Per il presidente della Camera, Gianfranco Fini, la Turchia non puo’ essere liquidata come un nemico dell’Occidente, ne’ come un partner perduto per la causa della sicurezza d’Israele malgrado le molte frizioni recenti. E’ questo il messaggio trasmesso da Gerusalemme.
Giunto ieri nella regione per una visita di tre giorni che domani lo portera’ anche in Cisgiordania, a colloquio con il presidente e il premier dell’Autorita’ nazionale palestinese (Anp), Abu Mazen e Salam Fayyad, Fini ha avuto incontri a tutto campo con i vertici israeliani.
Passando in rassegna i temi piu’ caldi dello scacchiere mediorientale: dalle preoccupazioni per un processo di pace che langue alle ripercussioni del sanguinoso blitz israeliano contro la nave turca Mavi Marmara; dal paventato arrivo di altre flottiglie intenzionate a sfidare il blocco navale della Striscia di Gaza al ”lungimirante allentamento” dell’embargo terrestre deciso da Israele nei confronti dell’enclave palestinese controllata da Hamas; dalle comuni inquietudini legate al dossier nucleare iraniano (un Paese ”in procinto di avere l’arma atomica” le cui minacce all’esistenza dello Stato ebraico ”non vanno banalizzate”, ha detto Fini) alla sensazione israeliana di non vedere ”le proprie ragioni” comprese dal mondo, occidentale e non.
Temi che la terza carica dello Stato ha affrontato con il premier Benyamin Netanyahu (Likud, destra) subito dopo il suo arrivo e che ha ripreso oggi con il ministro degli Esteri Avigdor Lieberman, con lo speaker della Knesset e suo omologo Reuven Rivlin, con la leader dell’opposizione centrista Tzipi Livni (Kadima). E che – dopo la tappa della memoria allo Yad Vashem, il museo memoriale della Shoah che nel 2003 gli aveva ispirato le parole sul fascismo ”male assoluto” della storia – discutera’ domani anche col presidente Shimon Peres, prima di spostarsi a Ramallah sul fronte palestinese.
Accolto con espressioni di calorosa amicizia alla Knesset, Fini si e’ richiamato ai ”comuni valori di democrazia e liberta”’ fra Italia e Israele e si e’ visto confermare ”il giudizio lusinghiero” sulla politica italiana di sostegno allo Stato ebraico nei ”momenti salienti”. Ma non ha mancato di pungolare gli interlocutori israeliani sul tema, divenuto urticante negli ultimi mesi, dei rapporti con la Turchia: lasciando intendere di non condividere il diffuso convincimento della leadership di Gerusalemme secondo cui la recente vicenda della flottiglia e l’asserito ”avvicinamento di Ankara a Teheran” rappresenterebbero una prova del fatto che la Turchia ”non dia piu’ garanzie rispetto alla sicurezza di Israele”.
O addirittura che il governo di Tayyip Recep Erdogan preferisca ormai fare sponda ”all’asse del male” – come ha sostenuto polemicamente nel suo indirizzo di saluto lo speaker Rivlin – piuttosto che all’Occidente. Una visione alla quale Fini contrappone la consapevolezza della necessita’ di un maggiore impegno per tenere aperto il dialogo. A cominciare dall’Ue, cui il presidente della Camera chiede di uscire dall’incertezza e dai ripensamenti e di non lasciare Ankara in ”un limbo”: dando di l’impressione di voler tenere adesso chiuse le proprie porte alla Turchia – dopo aver a lungo promesso una sorta di ”nulla osta”, seppure in una prospettiva di tempi non brevi – solo perche’ si tratta di ”un grande Paese musulmano”.