
La locandina, il consiglio cinematografico di oggi: The Wrestler, di Darren Aronofsky - Blitz Quotidiano
È l’uomo del momento, il suo nome è sulla bocca di tutti. Riviste, giornali e social ne rigurgitano notizie, dichiarazioni, gesti e idee, quelle dell’uomo più ricco del mondo. Parliamo naturalmente del divisivo Elon Musk, attorno al quale l’opinione pubblica, come avviene nel tifo sportivo, si è schierata al suo fianco o sul lato diametralmente opposto del ring. Il suo volto, quello sulla copertina della biografia ufficiale di Walter Isaacson, ha invaso dal 2023 gli scaffali delle librerie fisiche e virtuali.
Al percorso, sulla sottile linea tra la forma mitizzante e quella della divulgazione, mancava però ancora un ultimo tassello, ovvero quello ambito del cinema. Dopo The Apprentice – Alle origini di Trump, lo USA Cinematic Universe è pronto ad arricchirsi con un film biografico su Elon Musk, le cui riprese sembrano molto vicine al primo ciak. Si tratta di un progetto ancora avvolto nel mistero, alimentato da rumor e indiscrezioni, eppure qualcosa si sa già. Il film si basa proprio sulla biografia di Isaacson, i cui diritti se li è accaparrati A24. Dietro la macchina da presa troviamo Darren Aronofsky (Il cigno nero, Requiem for a Dream, The Whale), attualmente ancora impegnato nella promozione di Caught Stealing, un thriller in uscita quest’anno con protagonisti Austin Butler e Zoë Kravitz. Per l’occasione, oggi vi consigliamo uno dei migliori film del regista, ovvero The Wrestler, con un mastodontico Mickey Rourke.
The Wrestler, di Darren Aronofsky
Randy “The Ram” Robinson (Mickey Rourke), uno dei wrestler più famosi e acclamati del mondo, si ritrova a fare i conti con i residui di un successo che lo ha innalzato e poi sbattuto rapidamente al tappeto. Randy, infatti, vive una situazione finanziaria disastrosa, acuita anche dal fallimento del proprio matrimonio e della rottura del suo rapporto con la figlia Stephanie (Evan Rachel Woood). Riassaporando le atmosfere sudate di un tempo, Randy combatte ancora sui piccoli ring provinciali, di fronte a un pubblico sempre più ristretto. L’abuso di steroidi e i postumi di un match particolarmente violento, costringono il wrestler a fare i conti con la realtà, quella di un corpo che non può più permettersi di combattere.
Randy, abbandonando la sua passione, un tempo fonte di popolarità e guadagni, decide di riassestare la propria vita: cerca un lavoro stabile che gli permetta di tirare avanti, vuole riallacciare i rapporti con la figlia e allo stesso modo concedersi il lusso di una nuova relazione, quella con la ballerina di lap dance Cassidy (Marisa Tomei). Incapace di reagire alla numerose delusioni che la vita gli elargisce con spietata crudeltà, Randy non può far altro che riabbracciare i fantasmi del passato, anche solo per un ultimo, iconico e disperato incontro.
Icone al tappeto
Con The Wrestler, Darren Aronofsky decide di portare sullo schermo, e al centro del ring, le vicende di un uomo totalmente sconfitto dalla vita, la cui più grande passione, il wrestling, rappresenta l’unica via di riscatto percorribile. Il regista, concentrandosi interamente su Randy “The Ram”, meravigliosamente interpretato da un Mickey Rourke in grande spolvero, si allontana dalle insidie di un cinema celebrativo, esplorando al contrario territori più intimi e umani attraverso l’utilizzo quasi costante di una camera a mano, tipico dello stile documentaristico. L’intento, infatti, è quello di insinuarsi nel dietro le quinte di un uomo, un’icona del passato ormai al tappeto, ma anche in quelle di uno sport, generalmente considerato dai più come una pagliacciata. In questo senso, è particolarmente interessante assistere da vicino al mondo che si cela al di là delle luci che illuminano il ring, un microcosmo più buio e sconosciuto dominato dal rispetto, dall’amicizia, da una determinata preparazione ma anche dallo spettro degli steroidi.
The Wrestler sveste i propri personaggi, li mette a nudo spodestandoli dal loro status di icone, e allo stesso modo li arricchisce di un’umanità tangibile, veritiera, percettibile anche negli odori, nei piccoli gesti quotidiani, nelle sofferenze. In questo contesto non manca poi l’attenta osservazione di un America un po’ smarrita che fin troppo spesso, come avviene per Randy, decide di fare affidamento su una pericolosa e cieca rievocazione del proprio passato, tra un senso di nostalgia e un po’ di ottusità nel ricordare i bei vecchi tempi, quelli degli anni Ottanta, quando l’economia girava a favore, tutti si divertivano e anche la musica era un’altra cosa.