
La locandina, il consiglio cinematografico di oggi: L'armata delle tenebre, di Sam Raimi - Blitz Quotidiano
Il 15 maggio è uscito l’attesissimo videogioco Doom: The Dark Ages, il terzo capitolo del filone moderno della celebre saga di Id Software che nel 1993, l’anno di uscita del primo storico Doom, ha rivoluzionato per sempre il genere degli sparatutto in prima persona. Riguardo l’importanza e lo straordinario impatto del franchise di Doom sul mondo dei videogiochi si potrebbero scrivere intere pagine di analisi e aneddoti vari: dall’introduzione di un gameplay rivoluzionario alla capacità di solcare con successo l’onda lunga dei continui cambiamenti in epoche videoludiche differenti, fino naturalmente alla rinomata e divertente adattabilità del primo Doom a ogni tipo di dispositivo elettronico.
Con Doom: The Dark Ages, pur rimanendo fedeli alle peculiarità del cosiddetto “boomer shooter”, cercando quindi di non spezzare la continuità nostalgica caratteristica della serie, gli sviluppatori hanno voluto introdurre, rischiando non poco, diverse novità al sistema di combattimento e perfino una linea di trama, comunque basilare, immediata e naturalmente imbottita di grande epicità . Eppure, la novità più grande sembra essere il cambio di rotta ambientale, attraverso il quale l’iconico Doom Slayer viene catapultato in un contesto dark fantasy di stampo medievale.
Giocando con le affinità cinematografiche, l’operazione proposta dagli sviluppatori appare piuttosto simile a quella che ha portato l’altrettanto iconico Ash Williams a combattere direttamente nel Medioevo le forze oscure del Necronomicon. Dopo La casa e La casa 2, il regista Sam Raimi, con L’armata delle tenebre, ha infatti deciso di scaraventare il suo eroe maldestro, ancora una volta armato di motosega, nel pieno di un’avventura meravigliosamente sospesa tra l’horror e il fantasy. Oggi, infatti, vi consigliamo il terzo capitolo della saga di Evil Dead.
L’armata delle tenebre, di Sam Raimi
Riprendendo gli eventi finali del film precedente, il protagonista Ash Williams (Bruce Campbell) apre un portale che lo spedisce indietro nel tempo, più precisamente nel 1300. Ash viene subito catturato da Lord Arthur (Marcus Gilbert), un signore feudale che lo crede una spia del suo più acerrimo nemico, Enrico il Rosso (Richard Grove). Ash viene poi gettato in un pozzo, dove affronta un mostro che riesce a sconfiggere solo con l’ausilio della sua fidata motosega. Tornato in superficie, Williams batte anche i soldati di Lord Arthur. Attira così l’attenzione del mago di corte (Ian Abercrombie), che riconosce in lui l’eroe di un’antica profezia, ovvero colui che, una volta recuperato il libro magico dei morti (Necronomicon), riuscirà a sconfiggere le forze malvagie.
Naturalmente titubante e dubbioso, e un pizzico spaventato, Ash alla fine decide di accettare il suo incarico/destino, mettendosi alla ricerca dell’antico manoscritto. Dopo aver affrontato oscure presenze, Ash raggiunge un cimitero in cui trova finalmente il Necronomicon. Tra l’assurdo e il tragicomico, però, Williams sbaglia a pronunciare quella formula che avrebbe dovuto annullare il sortilegio. Al contrario, l’eroe più goffo che il Medioevo ricordi scatena per errore la potenza delle forze del male, risvegliando la temibile Armata delle Tenebre, un esercito di non morti e scheletri che risorgono dalle loro tombe.
Con il primo film della trilogia, Sam Raimi ha puntato quasi tutto sulla paura. Nel secondo, senza mai lesinare sul gore, lo spettacolo offriva spunti parodistici molto interessanti e ancora una volta visivamente travolgenti. Nel terzo, complice anche un significativo aumento di budget con l’appoggio finanziario di una major, si ha uno stravolgimento creativo evidente, spiazzante ma vincente: l’elemento splatter, così come quello orrorifico, caratteristici entrambi dei primi due capitoli, vengono quasi completamente sostituiti da situazioni più marcatamente action, attraverso le quali si fa evidente il rimando all’immediatezza comica tipica dello slapstick.
Spezzando la continuità con i capitoli precedenti, una mossa che più di qualcuno non ha mai digerito, Raimi percorre la via felice e più stratificata dell’ultra-citazionismo, dell’autoironia, della satira e dell’assurdo, senza mai impantanarsi nel demenziale. Affidandosi ancora una volta all’iconico Bruce Campbell, e soprattutto alla sua grande attitudine alla comicità fisica, il regista smonta e ridimensiona la figura dell’eroe senza macchia tipica del cinema anni Ottanta, scimmiottandone quell’infallibilità ormai superata e stucchevole. Infine, aggiungendo l’ingrediente chiave, Raimi schiva il proiettile del “copia e incolla” aggiornando l’ambientazione e le tonalità stilistiche, catapultando Ash, e il pubblico, in un contesto fantasy inedito e originale. Il risultato è uno tra i più indimenticabili cult della storia, forse il cult movie anni Novanta per eccellenza.