Politica dell’insulto, Stracquadanio e Santanchè rispondono al Corriere: “Magris guardi alle volgarità di sinistra”

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Giorgio Stracquadanio

Dopo Daniela Santanchè risponde anche Giorgio Stracquadanio. A passare come paradigma della “politica dell’insulto”, insomma, non ci sta nessuno. La polemica inizia qualche giorno fa con un commento di Claudio Magris sul Corriere della Sera, che BlitzQuotidiano ha segnalato nella sua rubrica “Articolo del Giorno”.

L’editorialista, con un trascorso in Parlamento tra il 1994 e il 1996, analizza con amarezza il dilagare della volgarità e dell’uso dell’insulto in politica e cita, tra gli altri, Daniela Santanchè e Giorgio Stracquadanio. Apriti cielo. Risponde, nel giro di 24 ore proprio la Santanchè accusando Magris (“uno che ha sfiorato il premio Nobel”) di voler ripristinare censura e metodi medievali. Soprattutto il giornalista metterebbe “sul rogo” solo politici di centrodestra tacendo le volgarità dei vari D’Alema (contro Sallusti) e Bersani (Gelmini rompicoglioni).

Lunedì 23 agosto scende invece in campo Stracquadanio, il Parlamentare che, contro Fini, invocò la “cura Boffo”: “A Magris non contesto l’attacco che mi rivolge, ma la sua scarsa conoscenza della storia politica italiana” spiega nella sua replica il deputato Pdl che, quindi si lancia in una serie di insulti di altri tempi o presunti tali.

“Voglio ricordare a Magris — scrive Stracquadanio al Corriere della Sera — che proprio il mondo comunista a cui egli è vicino ha per primo inaugurato l’uso dell’insulto come strumento di comunicazione politica popolare. Ricordo soltanto uno straordinario episodio del 1963. Quell’anno, alle elezioni, la Dc si presentò con un manifesto elettorale in cui campeggiava su uno sfondo azzurro intenso una bella ragazza vestita di bianco e sotto era scritto lo slogan: «La Dc ha vent’anni». A questo manifesto i comunisti incollavano una striscia su cui era scritto, con gli stessi caratteri grafici, «Ed è già così puttana». Sembra che la geniale trovata propagandistica fosse di Giancarlo Pajetta, un uomo che non ha risparmiato veemenza verbale. Allo stesso modo con cui Fortebraccio, sull’Unità, distruggeva gli avversari con insulti sarcastici. Proverbiale rimane quello dedicato ad un segretario dello Psdi: «Si aprì la porta e non entrò nessuno: era Cariglia»”.

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