Pd, da un terzo a un quarto d’Italia

Walter Veltroni si è dimesso, per davvero. Al mattino era stato un atto dovuto, non di sola forma ma non necessariamente di sostanza. A sera era un addio che sarà effettivo tra qualche settimana o qualche mese ma che è ormai sancito. Ora il Pd, oltre che un elettorato, deve cercarsi un laeder e un programma politico. Ora, con le elezioni europee ed amministrative di mezzo.

Si aspetta e si invoca un congresso, difficile da celebrare prima del voto. Ipotesi: il Pd recupera e marca una sua identità e caratteristica di partito di sinistra. In questo caso recupera anche la possibilità di alleanze a sinistra ma perde almeno una parte di coloro che vengono dalla Margherita e perde quella che era stata chiamata la sua vocazione maggioritaria, cioè governare non da solo ma non solo di compromessi di coalizione come toccò in cattiva sorte a Prodi.

Oppure insiste e rilancia sulla sua natura riformista, ma con l’handicap di una caduta di credibilità interna ed esterna. Come che sia, ciò che appariva audace e improbo partendo da un partito di un italiano su tre, viaggia oggi sulle spalle ben più gracili di un partito di un italiano su quattro.

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