Primarie, “pranzo indigesto” per Bersani. Letta: “Vasto, foto vecchia”

Pubblicato il 5 Marzo 2012 - 20:41 OLTRE 6 MESI FA

ROMA – “Le primarie non sono un pranzo di gala”. Pierluigi Bersani all’angolo, tira fuora Mao Tse Tung. Ma il pranzo primarie, per il Partito Democratico, è sempre più indigesto. A Palermo, dopo Genova, arriva un altro schiaffone alla dirigenza: la vittoria, amarissima per Bersani, di Fabrizio Ferrandelli, ex dipietrista allontanato dall’Idv, che ha avuto la meglio su Rita Borsellino.

Un centinaio di voti di differenza, non di più. Con inevitabili discussioni e riconteggio e con altrettanto inevitabili sospetti visto che Striscia la Notizia dice di avere la prova di pratiche clientelari che avrebbero inquinato il voto.

Sta di fatto che questi cento voti pesano come macigni perché ancora una volta non è bastata la candidatura “ufficiale” e non è bastato neppure il “brand” Borsellino. E men che meno è bastato il sigillo dell’Idv e di Sel di Nichi Vendola per portare la Borsellino a correre per Palermo.

Così, se possibile, Antonio Di Pietro per una volta mastica amaro quanto Bersani. Anche perché, il 29 febbraio, il leader Idv era stato “profeta di sventura”. Credeva di parlare al telefono con Nichi Vendola, invece era uno scherzo telefonico, organizzato da Radio Dimensione Suono. Di Pietro, però, col falso Vendola si lascia andare: “Paradossalmente dobbiamo dare una mano al segretario del Pd, perché lo stanno sfasciando.  Adesso vediamo domenica cosa succede a Palermo, non vorrei che vince quello che è uscito da me (Ferrandelli, ndr) e noi…”. Esattamente quello che è accaduto.

Il problema politico, però, è soprattutto per Bersani. Perché quella di Palermo è una sconfitta che si va ad aggiungere a quella fresca di Genova, a quella di Piacenza e a quelle, ancora brucianti,  di Napoli e Milano.

“La foto di Vasto è il passato, la gente vuole altro” è la posizione di Enrico Letta. “Non so cosa c’entra Vasto” è la replica stizzita di Bersani.  Mentre Ignazio Marino si limita a dire che le primarie sono uno “strumento da affinare”. Il segretario snocciola citazioni e numeri. Ricorda che il Pd ha vinto le primarie 18 volte su 23. Ma sono le sconfitte quelle che contano: Milano, Napoli, Genova e Palermo. Solo Fassino, a Torino, si è “salvato”.

Il nodo, per Bersani,  resta sempre quello delle alleanze con l’ala vicino a Veltroni e Letta che spinge per rompere con Di Pietro e Vendola in nome di un governo sul modello Monti o almeno con il terzo Polo. E l’area ‘laburista’ che non vuole rinunciare al centrosinistra tradizionale. E cosi’ Bersani ha un bel dire che ”Palermo con la foto di Vasto non c’entra nulla” e che, se problemi nel capoluogo siciliano ci sono stati, riguardano la fronda interna filo-Lombardo di Giuseppe Lumia e Antonello Cracolici che hanno candidato, di fatto contro il partito, l’ex consigliere Idv Fabrizio Ferrandelli e che ora aspettano l’assemblea del partito per sfiduciare il segretario regionale Giuseppe Lupo.

In tanti, pero’, vedono nella sconfitta di Rita Borsellino, la candidata di Pd-Idv e Sel, il segno della fine della foto di Vasto e la prova che, sostiene Letta, ”i nostri elettori e militanti a Palermo ci hanno chiesto altro, un accordo di altro genere, che guardi al centro”. Un addio al passato e’ necessario anche per i veltroniani che chiedono un confronto interno perche’, sostiene Paolo Gentiloni, ”le ragioni della sconfitta alle primarie sono locali ma il problema e’ nazionale”. La minoranza, guidata da Veltroni, scioglie gli indugi e va all’attacco: ”Quale’ la proposta di governo del Pd? – chiede Giorgio Tonini – Forse e’ arrivato il momento di parlarne in direzione”.

Direzione che, fanno sapere dal partito, era gia’ stata convocata prima di Pasqua. Ma la lunghezza di marcia di Bersani resta la stessa. Se per il suo vicesegretario ”dopo Monti tutto e’ cambiato”, per il leader lo schema resta lo stesso: ”Con il centrosinistra abbiamo vinto a Torino, a Milano, a Bologna. Non credo ci siamo sbagliati e abbiamo vinto 18 primarie su 23. Il tema e’ non arroccarsi e rivolgersi ai moderati ma questo non c’entra con Palermo”. E separa vicende locali da quelle nazionali anche Pier Ferdinando Casini, che difende il segretario Pd: ”Credo che anche prima il Pd dovesse guardare ai moderati, un accordo forte tra moderati e riformisti serve al paese  e percio’ tengo al rapporto con Bersani che rappresenta l’anima moderata e riformista del centrosinistra”.