Pci e Msi erano spiati dal Sid e Moro conosceva tutti i loro segreti

Pubblicato il 20 Ottobre 2010 - 10:02| Aggiornato il 1 Agosto 2011 OLTRE 6 MESI FA

Aldo Moro

Il Pci e l’Msi erano spiati dai servizi segreti italiani, questo è quanto emerge da alcuni documenti conservati all’Archivio centrale dello Stato di Roma e indirizzati all’allora presidente del consiglio Aldo Moro. I documenti erano segretati e sono datati 19 giugno 1967, 5 maggio 1969 e 3 marzo 1970 e sono stati giudicati di grande interesse storico da Armando Cossutta, esponente di spicco dell’ex Pci, sia dall’ex senatore An Franco Servello, ex federale del Movimento sociale a Milano.

Alla luce dei sospetti di spionaggio della vita politica sollevati da Massimo D’Alema, presidente del Copasir, durante l’audizione del generale Adriano Santini, direttore del servizio segreto militare Aise,  le “veline” prodotte dall’ammiraglio Eugenio Henke, l’allora direttore del Sid, svelano che comunisti e missini erano spiati con regolarità dall’intelligence italiana.

“Dalla mia esperienza politica passata  so che attività di spionaggio avvenivano nei confronti del Partito comunista. Sappia quindi che oggi, se ci fosse qualcosa che non va nei servizi, me ne accorgerei”, ha spiegato D’Alema al generale Santini. Ma il presidente del Copasir non è l’unico a sostenere che ci siano in atto attività di spionaggio, infatti Italo Bocchino, capogruppo alla camera di Fli, ha denunciato pubblicamente di essere stato pedinato dal controspionaggio dell’Aise la scorsa primavera e presunte attività di spionaggio avrebbero interessato anche il ministro dell’Interno Roberto Maroni.

Nella velina del 1967 veniva monitorata “l’azione propagandistica dell’estrema sinistra e dell’estrema destra che ha colto spunti offerti da episodi scandalistici per creare fermenti e correnti di opinione contro le pubbliche istituzioni”, e il Sid sottolineava come il Pci “in tempo di pace tende ad acquisire il controllo delle masse attraverso una costante alimentazione dell’odio di classe, e attivizzando le organizzazioni di base politiche e sindacali per raggiungere una piattaforma comune per l’azione insurrezionale”, mentre “in tempo di guerra realizzare l’immediato condizionamento psicologico della Nazione e del Governo contro un conflitto armato attraverso l’esasperazione della piazza e, quindi, la strumentalizzazione dei moti popolari per conquistare il potere o, in caso di impossibilità, per iniziare la guerriglia”.

Il Sid dunque sospettava che il partito comunista potesse guidare una guerriglia, e indicava tra i possibili alleati “gli organismi fiancheggiatori dell’Ampi” e il supporto della Cgil, oltre al fatto che potevano contare su un bilancio annuale di 15 miliardi di vecchie lire. Era inoltre noto che all’interno del partito “esiste un apparato clandestino dei quadri predesignati a sostituire gli organi centrali in caso di emergenza con compiti politico-militari – e aggiunge – una sorta di servizio segreto del Pci che può inquadrare non meno di 300 mila unità tratte dalle leve più giovani degli iscritti e godere dell’appoggio degli altri militanti nell’attività eversiva”.

Sebbene l’Msi di Giorgio Almirante secondo i servizi di Henke non destasse allarme “ai fini di una seria azione eversiva, sia per la scarsa consistenza numerica, sia per le finalità nazionali che si propongono nonché per l’attuale assenza di legami con potenze straniere”,  anche il partito di destra era regolarmente spiato poiché “rilanciando tematiche ispirate a ideologie nazionaliste, ha potuto raccogliere oltre ai superstiti quadri del fascismo, qualche migliaio di giovani influenzati da possibilità di controbattere il comunismo”.

Tutti i segreti del partito di destra erano custoditi dal Sid, che indicava la provenienza dei finanziamenti dagli ambienti industriali e imprenditoriali, e concludeva la prima “velina” con considerazioni politiche di carattere filogovernativo: “Oggi non sussistono le premesse che facciano ritenere possibile un grave attentato alla sicurezza dello Stato. Peraltro un evento di pericolo si potrebbe determinare in conseguenza di un mutamento delle presenti condizioni di equilibrio interno, sostenuto dalla formula di centrosinistra in atto”.

Nella secoda “velina” datata 5 maggio 1969 il destinatario era sempre Moro, sebbene non rivestisse incarichi in quel periodo, ed Henke riferiva come il Pci avesse costituito dei gruppi segreti nelle sezioni di partito delle principali città del Nord, potendo così contare per servizi d’ordine e di difesa del partito “da attacchi condotti da elementi di estrema destra”, ma anche per “eventuali azioni contro sedi di partiti e gruppi di attivisti di estrema destra” e “azioni contro le forze di polizia e le Forze Armate nel caso di interventi in ordine pubblico ritenuti eccessivi”, concludendo poi il documento con la considerazione che “queste Brigate dovrebbero rappresentare i primi nuclei intorno ai quali verrebbero rapidamente costituiti più grossi reparti per reagire a un eventuale “colpo di Stato” concordato tra le FF. AA. e le correnti di destra dei partiti di Governo”.

Di carattere telegrafico invece il terzo documento del 3 marzo 1970, che riferiva di una spia interna al partito comunista: “Fonte fiduciaria solitamente attendibile riferisce che la Direzione Centrale del Pci, in coincidenza della rinuncia dell’incarico dell’onorevole Rumor, ha disposto il piantonamento delle sedi regionali, provinciali e di zona del partito, per tutto il periodo della durata della crisi governativa. Ha inoltre chiesto la segnalazione della presenza, fuori ordinaria residenza, di ufficiali dei carabinieri e della Ps”. Il panorama politico italiano era dunque attentamente osservato dall’occhio vigile del Sid e tutti i suoi segreti erano custoditi da Aldo Moro.