Dopo il nucleare, in forse anche il referendum sull’acqua

Pubblicato il 22 Aprile 2011 - 10:07 OLTRE 6 MESI FA

ROMA – Dopo quello sul nucleare ora rischia di saltare anche il referendum sull’acqua. Come è già stato a inizio settimana per la costruzione di nuove centrali nucleari, il governo vorrebbe procedere con un intervento legislativo ad hoc per evitare di fatto, sul filo di lana, anche il voto sulla privatizzazione dell’acqua. Lo ha detto chiaramente il ministro dello Sviluppo Economico Paolo Romani a Radio Anch’io: “Su questo tema, di grande rilevanza, sarebbe meglio fare un approfondimento legislativo”. Sulla stessa lunghezza d’onda si era già espresso il sottosegretario Stefano Saglia.

Anche questa mossa, come quella sul nucleare, potrebbe essere letta come un tentativo del governo di “salvare Berlusconi” dalla possibilità che il legittimo impedimento venga cancellato. Nella tornata referendaria del 12 e 13 giugno, infatti, tre dovevano essere i quesiti: uno sul referendum, uno sulla privatizzazione dell’acqua e uno sul legittimo impedimento. Sull’onda del disastro di Fukushima i sondaggi avevano detto a Berlusconi che il 54% degli italiani sarebbe andato a votare, assicurando così il quorum anche per gli altri due quesiti. Il 19 aprile allora il governo ha deciso: via i provvedimenti per preparare le centrali, via il referendum. Ora però il timore di Berlusconi e i suoi è ancora presente. Anche la privatizzazione dell’acqua smuove infatti le coscienze di molti e il governo potrebbe avere timore che, anche con un quesito in meno, si raggiunga il quorum, utile perché il voto sia valido e, eventualmente si possa abolire il legittimo impedimento.

Tornando all’acqua, la decisione ha sollevato le proteste del comitato “2 Sì per l’Acqua bene comune”: “I referendum sull’acqua – spiegano i promotori – hanno ottenuto le firme di un milione e quattrocentomila cittadini. Una straordinaria mobilitazione che – si legge in una nota – chiede l’uscita dell’acqua dal mercato e dei profitti dall’acqua» e «che vuole la tutela condivisa di un bene comune essenziale e di un diritto universale”. “Mentre tentano lo scippo del referendum sul nucleare – è l’allarme – il governo e i poteri forti di questo Paese vogliono provare a fare lo stesso con i due referendum sull’acqua. A governo, Federutility e Confindustria – concludono i promotori della consultazione – diciamo chiaramente “Non ci provate, giù le mani dai referendum!””.

“E’ un colpo di mano – protesta il presidente del Wwf, Stefano Leoni – si vuole togliere la voce ai cittadini: evidentemente c’è chi ritiene che le consultazioni popolari sui temi concreti facciano saltare le decisioni prese da pochi nell’interesse di pochi”.

Per i comitati organizzatori quello del governo è un vero colpo di mano: “Prima hanno buttato dalla finestra 350 milioni di euro pur di evitare l’accorpamento con le amministrative”, ricorda Luca Martinelli, del Comitato promotore referendario. “Adesso provano a togliere di mezzo altri due quesiti, in modo da lasciare solo quello sul legittimo impedimento, su cui non sembra che il Parlamento intenda modificare il quadro legislativo”.

Secondo i promotori del referendum sull’acqua, l’abrogazione di una parte della legge Ronchi non basterebbe però a bloccare entrambi i quesiti perché uno dei due fa riferimento a un quadro di privatizzazione che ha cominciato a delinearsi con la legge Galli del 1994.

“E’ in atto un secondo tentativo di truffa”, accusa il leader dei Verdi Angelo Bonelli. “Sul nucleare il governo ha già cancellato le norme su cui poggiano i quesiti referendari dicendo esplicitamente che valuterà se reinserirle in un secondo tempo con modifiche trascurabili. Significa prendere in giro gli italiani e violare la Costituzione che assegna ai cittadini la possibilità di esprimersi direttamente attraverso i referendum”.

Privatizzazione dell’acqua, una partita da 64 miliardi di euro. Sull’acqua c’è una partita miliardaria, l’unico ostacolo è il referendum. Si vota per abrogare la legge che affida alle imprese private la gestione delle risorse idriche, entro la fine dell’anno. Vuol dire il mercato delle bollette, già aumentato del 65% negli ultimi otto anni, e la gestione degli investimenti per ristrutturare la rete degli acquedotti stimata in 64 miliardi (in 30 anni) che saranno in parte finanziati dallo Stato e in parte ancora dalle bollette, destinate quindi a crescere ancora.