Il Pdl è di Berlusconi. Votato il documento conclusivo: solo 11 i contrari

Pubblicato il 22 Aprile 2010 - 19:23 OLTRE 6 MESI FA

Alla fine Berlusconi ha voluto la conta. Il giorno della verità in casa Pdl, il giorno della Direzione nazionale all’Auditorium della Conciliazione di Roma, apertosi con la rottura totale tra il premier e il presidente della Camera Fini, si è concluso con il voto di un documento pro Berlusconi e contrario alle correnti interne al Pdl.

Il risultato è significativo: la direzione approva il documento finale con solo 11 voti contrari e un astenuto, l’ex ministro dell’Interno Beppe Pisanu. Gli aventi diritto al voto alla Direzione nazionale sono 172. Dati che non lasciano spazio a dubbi: il Pdl è di Berlusconi, Fini e i suoi sono ospiti, neanche tanto graditi, una sorta di ex parenti ormai quasi fastidiosi. Gli 11 contrari sono stati: Italo Bocchino, Carmelo Briguglio, Adolfo Urso, Flavia Perina, Fabio Granata, Silvano Moffa, Andrea Augello, Donato Lamorte, Pasquale Viespoli, Salvatore Tatarella, Cesare Cursi.

«Avrei preferito che dicesse ‘me ne vado’ – ha dichiarato Berlusconi dopo il voto, riferendosi agli scontri con il presidente della Camera – invece non ci pensa proprio: vuole restare e logorarmi. Ma non ho nessuna intenzione di lasciarglielo fare e ora, con il documento approvato dalla Direzione Nazionale, abbiamo lo strumento per sbattere fuori dal partito chi non si allinea alle decisioni».

Eppure Fini rivendica il suo dissenso e la sua opposizione: «Finisce la stagione dell’unanimismo e inizia quella del confronto. Questa è la democrazia» ha dichiarato a conclusione della direzione del Pdl. «Ho detto chiaramente – ha aggiunto Fini – che la minoranza non ha diritto di sabotare ma di discutere nelle sedi opportune, anche se non ho ancora capito quali sono, visto che quella fatta oggi è stata convocata dopo un anno».

Dalle 14 di fuoco, dal momento in cui si è consumato il duro scontro tra il premier e il presidente della Camera Fini, non avevano più parlato gli “ospiti” finiani. Al dibattito di oggi hanno ritirato la loro richiesta di intervento tutti e 22 i “finiani” iscritti. Subito dopo il faccia a faccia con Berlusconi, lo stesso Fini aveva riunito i suoi fedelissimi per oltre un’ora a margine dell’evento, per poi dichiarare di non essere intenzionato a lasciare nè la presidenza della Camera nè il partito. Dalla riunione è emersa poi la decisione che nessuno dei finiani avrebbe più preso la parola dal palco sancendo così la distanza dall’assemblea. Che parliamo a fare dopo che il “capo azienda”, così lo avevano chiamato, ha dato già i suoi ordini? «Il documento è un invito ad andarcene. Ma noi resisteremo», ha dichiarato dopo il voto il finiano Fabio Granata.

I finiani allora restano dentro ma sui provvedimenti relativi alla giustizia forse potrebbe saltare tutto. O su qualche legge “troppo leghista”. Potrebbero mettersi di traverso in Parlamento, ritardare, correggere, forse votare contro.

I finiani restano dopo la mattina dell’astio e delle minacce e il pomeriggio della gogna, o quasi. Un pomeriggio in cui il premier ha dichiarato duramente, rivolgendosi a Fini: «Se fai politica lasci la Camera». Una posizione altrettanto secca quella dell’ex leader di An, che ha rivendicato il suo diritto al dissenso e ha risposto: «Non me ne vado».

Una serata di minacce e dichiarazioni in cui non si sono risparmiati commenti come quello del ministro per l’attuazione del programma Gianfranco Rotondi, che ha rifiutato l’idea di un Pdl senza Berlusconi e ha prospettato l’eventualità proiettandola in un futuro lontanto: «Non so chi sarà il leader dopo Berlusconi – ha detto – noi non ci saremo».

«Il Pdl ha vinto, è il momento di gioire», aveva dichiarato poi il senatore Gaetano Quagliariello, mentre Maurizio Gasparri aveva ricordato la distanza presa in passato da Fini su diversi provvedimenti del partito. «Su Eluana eravamo tutti concordi tranne Fini», ha sottolineato polemicamente il senatore.

Tutti contro Fini allora, e chi non ce l’ha fatta a parlare oggi, certamente parlerà un altro giorno.

Le parole del documento pro Berlusconi che ha coronato il pomeriggio di fuoco non lasciano spazio a dubbi. «La Direzione Nazionale sottolinea la vittoria del centrodestra con un risultato storico» dove «il centrodestra si è confermato maggioranza nel Paese» recita la carta della Direzione Nazionale del Pdl, che definisce «poco comprensibili e pretestuose» le polemiche, punta il dito contro «le ambizioni personali e le correnti» e riafferma fedeltà e «gratitudine» al Cavaliere.

Il senso è chiaro: dissenso sì, correnti no. A Fini dunque resta almeno la libertà di parola nel Pdl. Una libertà vigilata.