei tempi pioneristici del mandato britannico dalla fusione tra l’Hagana ed altri gruppi di difesa più estremistici come l’Irgun del poi premier Menachem Begin.

Israele ed il suo esercito sono stati per moltissimi anni un tutt’uno, da cui la leva obbligatoria di 32 mesi per gli uomini e 24 per le donne. E la divisa ed il fucile, sempre pronto e pulito nell’armadio di casa, si è sempre e tutti riservisti, era lo spirito del Paese di Ben Gurion, Golda Meir e Moshe Dayan.

Cosa è successo per arrivare al disastro del 7 ottobre? Intanto le esenzioni. Gli ebrei ultraortodossi, che sono i principali attori dell’estensione del boom degli insediamenti a contatto con i villaggi palestinesi, sono esentati per gli studi religiosi.

Il paradosso è che coloro che provocano scontri sono renitenti alla leva. Questo da un lato sottrae forze alla difesa, dall’altro complica la vita alla stessa. Ma soprattutto questa politica di insediamento forzato ha rotto l’asse tra esercito e politica, soprattutto di destra, non potendo l’esercito avere possibilità di manovra, saltano le zone cuscinetto, nel confronto duro e continuo con i vari fronti di potenziale belligeranza.

La rottura tra sistema politico e militare è ben chiaro se si pensa che i principali oppositori politici a Netanyahu, e alla destra religiosa, sono ex capi di stato maggiore di Tsahal. I quali denunciano una visone opposta, culturale e geopolitica, a quella che vuole Israele prudente e accorta alla guerra sempre possibile, essendo uno Stato circondato da nemici.

Lo Shin Bet, il servizio di sicurezza interno e antiterrorismo, il Mossad si occupa dell’estero, ha di fatto fallito nell’analisi delle informazioni sui movimenti di Hamas. In gran parte per frustrazione. Perché sgolarsi in rapporti e suggerimenti se poi l’esercito, da cui molti se non tutti provengono, dell’intelligence non può utilizzare i dati, in quanto non più ascoltati dall’elite politica israeliana?

L’errore fatto nel 2005 da un generale, Ariel Sharon,  accusato di essere un falco terribile, di ritirare le truppe da Gaza ha creato un serbatoio incontrollabile di frustrazione e terrorismo potenziale non controllato e controllabile.

Gaza è un territorio a maggior densità del mondo, che produce poco o niente, se non lavoratori semi schiavi in trasferta. Dipende totalmente da aiuti di stati esteri, ricchi o radicalizzati, interessati solo ad utilizzarli, anche qui in schiavitù economica, come kamikaze della Guerra Santa contro gli infedeli.

Oggi Benny Gantz, ex leader dell’esercito israeliano, principale oppositore di Netanyahu è al governo in un gabinetto di guerra, ma lo scontro finale è solo rinviato. Ed è uno scontro tra Tsahal e destra politica. Lo scontro tra militari e potere spirituale ricorda quello dei tempi delle prime crociate, tra Templari e Papato, la terra era sempre la stessa. La Terra Santa.