La “pentita” Perla Genovesi accusa il San Raffaele: “Fondi dirottati e finte consulenze”. Dubbi e smentite

Pubblicato il 4 Novembre 2010 - 11:54 OLTRE 6 MESI FA

Silvio Berlusconi

Il Corriere della Sera, in un articolo di Giovanni Bianconi, riporta il verbale di un interrogatorio di Perla Genovesi, la “pentita” che ha fatto emergere le rivelazioni della escort Nadia Macrì sui festini con Silvio Berlusconi. Il verbale è stato inviato dai magistrati di Palermo a Milano. La storia è un po’ confusa, tanto che gli stessi magistrati sollevano più di un dubbio sulla veridicità delle dichiarazioni della ragazza. Il racconto di Perla è tutto incentrato intorno a presunti finanziamenti a suo dire poco trasparenti procurati all’ospedale San Raffaele fondato da don Luigi Verzé, il sacerdote novantenne molto vicino a Silvio Berlusconi, e alle sue fondazioni tramite la Commissione del Senato sui Diritti umani presieduta tra il 2001 e il 2006 da Enrico Pianetta, il parlamentare di cui la Genovesi è stata assistente.

I punti della testimonianza della Genovesi sono essenzialmente tre. Il primo riguarda proprio i finanziamenti. La Genovesi racconta di aver saputo di pressioni per far arrivare i soldi a don Verzé, dallo stesso Pianetta. Il racconto di Pianetta risalirebbe al 2006 e le ragioni delle confidenze sono che il senatore del Pdl era incerto della rielezione, che poi ebbe. Racconta Perla ai pm: “Mi disse [Pianetta] che sia Berlusconi che don Verzé gli dovevano la candidatura, gli chiesi il perché e mi disse che erano stati dati parecchi soldi al San Raffaele, o meglio a Don Verzé, destinati alla costruzione di ospedali e non solo, anche nel Terzo mondo”. I numeri ballano e sono talvolta spropositati, tanto da far dubitare i magistrati della reale veridicità delle circostanze. Racconta ancora Perla: “Gli chiesi quanti soldi più o meno si erano intascati grazie a lui, e mi disse che era il valore di una finanziaria”. Forse un po’ troppo.

E qui veniamo al secondo fatto raccontato da Perla. Secondo il racconto della ragazza, lo stesso senatore Pianetta le avrebbe raccontato che i finanziamenti elargiti al San Raffaele non venivano utilizzati interamente per realizzare ospedali, ma venivano spartiti tra Don Verzè e Silvio Berlusconi. Circostanza, tra l’altro, smentita dall’ospedale San Raffaele. “La fetta più grossa ([ei finanziamenti]- racconta ancora Perla nel verbale – oltre a don Verzé, era stata assicurata, non so sotto quale forma, sicuramente non in maniera diretta, al presidente del Consiglio Silvio Berlusconi. Lì io rimasi di stucco. Questi soldi erano dello Stato, e non erano stati utilizzati interamente per queste cose”. La Genovesi poi è più esplicita: “Attraverso alcune delibere della commissione Diritti umani di Palazzo Madama guidata da Pianetta erano stati finanziati progetti per costruire ospedali in Brasile, mi sa anche in altri posti, ma le cose che andavano a fare non erano che una piccola parte. Erano gonfiate”.

Terzo fatto raccontato da Perla Genovesi riguarda una sua assunzione per due mesi all’ospedale San Raffaele. Una assunzione “fantasma” per un totale di diecimila euro. Un contratto di consulenza per studi relativi “al metabolismo regionale di glucosio in oncologia e traduzione di testi dall’italiano all’inglese”. Peccato che Perla è diplomata “come tecnico dei servizi sociali” e ha dichiarato ai pm di “non sapere bene l’inglese”, oltre al fatto di aver ricevuto il compenso dall’ospedale San Raffaele senza averci lavorato nemmeno un giorno.

Racconta la Genovesi ai magistrati: “Pianetta mi disse che avrei preso cinquemila euro al mese per due mesi, in totale diecimila euro”. Perla si accorse però delle mansioni che le erano state teoricamente affidate al momento della firma: “Rimasi un po’ basita. Ma cos’è il glucosio? Chiesi all’impiegato che mi stava facendo firmare il contratto quando avrei iniziato, e dove sarei dovuta andare. L’impiegato mi sembrava alquanto imbarazzato alla mia domanda. Non rispose, abbassò la testa e lì capii che non sarei mai andata a fare quel lavoro”.

Perla racconta di aver ricevuto i soldi tramite bonifici sul suo conto corrente. Il senatore Pianetta gliene chiese una parte, ma lei, ormai, li aveva spesi tutti.