I costi della Casta? 6800 partecipate, “mangiatoie” degli enti locali

di Warsamé Dini Casali
Pubblicato il 4 Gennaio 2012 - 10:45 OLTRE 6 MESI FA

ROMA – Stenografi che guadagnano più del re di Spagna, parlamentari in rivolta a difesa dell’indennità, ma i fustigatori della Casta, i reporter/star si sa quanto guadagnano? Più di 100 o 200 mila euro annui? Lordi, netti? Il rischio di puntare il fucile dell’indignazione trasformando i problemi in casi personali, è di perdere di vista i grandi sprechi, sistemici si diceva una volta: il vero scandalo è la busta paga di un numero circoscritto di deputati eletti da noi o, per fare un esempio, le 6847 società partecipate degli enti locali, dove i partiti fanno il bello e cattivo tempo insediando l’amico, il parente, il trombato? Se ne parla, se ne discute da tempo ma quegli 82 miliardi di costo di funzionamento e gestione di queste società, Libero le chiama “mangiatoie comunali”, sono, chissà perché, meno glamour, fanno meno titolo e copertina dello stipendio dell’onorevole.

L’esigenza di contenere i costi della politica non può partire da un cervellotico confronto su impossibili parametri e medie europee. Grandezze non omogenee che non si possono sommare o dividere: lo statistico Giovannini avrebbe forse dovuto dirlo prima di presentare un rapporto che confonde ulteriormente invece di semplificare. E poi, a proposito di casi personali, perché Giovannini, si chiede Il Fatto, ha recapitato discrezionalmente il rapporto prima a Corriere e Repubblica dando buchi alla concorrenza? Per ottenere maggiore indulgenza sui maxi-onorari al ministero della Funzione Pubblica, accusata di poca trasparenza? Un labirinto senza uscita.

Tornando alle mangiatoie comunali. Un terzo di queste società partecipate è costantemente in perdita. Perdite che gravano sulle casse pubbliche per 418.792.000 l’anno. Delle 2600 società in perdita, un terzo non presenta un utile da almeno 5 anni né arriva al pareggio (i bilanci sono aggiornati al 2009). A proposito di trasparenza: solo alcuni presidenti di Regione hanno accolto la richiesta di fornire in dettaglio l’elenco delle partecipazioni indirette. Solo un intervento della Corte dei Conti e dell’ex ministro Brunetta ha impegnato tutti i soggetti ad agire in maniera trasparente, coinvolgendo anche le Camere di Commercio.

Tra queste società troviamo le municipalizzate che si occupano dei servizi essenziali, dal trasporto in città e provincia, alla raccolta dei rifiuti, all’erogazione dei servizi idrici e dell’energia. Poi sviluppo del territorio, edilizia residenziale, cultura. Film commission regionali. Quindi partecipazioni in società autostradali, aeroportuali, termali e di promozione turistica. L’elenco stilato da Libero comprende “parchi, mercati ortofrutticoli, aziende turistiche, incubatori aziendali, consorzi di bonifica, recupero ambientale, conservazione del patrimonio, arte e spettacolo, fiere ecc.”.

Sono tutte le articolazioni possibili del pubblico e delle società miste pubblico-private che non sono né buone né cattive in sé ma sulle quali occorre una vigilanza sui costi di gestione e sulla loro produttività quando non della effettiva utilità. Lì c’è da tagliare o da incrementare, serve un’analisi capillare di spending review, non ce la si può cavare con un paragone suggestivo quanto demagogico su Juan Carlso re di Spagna.