Il ministro più breve della Repubblica. Il record di Brancher in 17 giorni

di Dini Casali
Pubblicato il 5 Luglio 2010 - 13:25| Aggiornato il 14 Luglio 2011 OLTRE 6 MESI FA

La carriera di ministro più veloce della storia si è conclusa il 5 luglio, come nella migliore tradizione dei governi balneari di democristiana memoria. Aldo Brancher è durato 17 giorni sulla poltrona del dicastero della Sussidarietà e del Decentramento. Che poi a ben vedere non è un vero e proprio dicastero, come fece notare la grave nota del Presidente della Repubblica che intimava a Brancher di non pensarci proprio al legittimo impedimento, non almeno con la scusa di organizzare gli uffici di un ministero senza portafoglio. Senza contare che cè ancora chi non ha capito in cosa consista esattamente la doppia attribuzione. In fretta e furia le due paroline erano state inventate per non far arrabbiare Bossi: all’inizio Brancher era stato assegnato al ministero per l’Attuazione del Federalismo, che come noto, è un marchio di rigorosa pertinenza leghista.

Tra nomina e giubilazione volontaria dunque son passati solo 17 intense giornate che hanno avuto il merito di far assurgere a protagonista un personaggio importante ma defilato della corte Berlusconiana. Il 18 giugno Brancher è nominato ministro nel mini-rimpasto che sarebbe dovuto servire a ricomporre non meglio precisati equilibri di maggioranza. Ricomposti a tal punto che Bossi mugugna mentre infuria la polemica sulle deleghe.

Il 24 giugno Brancher, imputato in un filone dell’inchiesta Antonveneta, non ha la minima esitazione nell’avvalersi dello scudo del legittimo impedimento. La richiesta inoltrata al tribunale di Milano induce al sospetto generale che sia diventato ministro proprio per evitare il processo. Dopo una giornata di silenzio Napolitano, il 25 giugno, smonta attraverso una dura nota dal Quirinale, le giustificazioni, peraltro traballanti, addotte da Brancher per sfuggire il processo.

Il 26 giugno, travolto dalle polemiche, Brancher rinuncia al legittimo impedimento. D’ora in poi la carriera di Brancher sembra segnata, anche se il neoministro non ha nessuna voglia di recedere. Il 29 giugno l’opposizione unita presenta una mozione di sfiducia. Il 1 luglio l’ex nazionalalleato Fini, nelle vesti di presidente della Camera e cofondatore del Pdl, spara un siluro contro la non opportunità manifesta della nomina di Brancher.

Un conflitto istituzionale in corso, una poco edificante ribalta mediatica, la fortezza eretta intorno al ministro inizia a cedere, che perde via via ogni appoggio. Il 4 luglio Brancher è convocato da Berlusconi, che non potendolo più difendere oltre, gli consiglia un passo indietro. Brancher, soldato ubbidiente, rimette il mandato di fronte ai giudici di Milano.