L’ex ministro Lunardi fece finanziare il restauro di un palazzo di Propaganda Fide: troppi soldi secondo la Corte dei Conti

Pubblicato il 21 Giugno 2010 - 10:16 OLTRE 6 MESI FA
cardinale sepe

Crescenzio Sepe

L’ipotesi dei magistrati di Perugia, ricostruita sul Corriere della Sera da Fiorenza Sarzanini e Marco Imarisio, è che il ministero delle Infrastrutture abbia favorito alcuni lavori nei palazzi di Propaganda Fide (lavori peraltro mai terminati) e che l’ex ministro Pietro Lunardi abbia avuto in cambio dalla congregazione vaticana una casa a prezzo ultra vantaggioso. L’allarme era stato lanciato dalla Corte dei Conti nel 2007 ma era rimasto inascoltato.

Sia Lunardi che il cardinale Crescenzio Sepe (all’epoca dei fatti prefetto di Propaganda Fide) sono indagati per corruzione. I magistrati starebbero indagando sull’assunzione di un nipote dell’arcivescovo di Napoli presso l’Anas, un’azienda che dipende dal ministero. L’arcivescovo di Napoli sarà ascoltato dai magistrati che si occupano dell’inchiesta Grandi Eventi, ma il Vaticano ha già fatto sapere che dovranno essere rispettate le norme previste dal Concordato tra lo Stato italiano e il Vaticano.

L’episodio che ha fatto sorgere il dubbio che qualcosa non andasse ai giudici umbri è il restauro di un palazzo di Propaganda Fide in piazza di Spagna: era il 2005 e per questo lavoro il ministero stanziò un finanziamento di 2,5 milioni di euro. Una cifra che la Corte dei Conti non esitò a definire “incongrua” perché destinata ad una proprietà vaticana, e quindi edificata in un’area che non competeva allo Stato italiano. I due cronisti del Corriere spiegano però che il ponteggio per i lavori era stato montato davanti al palazzo già nel 2003: come progettista venne designato l’architetto Angelo Zampolini, che nell’inchiesta sui Grandi Eventi è venuto alla ribalta per essere uomo “di fiducia” di Diego Anemone (fu lui ad esempio a versare i soldi destinati all’acquisto della casa dell’ex ministro Scajola). La ditta che vinse la gara fu invece la Carpineto, che i Ros dei carabinieri hanno recentemente definito “vicina” ad Angelo Balducci, ex Provveditore alle Opere Pubbliche e altro esponente di spicco della “cricca”.

Ma i lavori del palazzo di Piazza di Spagna stentavano a decollare, e nel 2004 fu smontato il primo ponteggio. Ed è qua, secondo la ricostruzione di Imarisio e della Sarzanini, che entrò in gioco Lunardi: fu infatti l’allora ex ministro a firmare il decreto con cui vennero stanziati i 2,5 milioni necessari per il restauro. Per giustificare il finanziamento statale, i lavori furono fatti rientrare tra gli “interventi in materia di spettacolo ed attività culturali”. In questa occasione entrò in scena per la prima volta la Arcus, spa governativa che si occupa di ediliza culturale.

Ed è proprio la Arcus al centro dell’interesse dei giudici di Perugia: infatti la Corte dei Conti nel 2007 certificò in una relazione che le decisioni della Arcus erano in realtà prese “dai vertici dei ministeri” perchè la società non aveva un regolamento attuativo e quindi le decisioni “non erano ispirate apparentemente a principi di imparzialità e trasparenza”. Dei 26 lavori deliberati dal Arcus (per una spesa totale di 24,70 milioni di euro), il più costoso sarebbe stato appunto il restauro della palazzina di Propaganda Fide. E’ questo il motivo che farebbe crescere negli inquirenti il sospetto che Lunardi abbia ricevuto qualcosa in cambio dalla congregazione religiosa.

Ma questi non sono gli unici sospetti che coinvolgono Propaganda Fide. Imarisio e la Sarzanini sottolineano infatti che tra il 2001 e il 2005 furono eseguiti lavori in diverse proprietà del Vaticano e la ditta che lavorò più di tutte fu quella di Anemone.

Durante l’interrogatorio a cui è stato sottoposto, Lunardi ha tirato in ballo poi altri due personaggi che sono già emersi dalle carte dell’inchiesta: secondo l’ex ministro infatti, le proprietà di Propaganda Fide erano in qualche modo “gestite” da Balducci, da Pasquale De Lise, ex presidente del Tar del Lazio e neopresidente del Consiglio di Stato, e dall’avvocato Patrizio Leozappa. Proprio De Lise nel 2009 rigettò un provvedimento che favorì il Salaria Sport Village (la struttura riconducibile ad Anemone nella quale Guido Bertolaso avrebbe ricevuto i famosi “messaggi”).