P4, Papa si difende: “Io perseguitato, è una vendetta”

Pubblicato il 7 Luglio 2011 - 00:00 OLTRE 6 MESI FA

ROMA – Il deputato del Pd Alfonso Papa si difende in Giunta per le Autorizzazioni della Camera dalle accuse che gli sono state mosse dai magistrati campani nell’ambito dell’inchiesta sulla P4. Ma intanto si autosospende dalle commissioni di cui è componente: la Giustizia e l’Antimafia. Il suo coinvolgimento nella vicenda giudiziaria che ha portato all’arresto di Luigi Bisignani è solo, a suo dire, una sorta di ”vendetta postuma” ordita dagli ex colleghi magistrati nei suoi confronti. Lui, si giustifica, aveva difeso Agostino Cordova quando era alla guida della Procura di Napoli e questo, ”loro”, ancora non riuscirebbero a perdonarglielo.

Così, afferma Papa nelle sue 9 pagine di memoria difensiva depositate in Giunta, sarebbe stato pedinato, spiato e intercettato ”in maniera illegale” visto che lui ora è un deputato e per far questo avrebbero dovuto chiedere un’autorizzazione a Montecitorio. Papa, nel suo affondo contro la procura di Napoli, fa i nomi e i cognomi di quelli che a suo dire avrebbero messo in piedi questa ”caccia all’uomo” contro di lui. E li cita tutti spiegando il motivo del supposto rancore: John Woodcock, Francesco Curcio, Luigi de Magistris, Vincenzo Galgano, Paolo Mancuso e Umberto Marconi.

L’opposizione protesta per questo “j’accuse” dicendo che ha solo sparato a zero contro i suoi ex colleghi, senza però entrare nel merito dei fatti che gli sono stati contestati. ”La nube tossica – commenta Federico Palomba (Idv) – gettata contro i Pm di Napoli non riesce a coprire il sole dei fatti”. La realtà, interviene Donatella Ferrati (Pd), e’ che Papa non prende in considerazione il fatto che un ”Gip terzo” abbia già vagliato e fatto proprie le accuse della Procura confermando la richiesta all’arresto.

Il Pdl, che in un primo momento sembrava intenzionato a non fare quadrato per salvare l’uomo che secondo le intercettazioni avrebbe fatto pressioni su ”mezzo partito” usando metodi definiti dagli stessi inquirenti ”ricattatori”, ora sembra più determinato a sostenerlo. La circostanza sulla quale si è aperta la riflessione, soprattutto dopo la riunione di gruppo di martedì sera alla presenza del neo-segretario del partito Angelino Alfano, è che se si dicesse sì all’arresto si creerebbe un pericoloso ”precedente” e si darebbe ”consistenza” e ”autorevolezza” ad un’inchiesta che invece risulta scomoda ai più.

Anche la Lega, dopo la presa di posizione dei giorni scorsi di Bossi (”voteremo sì all’arresto”), sembra assumere posizioni un po’ più soft. Il leghista in giunta Luca Paolini spiega che lo scenario delineato da Papa oggi ”offre spunti interessanti sui quali si dovrà riflettere”. Così la maggioranza, dopo aver ottenuto il ‘mezzo passo indietro’ di Papa sulle commissioni ”ma non dal partito nè dal gruppo” sembra intenzionata ad allungare i tempi dell’esame, come osserva Palomba.

Ma quella che è già stata definita la ”tattica dilatoria” del Pdl si dovrà scontrare con le opposizioni. I 30 giorni di tempo che il Regolamento della Camera affida alla Giunta per esaminare un caso sono da considerarsi, per il presidente della Giunta Pierluigi Castagnetti, un termine ”perentorio”. Non è così, però, per il centrodestra che non vedrebbe male una proroga. Eppure, secondo quanto si apprende, anche ai piani alti di Montecitorio si starebbe pensando di affrontare il caso entro la pausa estiva. Già è arrivata in Giunta, infatti, un’altra grana: la richiesta del Gup dell’Aquila di usare le intercettazioni del coordinatore del Pdl Denis Verdini ordinate nell’ambito dell’inchiesta sul G8.