Giorno della Memoria, i rom rivendicano i loro morti: Mengele faceva esperimenti anche sui bambini rom

di Pino Nicotri
Pubblicato il 26 Gennaio 2021 - 19:07 OLTRE 6 MESI FA
Giorno della Memoria, i rom rivendicano i loro morti: Mengele faceva esperimenti anche sui bambini zingari

Giorno della Memoria, i rom rivendicano i loro morti: Mengele faceva esperimenti anche sui bambini rom

Giorno della Memoria, che si celebra il 27 gennaio, anche quest’anno è un po’ smemorato. Perché non fa nemmeno un semplice cenno al genocidio dei romanès, vale a dire dei rom, sinti, ecc., perpetrato dai nazisti durante la seconda guerra mondiale. Sterminando almeno 5-600 mila esseri umani nei campi di concentramento.  E oltre un milione, forse un milione e mezzo secondo l’artista ebreo Moni Ovadia,, con esecuzioni in varie località europee. 

Intervistiamo quindi sull’argomento il musicista, musicologo, direttore d’orchestra, due lauree conseguite all’Università di Bologna, docente universitario e saggista Santino Spinelli, in arte Alexian, rom di Lanciano, in Abruzzo.

Aggiornamento articolo delle ore 19:07.

Giorno della Memoria: Santino Spinelli e il genocidio dei rom

Spinelli durante quella guerra ha avuto ben 26 familiari deportati, per fortuna poi tutti tornati a casa sani e salvi. Spinelli ha reso possibile che a Lanciano venisse inaugurato – il 5 ottobre 2018 – il primo e unico monumento che ricorda il genocidio della sua gente.

Sei anni prima, il 24 ottobre 2012, era stato invitato dalla cancelliera tedesca Angela Merkel e dal presidente della repubblica tedesca Joachim Gauck all’inaugurazione del Memoriale che a Berlino ricorda proprio quel genocidio perché i tedeschi hanno fatto i conti con la loro storia senza omettere nulla. Su un muro del Memoriale di Berlino è scolpita una poesia di Spinelli scritta per l’occasione. Spinelli è il primo e finora l’unico rom diventato commendatore. A insignirlo del titolo è stato il presidente della repubblica Sergio Mattarella il 2 marzo dell’anno scorso. 

Giorno della memoria: intervista a Santino Spinelli

DOMANDA – In vista del Giorno della Memoria il signor Emanuele Filiberto di Savoia, che preferisce restare cittadino svizzero pur dicendo che si sente italiano, ha inviato una lettera alla comunità ebraica italiana. Per chiedere perdono a nome di tutta la sua famiglia. Che lui definisce “la Real Casa di Savoia”. Per le leggi razziali emanate nel 1938 dall’allora re d’Italia Vittorio Emanuele III, suo bisnonno. Nella lettera cita la persecuzione nazifascista contro gli ebrei, definiti giustamente “sacre vittime”. Ma non c’è neppure un cenno a quella contro le comunità romanès, cioè contro i rom, i sinti e gli altri gruppi romanès. Nessun cenno alle loro sacre vittime.

RISPOSTA – Il soggetto in questione è solo un opportunista. Dopo tanti decenni di silenzio non è assolutamente credibile che chieda perdono proprio ora, non è sincero proprio perché dal perdono ha escluso rom e sinti. La sua dinastia ha avuto un ruolo cruciale nell’ascesa del fascismo, nel promulgare leggi razziali,  nella politica di deportazione e di internamento, senza contare la vile fuga lasciando tanti italiani in mano ai nazisti che hanno potuto perpetuare eccidi…troppo tardi e troppo comodo da parte di un signor nessuno in cerca di consensi che non siamo certamente noi rom e sinti a dagli. Sotto il Regno dei suoi parenti la mia famiglia di rom italiani di antico insediamento è stata deportata e internata. Guarda caso lui non cita i rom e sinti, questo basta per smascherare il suo goffo tentativo di autopromozione con un perdono selettivo.

D – Il Giorno della Memoria è stato deciso  dalla risoluzione 60/7 dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite del 1º novembre 2005. Si è stabilito di celebrarlo il 27 gennaio perché in quel giorno del 1945 l’esercito dell’Unione Sovietica nella sua avanzata verso Berlino liberò il campo di concentramento della città Polacca Oświęcim, che i tedeschi chiamavano Auschwitz, ponendo così fine ai vari stermini e genocidi che vanno sotto il nome di Olocausto e che comprendono lo sterminio di tutte le categorie di persone dai nazisti ritenute “indesiderabili” o “inferiori” per motivi politici o razziali. Oltre agli ebrei furono vittime dell’Olocausto le popolazioni slave delle regioni occupate nell’Europa orientale e nei Balcani, i prigionieri di guerra sovietici, gli oppositori politici, i massoni, le minoranze etniche come rom e sinti, jenisisch, i gruppi religiosi come i Testimoni di Geova e i Pentecostali, gli  omosessuali e gli handicappati fisici e mentali. Tra il 1933 e il 1945 furono sterminate dai 15 ai 17  milioni di essere umani di tutte le età e sessi. 

R- Nella legge del luglio del 2000 il Samudaripen (genocidio) dei rom e sinti è stato escluso e non riconosciuto. È un genocidio che è stato rimosso.

D – Gli ebrei il loro Olocausto lo chiamano Shoà, che in ebraico significa  “catastrofe, distruzione”, lo stesso significato hanno i termini Samudaripen o Porrajmos con il quale i rom e sinti indicano il loro Olocausto. Eppure si continua a ignorare il Samudaripen/Porrajmos e per Olocausto si intende solo la sua parte ebraica, cioè la Shoà. In pratica, l’Olocausto viene monopolizzato e più che dimezzato, perché dei suoi 15-17 milioni di sue vittime si ricordano solo i 5-6 milioni di sterminati con la Shoà. 

R – Tutte le vittime della ferocia nazifascista hanno pari dignità e devono trovare rispetto e commemorazione nelle celebrazioni della Giornata della Memoria. Nessuna vittima deve essere esclusa. La Memoria deve essere attiva e ricordare a tutti ciò che è stato affinché non accada più. Per questo tutte le vittime, tutte le categorie sociali devono essere ricordate e menzionate. Le consegno una foto agghiacciante di due coppie di gemelle rom dell’Europa orientale sulle quali il famigerato Mengele eseguiva i suoi terribili esperimenti. 

D – L’Italia ha preceduto l’ONU con la legge n. 21 del 20 luglio 2000, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 177 del 31 luglio, che decideva l’ “Istituzione del “Giorno della Memoria” in ricordo dello sterminio e delle persecuzioni del popolo ebraico e dei deportati militari e politici italiani nei campi nazisti”.

Le comunità romanès non vengono neppure nominati! Anzi, dal confronto tra l’articolo 1 e l’articolo 2 della legge, composta solo da tali due articoli, si direbbe che vengono proprio deliberatamente esclusi. L’articolo 1 parla infatti anche degli “italiani che hanno subìto la deportazione, la prigionia, la morte”, espressione che dovrebbe comprendere anche i cittadini italiani di etnia rom e sinta, oltretutto a Roma rastrellati e deportati assieme agli ebrei come ricorda l’apposta targa in marmo posta nel gennaio 2001 dal Comune di Roma in piazza degli Zingari.

Ma l’articolo 2 parla di dar vita nel Giorno della Memoria a iniziative di vario tipo per ricordare “quanto è accaduto al popolo ebraico e ai deportati militari e politici italiani nei campi nazisti”: espressione quest’ultima che chiaramente esclude i cittadini italiani rom e sinti. 

R – Credo sia tempo di aggiornare la legge e di aggiungere le categorie sociali e le etnie escluse dalla legge. Oggi i documenti rinvenuti e le conoscenze scientifiche non lasciano scampo ad interpretazioni di sorta.  I rom e sinti furono depredati dei loro averi (oro, denaro contante, cavalli, terreni, case, conti in banca e tanto altro) e mai restituiti si legittimi proprietari, usati come cavie per esperimenti pseudo scientifici, usati come schiavi bella macchina bellica, deportati e sterminati per motivi razziali.

Nessun rom o sinto fu invitato al processo di Norimberga per accusari i propri carnefici. Molti gerarchi la scamparono proprio perché erano specializzati nello sterminio di rom e sinti e quindi non furono accusati poiché non c’erano le testimonianze delle vittime.

D – Come è andata, dove è stata fatta e da chi è stata organizzata la presentazione della raccolta di brani musicali romanès ed ebraici intitolata Romano Simcha, cioè Festa Ebraica-Rom? 

R – Grazie allo storico e docente universitario Luca Bravi, lo scorso hanno al Mandela Forum di Firenze, ha organizzato un grande evento per la Giornata della Memoria davanti a 6.000 studenti. Ha invitato me con il mio gruppo ed Enrico Fink con alcuni componenti dell’Orchestra Multietnica di Arezzo per un concerto congiunto: il ROMANÒ SIMCHÀ appunto.

È stato un successo straordinario e in estate abbiamo ripetuto in Toscana alcuni concerti sempre con grandi consensi.  Ad inizio settembre, in piena sicurezza, abbiamo registrato live il disco Romanò SIMCHÀ. Il progetto è diventato disco che è stato prodotto dalla nota casa discografica COMPAGNIA NUOVE INDIE (CNI) con distribuzione sulle migliori piattaforme musicali internazionali. La presentazione del disco avverrà con 4 concerti in streaming da Firenze e dal Teatro Verdi di Monte San Savino (Arezzo) dove abbiamo realizzato il disco. 

D – Dopo la presentazione e nonostante la pandemia del Covid-19 ci saranno anche concerti ? In quali città?

R – Il 27 gennaio la mattina  per le scuole a Firenze e la sera in provincia in streaming.  Il 28 gennaio la mattina a Monte San Savino per le scuole e la sera nello stesso teatro la ripetizione del concerto sempre in streaming a causa della pandemia. È garantita la piena sicurezza a tutti.

D – Il Quirinale non ha dato nessuna risposta alla petizione, lanciata dal docente Ariel Toaff, dall’artista Moni Ovadia e da me il 16 novembre 2018, che chiedeva l’inserimento esplicito del genocidio dei rom e sinti, il Samudatipen/Porrajmos, nella Giornata della Memoria italiana, adeguandola in pratica alla Giornata della Memoria istituita dall’ONU. Così la Memoria italiana continua a restare monca.

Anche se il presidente Sergio Mattarella due o tre anni fa nel suo discorso per celebrare la ricorrenza ha citato esplicitamente anche il Samudaripen, primo Presidente a farlo, e ha invitato al Quirinale sia lei che i suoi figli in almeno tre celebrazioni. 

R – Si, negli ultimi anni il Presidente Sergio Mattarella ha invitato rom e sinti assieme alle comunità ebraiche al Quirinale per celebrare la Giornata della Memoria e commemorare tutte le vittime come è giusto fare.

D – Il nostro appello conteneva anche la richiesta di nominarla senatore vita per gli stessi motivi, “altissimi meriti civili”, per i quali è stata nominata senatore a vita Liliana Segre, cittadina italiana ebrea sopravvissuta alla Shoà, che ha invece divorato i suoi genitori. Nessuna risposta neppure a questa nostra richiesta. Però lei da Mattarella è stato nominato commendatore: una specie di piccolo premio di consolazione. Una mancia. Una pacca sulla spalla.  

R – Non direi perché è una nomina superiore a Ufficiale e Cavaliere, un po’ al di sotto di Senatore. Per essere il primo Rom in Italia ad avere questa nomina non è poco. Sono 600 anni che i rom sono in Italia. È un titolo prestigioso. Sono orgoglioso di essere  il primo, e mi auguro di una lunga serie,  Commendatore Ordine al Merito della Repubblica Italiana.  

D – Il 2 gennaio Repubblica ha reso noto con un articolo che “Tra le pieghe nascoste della legge di bilancio (dal 30 dicembre 2020 in Gazzetta Ufficiale) compaiono misure che intervengono su una pagina controversa del nostro passato. La restituzione di beni a favore di chi è stato colpito dagli effetti della persecuzione razziale; le cosiddette “benemerenze”, come merito acquisito e riconosciuto elargito dallo Stato verso cittadini italiani di religione ebraica”. 

L’articolo specifica già nel sommario che “Con le misure previste nella nuova legge di bilancio, dopo anni finisce l’umiliazione di dover dimostrare di avere subìto violenze e persecuzioni”.

La legge di bilancio in questione prevede riconoscimenti e restituzioni anche ai rom e sinti senza “l’umiliazione di dover dimostrare di avere subìto violenze e persecuzioni”?

R – È la prima volta che sento parlare di questa legge. Ad oggi nessun Capo di Stato o di Governo, tranne Papa Francesco,  ha mai chiesto perdono ai Rom e Sinti per ciò che hanno subito, tantomeno sono mai stati risarciti. Almeno ci fosse un risarcimento morale, psicologico, culturale e storico superando l’attuale situazione di discriminazione su base etnica che perdura contro i rom e sinti e i campi nomadi ne sono un esempio lampante: segregazione razziale su base etnica.

Questo è indegno di un Paese civile, evoluto e democratico. L’Italia è culla di civiltà nel mondo e non deve avere queste forme di Apartheid. I rom e sinti non sono nomadi per cultura come gli opportunisti hanno fatto credere per ricevere ingenti finanziamenti. I rom e sinti possono e devono vivere inclusi nella società maggioritaria nel rispetto delle reciproche differenze culturali. Le culture in questione sono assolutamente compatibili. Il problema che ci sono gli opportunisti che fanno valere i loro interessi di parte.

D – A proposito di restituzione di beni. Alcune comunità ebraiche hanno ricevuto risarcimenti dalla Germania e da altri Paesi per gli orrori consumati contro di loro durante la seconda guerra mondiale. I rom e sinti hanno ricevuto anche loro risarcimenti? Se non ne avete ricevuti, intendete sollevare il tema? Come e quando?

R – I rom e sinti non hanno ricevuto nulla se non un Memoriale e un Museo del Samudaripen in Germania. Sono passati tanti anni e i sopravvissuti sono pochissimi, anziani e malati. Difficile fare azioni legali. Dovrebbero farle le associazioni dei rom e sinti. 

Tenga presente che si lotta ancora per il riconoscimento del Samudaripen. Siamo indietro anche a causa sei politici e degli storici che hanno steso un velo su questa pagina tragica dell’Europa. Il Samudaripen è rimasto indietro, qualcuno cita che c’erano anche i rom e sinti nei campi di sterminio ma come semplice appendice. Il Samudaripen non fu un’appendice ma è un genocidio rimosso. E non c’è miglior sordo di chi non vuol sentire. 

D – Ho letto che è stato fondato un partito dei rom. Intendete entrare in politica per uscire dalla ghettizzazione e far pesare di più le vostre richieste?

R – Io non faccio parte di nessun partito politico. Sono un artista e un docente universitario. Per tempi e modi un partito politico rom è sbagliato. I rom e sinti devono far politica ma entrando nelle liste civiche e nei partiti come espressione di democrazia e di pluralismo. I rom e  sinti devono essere parte attiva della società maggioritaria senza alzare steccati etnici.

D – Avete organizzato proprio per il Giorno della Memoria una iniziativa pubblica anche didattica per dibattere e far conoscere il Samudaripen/Porrajmos, genocidio di cui in Italia pochi sono al corrente. Dove e come si svolge, organizzata da chi, tale iniziativa?

R – Il Comune di Campobasso in collaborazione con un progetto europeo ha incaricato l’associazione them romanò di collaborare a creare una mostra on line con visite guidate per le scuole e cittadini privati e un convegno sul Samudaripen in streaming da Campobasso. Le due iniziative hanno visto una nutrita partecipazione di studenti, di insegnanti e di privati cittadini. La pagina storica sul Samudaripen si sta divulgando sempre di più grazie a queste iniziative che sono isolate. Il problema rimane la mancanza di riconoscimento ufficiale e istituzionale del Samudaripen. I rom e sinti attendono da 75 anni questo riconoscimento assieme alle dovute scuse. Papà Francesco, ribadisco, ha chiesto perdono ai rom e sinti per il genocidio di cui sono rimasti vittime e che qualcuno ha rimosso dalla Storia.

Finita l’intervista, Spinelli mi porge un busta. La apro e resto atterrito. E’ come se venissi colpito da una sciabolata in faccia. Dopo qualche secondo di silenzio Spinelli mi spiega: 

“Le consegno una foto terribile  di due coppie di gemelle rom dell’Europa dell’est sottoposte dal famoso e famigerato dottor Mengele ai suoi infami esperimenti ad Auschwitz. Come vede, sono ridotte quasi a scheletro. Questa foto è un documento storico inequivocabile: sottolinea l’assurdità dell’esclusione del Samudaripen nella legge che ha istituito la Giornata della Memoria e del mancato risarcimento morale, psicologico, storico, politico, sociale ed economico delle comunità romanès incluse nel genocidio”.