Il diritto alla felicità in Costituzione? La proposta (di dicembre) di 30 deputati

di Redazione Blitz
Pubblicato il 28 Marzo 2020 - 10:45 OLTRE 6 MESI FA
Costituzione, Ansa

Il diritto alla felicità in Costituzione? La proposta (di dicembre) di 30 deputati (foto Ansa)

ROMA – Qualche mese fa, un’altra epoca, una trentina di deputati di Fratelli d’Italia avevano presentato alla Camera dei Deputati una proposta di legge costituzionale per introdurre, all’articolo 3 della nostra Costituzione, il diritto alla felicità.

Lo racconta Luca Passarini sul sito salvisjuribus.it.

Si parlava, a dicembre, di una semplice modifica all’articolo 3 (evidenziata in grassetto)

“Tutti i cittadini hanno diritto di essere felici, hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno godimento del diritto alla felicità, lo sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese”.

Un dibattito, quello sul diritto della felicità in costituzione, non proprio così banale.

Lo ricorda lo stesso Passarini:

La  dottrina non è scevra di opinioni contrastanti. Tra le tesi più innovative si possono però individuare autori che sostengono che il diritto alla felicità può sicuramente essere oggetto di un diritto costituzionale. Tra questi autori è palesemente chiaro il pensiero di Gemma che negli anni ha espresso il proprio sostegno a una costituzionalizzazione di tale diritto: “occorre comprendere se un diritto di natura solo morale può valere genericamente nei confronti della società e può presentare un certo tasso di indeterminazione di pretese specifiche, un diritto di carattere legale deve tradursi in pretese puntuali ed in vincoli dello Stato, pertanto si deve predeterminare la funzione che lo Stato possa, in generale, svolgere per la realizzazione del diritto degli individui alla felicità”.

E posta questa domanda preliminare, lo stesso Autore riconosce come sia lo stesso Stato ad avere il compito precipuo di realizzare la felicità individuale, attraverso una serie di interventi, volti a fornire le risorse giuridiche, finanziarie ed istituzionali che consentano o rendano più agevole il raggiungimento di questo obiettivo. L’individuo si trova in questo titolare di un interesse costituzionale alla felicità, più che di un vero e proprio diritto.

(…)

Allo stato dell’attuale dettato costituzionale, quindi nella quasi sicura ipotesi in cui non subisca la revisione di cui si è prospettato poc’anzi, il diritto alla felicità è difficilmente ancorabile ad una precisa disposizione espressa in Costituzione. Lo riconosce lo stesso Gemma per cui la ricostruzione di un diritto costituzionale alla felicità può essere operata agevolmente, ma non desumendolo da altri articoli (…) Seguendo questo ragionamento, la costituzionalizzazione del cosiddetto diritto alla felicità, deducibile dalla normativa costituzionale, non è solamente l’approdo ultimo di una cultura individualistica, ma al contrario diventa una valorizzazione dell’aspetto collettivo e sociale, basato proprio su una “cultura dei doveri”: doveri che – come è comunemente noto – accompagnano i diritti all’interno del nostro testo costituzionale.

Fonte: salvisjuribus.it.