Imu via, 100.000 posti: Letta, Alfano, Berlusconi, Grillo nel paese dei balocchi

di Marco Benedetto
Pubblicato il 3 Giugno 2013 - 07:18 OLTRE 6 MESI FA
Fabrizio Saccomanni: l'unico che ha detto la verità sulla Imu

Fabrizio Saccomanni: l’unico che ha detto la verità

Ci eravamo illusi che con la fine del Governo di Mario Monti fosse anche passata la moda degli annunci senza senso né base nella realtà, tipo la promessa che dopo le sue riforme il pil sarebbe cresciuto del 10 per cento.

Purtroppo è andata che ci troviamo di nuovo in balia di un governo dove primo ministro e ministri si inseguono nella gara a chi la spara più grossa.

Fa eccezione solo il ministro della Economia Fabrizio Saccomanni che, seppur in linguaggio un po’ cifrato, ci dice di non illuderci: la Imu non si può toccare, ce la dobbiamo tenere.

Anche Saccomanni, però, non la dice giusta fino in fondo, perché, quando ci avverte che il cammino è molto stretto, dimentica che nei conti che ci espone mancano all’appello i venti miliardi di tagli o imposte necessari per onorare il Moloch del fiscal compact.

È un brutto segno la rincorsa agli annunci. Lo è in sé, come indice di poca serietà; lo è ancora di più perché questo genere di sparate sa tanto di campagna elettorale e questo può solo voler dire che coloro che sanno come le cose vanno davvero sono consapevoli di non potere reggere a lungo e anticipano le mosse, preparandosi alle nuove elezioni.

C’è bisogno di stabilità, si prepara burrasca.

A dire il vero, Enrico Letta non ha tirato fuori lui la storia dei centomila posti di lavoro, numero infelice perché ricorda le centomila gavette di ghiaccio dei nostri poveri soldati in Russia. Letta si è limitato a promettere che presenterà un piano al Consiglio europeo di fine giugno: probabilmente spera di farsi anticipare dei fondi previsti su più anni.

Ma il conto dei centomila posti è stato fatto da un giornalista e si può giurare che sia un educated guess, magari dal Ministero del Lavoro, dove da un po’ di tempo si gioca con statistiche, numeri e interventi fiscali: Imu, Iva, tesoretti, inasprimenti, aliquote, nuovi contributi di solidarietà.

Non stupisce che, uscita la notizia dei centomila nuovi posti di Letta, subito Angelino Alfano, la stessa domenica mattina del 2 giugno, abbia rilanciato con sconti fiscali senza condizioni per chi assume e panini imburrati di sopra e di sotto, come nel Paese dei Balocchi di Pinocchio. Possiamo immaginare il povero Alfano pressato d un energumeno di nome Berlusconi, che di posti lui ne aveva promesso un milione e che con la forsennata e irresponsabile campagna sulla Imu è il principale colpevole del turbine di promesse degli ultimi tempi.

Ormai alle promesse di Berlusconi gli italiani non credono più molto: ha avuto 20 anni  ancora non ha fatto nulla.

Berlusconi ha trovato chi lo ha superato, Beppe Grillo. Altro che un milione di posti, qui in teoria ce ne sono milioni e milioni, tutti quelli che qualificano per il salario di cittadinanza. A nessuno viene ogni tanto il dubbio che l’arma segreta di Beppe Grillo, che gli ha dato un quarto dei voti, sia stata proprio quella promessa del salario di cittadinanza: un salario svincolato dal lavoro?

Altro che sociologia della anti politica. Qui siamo alla quintessenza della politica, all’albero degli zecchini d’oro. O alle scarpe, promesse agli elettori napoletani da Achille Lauro.

Beppe Grillo ha vinto le elezioni, lui ha pensato a un mandato in bianco per il suo delirio di onnipotenza. Fuori la gente aspettava: Achille Lauro la scarpa mancante la consegnava, invece il salario, dopo tre mesi, ancora non s’è visto: e se fosse questa la causa, o una delle principali cause, della débacle di Beppe Grillo alle amministrative?

Il circuito promessa-aspettativa-delusione si è fatto più corto. Se i politici e anche gli anti politici non si tirano fuori dalla spirale delle promesse irrealizzabili e irrealizzate, non ci aspettano tempi felici.

I politici comprano voti vendendo sogni, è così in tutto il mondo, è sempre stato così, forse è stato anche peggio. Ma come  sarebbe più bello vivere in un posto non ti facessero sognare, dove ti dicessero, sereni ma franchi:

– abbiamo fatto tanti debiti per fare vivere meglio gli italiani di trent’anni fa, anche anticipando un processo di redistribuzione di ricchezza; poi c’è stato uno sciame sismico di crisi economiche che dura da più di dieci anni e che ha fatto saltare tutto;

– ora a nessuno importa più di noi e dobbiamo rientrare di quei debiti;

– abbiamo fatto di tutto per entrare nell’euro e abbiamo fatto bene: prima di sputare sull’euro guardate le vostre fotografie di trent’anni fa e quelle delle vostre case e delle vostre macchine e dei vostri bambini;

– per stare nell’euro e potere fare debiti quando servirà in futuro, dobbiamo rispettare gli accordi di pegno: quindi stiamo nel rapporto del 3% e per scendere ancora dobbiamo aspettarci nuove stangate;

– taglieremo dove potremo nella spesa pubblica, a cominciare dalle regioni a statuto speciale: a 68 anni dalla guerra mondiale e a 20 dalla caduta del muro di Berlino, la secessione delle regioni di confine non spaventa più nessuno;

– staremo però attenti alla demagogia stile Beppe Grillo o al moralismo di vari giornalisti pagati assai che auspicano tagli che non porteranno che a un aumento della disoccupazione;

– i partiti, visto che hanno speso soldi vostri nelle feste dei maiali, un po’ li metteremo a dieta, ma soprattutto li costringeremo a sottostare al controllo della Corte dei Conti, che finora hanno sdegnosamente rifiutato.

– c’è poco da fare, se non andare da Padre Pio e pregare per una rapida ripresa dell’economia mondiale, nella convinzione che un po’ di ricaduta ci sarà anche per noi.

Se poi queste cose te le dicesse Enrico Letta con la sua faccia da bravo supplente di matematica invece che Mario Monti, con quel lampo crudele negli occhi quando annunciava sadico le misure fiscali che Giulio Tremonti aveva già in parte avviato cercando di non diffondere il panico, la fiducia che si sta ristabilendo tra gli italiani non ne sarebbe danneggiata. Anzi, sarebbe la premessa di un’età migliore.