Emanuela Orlandi. Giancarlo Capaldo: “Troppi temevano verità scomoda”

di Pino Nicotri
Pubblicato il 22 Giugno 2013 - 09:53| Aggiornato il 26 Novembre 2013 OLTRE 6 MESI FA
Emanuela Orlandi. Giancarlo Capaldo: "Troppi temevano verità scomoda"

Giancarlo Capaldo: indaga sul mistero della morte di Emanuela Orlandi

“Che Emanuela Orlandi sia morta è evidente. Che altro si può pensare di una persona scomparsa che non s’è fatta mai viva con nessuno per ben 30 anni di fila?”. Il procuratore aggiunto di Roma, Giancarlo Capaldo, chiarisce il senso di quanto dichiarato e di quanto attribuitogli a un pubblico incontro dibattito del 21 giungo a Lamezia, nella terza edizione del Festival Trame, diretto dal giornalista di Tg5 Gaetano Savatteri.

Convinzione della morte di Emanuela Orlandi, quindi, ma neppure i magistrati sanno come si avvenuta la fine , come sia morta, dove e per mano di chi. Esattamente come non lo sa Papa Francesco nonostante le interpretazioni di comodo delle sue parole pronunciate l’11 marzo: “Se Emanuela è in cielo, preghiamo per lei”.

Ma è vero che gli inquirenti sono ottimisti e convinti che la soluzione del caso è vicina? Ormai lo si è sentito dire decine di volte.

“Se un magistrato pensasse che una sua inchiesta non porterà a nulla eviterebbe di proseguirla. Direi che l’ottimismo è d’obbligo in qualunque caso giudiziario affrontato con serietà. E poiché l’inchiesta da me coordinata è stata affrontata e condotta con serietà penso che si potrà arrivare a chiarire perché Emanuela Orlandi è scomparsa. Ovviamente non rispondo di ciò che a quanto pare viene detto con frequenza eccessiva riguardo “nuovi scenari” e ”soluzione imminente” “.

Sono in molti a sostenere che il nuovo Papa, Francesco, permetterà che la verità venga finalmente a galla.

“Noi non sosteniamo nulla. Preferiamo limitarci a fare al meglio come sempre il nostro lavoro e a sperare, pure come sempre, che se è ancora vivo chi sa qualcosa si faccia comunque avanti”.

Come mai così tanti depistaggi?

“Questa è una delle cose da capire. Tutto lascia pensare che troppe persone temevano che dietro questa storia si nascondesse una verità scomoda”.

Scomoda per chi?

“Scomoda. Non necessariamente per l’ambiente clericale”.

E’ un depistaggio anche quello di Marco Fassoni Accetti?

“Delle indagini in corso non posso ovviamente parlare. Certo, nel caso si appurasse che questo testimone volontario non la racconti giusta sarà utile capire perché è entrato in scena. Se di propria iniziativa o su stimolo di qualcuno. E il perché e il tipo di un tale eventuale stimolo. Alle verità si può arrivare anche capendo i perché degli eventuali depistaggi. Insomma, i vari “cui prodest?””.

I tempi comunque continuano ad allungarsi. L’inchiesta che avrebbe dovuto essere chiusa in un primo tempo a maggio dello scorso anno, poi a settembre, infine a dicembre o gennaio, non potrà essere chiusa prima di settembre od ottobre del 2013, perché continuano ad andare per le lunghe le analisi e le ricerche sui Dna delle migliaia di ossa umane prelevate dall’ossario della basilica di S. Apollinare. Ricordiamo che la basilica aveva raccolto e chiuso in un cubo dietro un muro di cemento i resti delle migliaia di defunti sepolti in oltre due secoli nel proprio cimitero sotterraneo prenapoleonico, quando i defunti si usava seppellirli nelle chiese, come si usa ancora oggi nella chiesa vaticana di S. Anna, o nella terra attorno ad esse quando c’era terra sufficiente.

Nonostante sia passato ormai oltre un anno, il lavoro condotto dalla polizia scientifica di Roma e dal medico legale milanese Cristina Cattaneo, non è ancora concluso. Anzi, si allunga perché sono state trovate “alcune ossa di ragazze tra i 15 e i 17 anni di età, vissute però non sappiamo in quale epoca”, come è stato comunicato dalla dottoressa Cattaneo alla Procura della Repubblica di Roma.

E per capire se sono ossa vecchie di secoli o solo di qualche decennio bisogna ricorrere alle analisi con il radiocarbonio, come è anche detto il carbonio radioattivo. La tecnica del radiocarbonio è molto usata dagli archeologi per capire di quanti secoli o migliaia di anni sia l’età dei reperti archeologici, in un ventaglio di età che va dai 50.000 anni ai soli 100, per giunta con un margine di errore tra il 2 e il 5% a secondo di quale dei due metodi del radiocarbonio si usino. Non si capisce quindi che utilità possa avere – oltre a quella di allungare ancora i tempi dell’inchiesta – l’uso del radiocarbonio per datare ossa che si vuole supporre non possano essere più vecchie di 30 anni. Una ventina di ossa sono già state spedite mesi or sono in laboratori Usa proprio per datarle con il radiocarbonio.