ROMA, 6 OTT – Oggi evocato da Giorgio Napolitano, fu il primo governo di transizione nella storia della Repubblica italiana: era l’agosto del 1953 quando il democristiano Giuseppe Pella, gia’ ministro degli Esteri e del Bilancio, uomo lontano dai giochi delle correnti, ricevette l’incarico di formare il governo dal presidente della Repubblica Luigi Einaudi. Pella ebbe l’incarico vista l’impossibilità di dar vita a un governo guidato da De Gasperi, che era stato battuto in Parlamento.
La Dc era in forte difficoltà in seguito al ”flop” della legge truffa nelle elezioni del 7 aprile 1953. Il premio di maggioranza, che doveva assegnare alla coalizione di centro i due terzi dei seggi, non scattò per una manciata di voti, e la Dc si ritrovò ridimensionata e in balia dei suoi alleati, con una forte conflittualità tra i suoi leader di corrente.
Pella ebbe l’incarico di dar vita a un governo ”balneare”, nell’attesa che cessassero le ostilità tra i big del partito. In aula il suo governo monocolore raccolse ampi consensi: lo votarono i partiti di centro e i monarchici, il movimento sociale si astenne. I socialisti di Pietro Nenni, pur votandogli contro insieme al Pci, promisero che lo avrebbero giudicato volta per volta. Toccò a Pella affrontare la crisi di Trieste, città che, dal dopoguerra, non era stata ancora restituita all’Italia.
Pella, nonostante le perplessità di De Gasperi, scelse la linea dell’intransigenza, che non dispiaceva alla destra ma nemmeno a Nenni: arrivò a schierare reparti armati pronti a intervenire contro la Jugoslavia di Tito, che premeva per annettersi l’Istria e voleva che Trieste restasse sotto un’amministrazione internazionale.
Si dimise nel gennaio del 1954, per il no della Dc del consolidamento dell’alleanza con la destra monarchica e del movimento sociale alla quale Pella stava lavorando. Trieste tornò all’Italia il 26 ottobre 1954, mentre l’Istria andò alla Jugoslavia.