Banda della Magliana, er Gnappa, un patrimonio da 10 milioni

Banda della Magliana, er Gnappa, un patrimonio da 10 milioni
Banda della Magliana, er Gnappa arrestato dai Carabinieri (foto Ansa); bel ’95 gli fu squestrato un patrimonio da 10 milioni di euro

ROMA – Banda della Magliana, er Gnappa, nel ’95 gli fu sequestrato un patrimonio da 10 milioni e la sfortuna continua a perseguitare da qualche decennio Manlio Vitale, figura storica degna del romanzone  Romanzo Criminale, grande “cassettaro”, cioè svaligiatore di cassette di sicurezza delle banche, nonché, secondo alcuni, tra i capi della cosiddetta Banda della Magliana e, come vedremo, infilato abusivamente nel settembre 2010 dall’immancabile “supertestimone” fasullo anche nel mistero Orlandi.

Romanescamente soprannominato per la sua statura piuttosto bassina “Er Gnappa”, che è come dire “Il Piccoletto”, Vitale è arrivato a 67 anni, ma è sempre in pista: questa volta i carabinieri lo hanno arrestato perché lo ritengono il capo di una gang di altre 23 persone finite anche loro in manette nella stessa recentissima retata. Per tutti l’accusa principale è di associazione a delinquere messa in piedi per compiere rapine in abitazioni, con il contorno di accuse minori ma non trascurabili:  ricettazione, detenzione e porto abusivo di armi da fuoco.

A far finire in trappola Er Gnappa questa volta sono state le indagini su una rapina a mano armata avvenuta in casa di un medico all’Eur ai primi dell’ottobre 2014. Due malviventi si sono presentati facendo finta di essere poliziotti, con tanto di tesserino, e dopo avere rinchiuso in una sgabuzzino l’intera famiglia del medico più una badante hanno arraffato un discreto bottino: più o meno 200 mila euro di valore tra ori, preziosi vari e danaro contante. Le indagini e qualche arresto in flagranza nel corso di altre rapine hanno permesso di appurare che i due rapinatori erano membri di un gruppetto, in gergo una “batteria”, capeggiato dall’intramontabile Vitale e forse responsabile di altre otto rapine in altrettanti appartamenti.

Le cronache lo indicano sempre come esponente di spicco della ormai mitica Banda della Magliana nonostante che Er Gnappa non figuri affatto tra i suoi 23 membri DOC: certificati cioè da condanne definitive compresa quella emessa dalla Corte di Cassazione il 6 ottobre del 2000 a conclusione di una lunga serie di blitz giudiziari con decine e decine di arresti, processi e ricorsi vari.

Tra un blitz e un processo, tra una condanna e un ricorso, sono definitivamente usciti da indagini e processi altri 19 imputati perché nel frattempo morti  ammazzati nella guerra intestina che alla fine ha sterminato la stessa banda. A far finire in galera Vitale è stato il pentito Maurizio Abbatino, lui sì tra i membri DOC della Banda della Magliana, che nel 1990 per vendicarsi dell’uccisione di suo fratello Roberto, in apparenza venditore di souvenir e trovato cadavere con 33 coltellate nel Tevere, snocciolò a polizia, carabinieri e magistrati una lunga sfilza di nomi di presunti criminali e di presunti autori di una altrettanto lunga serie di non presunti omicidi.

Le indagini dimostrarono che in più d’un’occasione il pentito aveva raccontato delle frottole, tant’è che finì con lo scusarsi in aula ammettendo che per proteggere amici ancora vivi ed evitare probabili vendette aveva taciuto i nomi di assassini veri e fatto al loro posto i nomi di malavitosi ormai morti e perciò non più in grado di difendersi.

Stando alla vulgata abbatiniana, Vitale, specializzato in stupefacenti e poi in ricettazione di preziosi, prese addirittura parte, l’11 novembre del ’77, al sequestro del duca Massimiliano Grazioli: vale a dire, prese parte attiva all’impresa con il ricavato della quale – il riscatto miliardario, in lire dell’epoca, ottenuto per la liberazione del rapito, che era stato invece già ucciso – venne poi fondata la mitica banda stando almeno alle pagine del romanzo di enorme successo Romanzo Criminale, scritto dal magistrato Giancarlo De Cataldo. Secondo il pentito Abbatino, nei primi anni di vita della banda, Vitale era soprattutto un acquirente di partite di stupefacenti, che poi smerciava nelle zone dell’Ostiense e della Garbatella, dov’era nato e dove aveva la base operativa. Ma l’attività in cui Er Gnappa era maestro e che gli servì per arrivare ai vertici del sodalizio malavitoso, era la ricettazione di preziosi. Dev’essere rimasta la sua passione, se è vera la nuova e per ora ultima accusa di guidare una “batteria” di rapinatori e di ricettazione dei bottini.

Arrestato nel ’78, ’80 e ’85, Er Gnappa venne accusato da un altro pentito, Claudio Sicilia, anche lui non sempre credibile, di avere ucciso almeno due membri della banda della Magliana, Amleto Fabiani e Massimo Barbieri, oltre alla guardia giurata Umberto Bozzolen nel corso di una rapina nel 1982. Come che sia, nel ’95 gli furono sequestrati beni per 20 miliardi di lire, più o meno 10 milioni di euro, tra cui appartamenti in Costa Smeralda.

Il secolo scorso Er Gnappa lo chiuse alla grande, con l’accusa di essere uno dei mandanti del furto nelle 147 cassette di sicurezza nel caveau della Banca di Roma della cittadella giudiziaria di piazzale Clodio a Roma.  Scarcerato, viene riarrestato nel 2010 dagli agenti delle Squadre Mobili di Roma e Caserta sempre a causa della sua passione di “cassettaro”: con altri sei complici stava per violare il caveau di un istituto di credito nel pieno centro di Caserta.

I sette “uomini d’oro”, come li chiamarono i poliziotti e i carabinieri che avevano mandato in fumo il colpaccio, la loro base operativa l’avevano installata in un appartamento della cittadina campana, come testimoniavano gli attrezzi del mestiere, compresi radio e scanner per intercettare allarmi, ordini e conversazioni di polizia e carabinieri. Tra gli arrestati anche l’unico incensurato, un dipendente del Comune di Napoli addetto al sistema fognario.

Poche settimane prima del fallito assalto al caveau, Er Gnappa aveva fatto in tempo ad essere accusato di una rappresaglia per punire in casa sua a Viterbo un “supertestimone” – Maurizio Giorgetti – che a un inviato del programma televisivo di “Chi l’ha visto?” aveva “rivelato” una serie di cose “decisive”, ovviamente rivelatesi fasulle, riguardanti il mistero della scomparsa di Emanuela Orlandi. Riguardanti, vale a dire, la bella ragazzina vaticana di quasi 16 anni scomparsa il 22 giugno 1983 e fatta diventare un lungo show mediatico tanto di successo quanto senza né capo né coda.

Giorgetti infatti, poco tempo dopo l’intervista con le “rivelazioni”, sostenne con lo stesso inviato di “Chi l’ha visto?” che la persona che lo aveva riempito di botte in casa sua gli aveva sibilato in faccia, tra un cazzottone e l’altro, “Questo è da parte di “Gnappa” Manlio Vitale! Così impari a stare zitto!”. Peccato però che a finire in galera per quell’aggressione siano stati la figlia di Giorgetti e il suo fidanzato e che non c’entrassero niente né Er Gnappa né la Banda della Magliana né il mistero Orlandi.

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