Gianfranco Fini non lascia il Pdl ma avverte che non ha nessuna intenzione di stare in disparte nè di stare zitto perché, dice, “è il momento di rischiare”. Poi lancia un avvertimento a Berlusconi: resto – dice – ma lui accetti il dissenso. Dunque incassa l’appoggio di una cinquantina tra deputati e senatori ex An che firmano un documento in suo sostegno.
Nessuna scissione quindi nel Pdl, semmai Fini punta sulla “terza via”, quella della creazione di una corrente minoritaria all’interno del Pdl. E oggi, durante la riunione a Montecitorio nella sala Tatarella, ha appunto compattato i suoi “fedelissimi” che hanno sottoscritto un documento a suo sostegno in vista della Direzione di giovedì.
Si profila una “separazione in casa” Pdl, quindi, ma niente di più. La corrente dei finiani, però, si appresta a non essere una minoranza silenziosa. Lo stesso Fini, annunciando di non voler andare alle elezioni e non voler uscire dal partito non tace. Chiarisce subito che “chi ha interpretato il mio pensiero in questi giorni parlando di scissioni o di elezioni anticipate ha solo incendiato il dibattito” e che lui non ha “nessuna intenzione di togliere il disturbo né di stare zitto”.
Poi si toglie qualche sassolino dalla scarpa. Il Pdl, inizia a dire leggendo il documento che presenterà giovedì in Direzione, “è un progetto politico riuscito solo in parte”, il problema “non è di poltrone o di potere”, la questione è che “c’è una scarsa attenzione alla coesione sociale del Paese” e il motivo è da ricondurre “al rapporto con la Lega”. I suoi annuiscono e applaudono e alla fine in circa 54 sottoscrivono in blocco il suo “manifesto”, supportando la sua candidatura giovedì come leader della corrente minoritaria.
In sala ci sono, tra gli altri, Baldassarri, Siliquini, Laboccetta, Menia (che polemizza con Bocchino), Barbareschi, Tremaglia, Granata, Napoli, Bocchino, Ronchi, Paglia e Urso. Alla riunione erano presenti in 54 ma, riferiscono fonti finiane, c’erano anche alcune ulteriori deleghe per esprimere fiducia a Fini. Molti sono invece i nomi illustri che hanno prese le distanze dal loro ex leader: La Russa, Gasparri, Alemanno, solo per citarne alcuni. Lui scivola sulla questione: “La componente che viene da An sarebbe dovuta restare unita, ma invece è andata diversamente”.
Il presidente della Camera afferma: “Ci sono dei momenti in cui bisogna guardarsi allo specchio. Decidere se si è disposti a rischiare per le proprie idee. Questo è il momento. Questa è una fase complicata, non ce la facevo più a porre sempre le stesse questioni al presidente del Consiglio”. Perché, dice, “il mio spirito è costruttivo, ma anche un minimo di dignità è doveroso”.
E le questioni Fini le elenca l’una dopo l’altra. A partire dalla mancanza di “proposte precise”, ai contrasti “politici e non personali” con Tremonti, al rapporto con la Lega. “Non ho posto questioni di organigramma – dice – ma è innegabile che Lega, allegato importantissime e leale, sia anche in questo momento il dominus”. Poi ancora: il dibattito interno al Pdl “non è una riproposizione di attriti con Tremonti che anzi ha fatto un ottimo lavoro e senza di lui saremmo come la Grecia”.
Il presidente della Camera esprime anche il disagio di stare in un partito in cui si dice, come ha fatto Berlusconi, che i libri di Roberto Saviano fanno un favore alla mafia: “Come è possibile dire che Saviano – si chiede Fini – con il suo libro ha incrementato la camorra? Come si fa a essere d’accordo? Nessuno nega che Berlusconi sia vittima di accanimento giudiziario, ma a volte dice delle cose sulle quali è difficile convenire…”.
Guarda alla direzione del Pdl di giovedì, il presidente della Camera. Se da quell’appuntamento uscirà “una pattuglia minoritaria in polemica con la maggioranza significa che ci sarà un confronto aperto”. Ed allora, continua Fini, si aprirà “una fase nuova”. Che, porterà con sè un interrogativo ancora irrisolto: “Il dissenso interno può esistere o siamo il partito del predellino? Sarà il momento della verità, un momento anche delicato. Spero che Berlusconi accetti che esista un dissenso, vedremo quali saranno i patti consentiti a questa minoranza interna”.
Poi Fini cita Ezra Pound: “Se un uomo – dice – non è disposto a lottare per le sue idee, o le sue idee non valgono nulla, o non vale nulla lui. Il Pdl lo avevamo immaginato diverso e ci sono fasi nella vita in cui biosgna sapersi guardare allo specchio. Io voglio poter dire le cose che penso – dice poi Fini – senza essere accusato di tradimento. Il Pdl deve essere libero e non può essere il partito del predellino”.
Documento dei “finiani” di supporto a Fini. “In merito alle polemiche che l’incontro tra Fini e Berlusconi ha suscitato nei media e nell’opinione pubblica, riteniamo necessario esprimere solidarietà a Gianfranco Fini, contro il quale sono stati espressi giudizi ingenerosi con toni a volte astiosi”. E’ quanto si legge nel documento di sostengno all’ex leader di An sottoscritto dai parlamentari riuniti da Fini nella Sala Tatarella della Camera.
“Per parte nostra riteniamo che le questioni poste da Fini meritino un approfondimento e una discussione attenta nelle competenti sedi di partito. Nel corso della Direzione di giovedì prossimo sarà lo stesso presidente della Camera a chiarire le sue proposte, aprendo un dibattito che ci consentirà di articolare e aggiornare un progetto di rilancio del Pdl, aperto alla partecipazione di tutte le componenti del partito”.
“La prospettiva di un’escalation – si legge ancora – e anche il solo parlare di scissioni e di elezioni anticipate, risultano incomprensibili per noi e per l’opinione pubblica che invece si aspetta una fase più incisiva del’azione del nostro governo”.
“Bisogna quindi – si legge infine – riportare il confronto su un piano costruttivo, isolando quanti, più o meno consapevolmente, stanno in queste ore lavorando per destabilizzare il rapporto tra i cofondatori del Pdl. Per questi motivi confermiamo la fiducia a Fini a rappresentare tali istanze”.
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