Primo ministro inglese di origine indiana non è la favola del migrante sceso dal barcone

Primo ministro inglese di origine indiana non è la favola del migrante sceso dal barcone che scala le vette del Paese che lo ha accolto

di Marco Benedetto
Pubblicato il 30 Ottobre 2022 - 08:07 OLTRE 6 MESI FA
Primo ministro inglese di origine indiana non è la favola del migrante sceso dal barcone che scala le vette del Paese che lo ha accolto

Primo ministro inglese di origine indiana non è la favola del migrante sceso dal barcone che scala le vette del Paese che lo ha accolto

Un primo ministro britannico di origine indiana non è la favola del povero migrante sceso dal barcone che scala le vette del Paese che lo ha accolto.
 
Rishi Sunak, indiano di religione induista al 10 di Downing Street, ha fatto le scuole giuste, si è laureato a Stanford, Usa, ha lavorato per Goldman Sachs come Draghi e ha sposato la figlia di un tecnologo indiano che vale 4,5 miliardi di dollari.
 
Pertanto non è l’aggiornamento post coloniale del sonetto di Giosuè Carducci che canta i generali della rivoluzione francese.
 
“Son della terra faticosi i figli che armati salgon le ideali cime gli azzurri cavalier bianchi e vermigli che dal suolo plebeo la patria esprime”.
 
Meno che mai lo è la scalata al potere, un po’ effimera per ora, di Kwasi Kwarteng, nero del Ghana, un bello schiaffo per gli inglesi. Era arrivato al ruolo di ministro delle finanze, numero due della premier Liz Truss, autore di un piano economico talmente di destra da terrorizzare i mercati e far crollare la sterlina.
 
Oggi, a differenza di tutta la storia della umanità, non è solo la guerra che permette a un povero pastorello come Davide di diventare re.
 
Ed è altrettanto possibile che il figlio di una emigrante capace solo di cucire stoffe sia tra i fondatori di Intel, la casa del microchip. Grazie a un sistema di borse di studio che permette anche ai più poveri di frequentare le migliori università. Ma questa è l’America, un Paese tutto di immigranti (indigeni a parte). Capite quanto sono lontani nel grande mondo dalle pippe ideologiche su merito e sovranismo.
 
La Gran Bretagna non è gli Usa. È un sistema razzista e classista che si regge da mille anni su una monarchia installatasi esattamente nel 1064. Fino a poco più di un secolo fa i cattolici, anche se nobili, erano esclusi dal governo.
Viziati dal benessere importato dallo sfruttamento coloniale, corroborato con gin e birra, blindato da un sistema sindacale quasi sovietico, gli inglesi sono in generale dei grandi fannulloni ben più di noi southern europeans che tanto disprezzano.
 
Ne è conseguenza e simbolo il fatto che la loro grande industria non ci sia più. La loro auto simbolo, la Mini, è diventata tedesca.
 
In genere detestano gli stranieri, cosa che fa capire Brexit, indiani inclusi. Niente di diverso rispetto agli italiani.
Italiani e inglesi, come peraltro tedeschi e francesi e rumeni, e forse un po’ tutte le regioni del mondo, sono Paesi non omogenei sotto il profilo delle nazionalità, che hanno contribuito a formarle nei millenni.
 
Con gli indiani per gli inglesi è un po’ diverso. Gli indiani, parte dell’impero ai tempi del Raj, furono deportati in Africa per dotare quelle colonie di una classe media di funzionari e commercianti che integrasse la primitività della popolazione locale.
 
(Non va dimenticato che quando ancora oltre Manica vivevano nelle caverne gli indiani erano una grande civiltà da un migliaio di anni).
 
Premio era la garanzia della cittadinanza britannica, una cambiale che gli indiani hanno incassato nel dopoguerra quando vivere in Africa era diventato difficile se non impossibile. Nel 1972 il dittatore Idi Amin ne espulse dall’Uganda decine di migliaia. Arrivarono in Gran Bretagna senza un penny sulla pelle, come gli italiani espulsi dalla Libia da Gheddafi.
 
Una vasta rete di consanguinei e il duro lavoro consentirono loro la rapida conquista del benessere. Gli inglesi si chiedevano smarriti come avessero fatto.
 
Ma attenzione non erano quei disperati che arrivano con i barconi in Italia. Erano gente esperta nel commercio o professionisti come il padre e la madre di Rishi Sunak erano rispettivamente medico e farmacista. E i genitori di Kwasi Kwarteng? Anche loro di provenienza africana, laureati in Inghilterra. Lei avvocato, lui esperto di economia.
Cosa accomuna indiani e africani ai vertici britannici? Elemento fondamentale è il percorso scolastico. I genitori si sono svenati per mandare i figli alle scuole più esclusive come Eton (dove fino a poco fa i ragazzi venivano puniti a colpi di canna sul sedere, se non peggio). Questo vale anche per gli equivalenti femminili tipo Priti Patel.
Università rigorosamente Oxford o Cambridge.
 
Risultato. Militano nel partito conservatore. Anzi, Kwasi Kwarteng era fautore di una politica finanziaria tanto di destra dà essere buttato giù, insieme alla britannicissima Liz Truss dai moderati del suo stesso partito.
 
Dalla vicenda inglese si possono trarre due lezioni.
 
Una è che l’istruzione paga: non quella scaciata e ugualitaria del pubblico e nemmeno quella in mano alle mamme del privato. Ma quella selettiva e anche un po’ classista che da noi non c’è più. Le classi definiscono la società. Era così anche nella Unione Sovietica. Gli indiani, gli africani, i neri delle West Indies, non abbattono le classi, le scalano.
 
L’altra è che gli immigrati sono iniezioni di vitalità. Senza immigrati la popolazione della vostra bella Italia sarà dimezzata fra qualche decennio, tornerete al medio evo. E nel frattempo chiuderanno fabbriche e ristoranti perché nessuno vorrà lavorare più, indigeni italiani e migranti, grazie alla estensione indiscriminata del reddito di cittadinanza.
 
Ma non tutti gli immigrati sono equivalenti. Ce ne sono di provenienza da Paesi ad alto livello di educazione, altri peggio dei nostri peggiori.