Lo Stato ordina tagli, Comuni e Regioni ignorano e tengono i consiglieri

di Redazione Blitz
Pubblicato il 13 Giugno 2013 - 08:35 OLTRE 6 MESI FA
Sicilia, niente tagli ai consiglieri: 1.679 "abusivi"

Sicilia, niente tagli ai consiglieri: 1.679 “abusivi” (Foto Lapresse)

ROMA – Lo Stato l’aveva ordinato: tagli ai consiglieri degli enti locali. Ma Comuni e Regioni ignorano e aggirano, con leggi regionali e circolari locali. Succede, in maniera massiccia ed eclatante, in Sicilia. Ma succede anche a Roma e in altre parti d’Italia.

Sergio Rizzo e Gian Antonio Stella sul Corriere della Sera raccontano quanto costa la mancata applicazione, decisa dalla regione Sicilia nel gennaio 2011, della legge nazionale che impone tagli ai consiglieri degli enti locali.

Alle elezioni amministrative di domenica e lunedì, convocate per il rinnovo di 142 municipi siciliani, sono stati eletti 2.281 consiglieri: se si fossero applicati i parametri stabiliti dalle leggi che hanno ridotto il numero dei seggi comunali in rapporto agli abitanti, il loro numero sarebbe stato di 1.447.Il conto l’ha fatto Antonio Leo sul Quotidiano di Sicilia , ricordando quanto già accaduto in occasione delle amministrative del 2012, quelle che avevano incoronato nuovamente Leoluca Orlando sindaco di Palermo. La conseguenza della mancata adozione dei criteri nazionali aveva fatto eleggere allora 845 consiglieri comunali in più rispetto agli standard. Il che porta a 1.679 il numero dei seggi in eccesso accumulatisi negli enti locali siciliani nel giro di poco più di un anno. Senza dire dell’aggravio di spesa che l’aggiramento delle leggi statali comporterà. In cinque anni, ha stimato il giornale, centoquaranta milioni tondi: somma corrispondente ai tagli che erano previsti per l’università e la ricerca pubblica nel 2014. Oppure al 10 per cento dell’intero stanziamento statale annuale per i Beni culturali.

Ma come si è arrivati a tutto questo?

A dicembre del 2009 il Parlamento approva la legge finanziaria che taglia del 20 per cento il numero dei consiglieri comunali, riduce le circoscrizioni, elimina i difensori civici e alcune forme consortili, prevedendo pure che le Regioni a statuto speciale come quella siciliana si adeguino quanto prima. Sette mesi dopo un’altra rasoiata, questa volta ai gettoni, alle indennità e ai doppi e tripli emolumenti. La risposta siciliana è tutta in una circolare firmata il 13 gennaio del 2011 dall’assessore alle autonomie locali della precedente giunta regionale, Caterina Chinnici, sull’«applicabilità agli enti locali della Sicilia delle norme statali in materia (…) di riduzione del costo degli apparati politici amministrativi». Un documento che si conclude con queste lapidarie parole: «Gli enti locali continueranno ad applicare, in relazione agli istituti delle sopra richiamate norme statali, in atto non recepite dal legislatore regionale, la normativa vigente nella Regione siciliana».

Ma non si parla solo della Sicilia:

Non che tale creatività sia una prerogativa esclusiva siciliana. Basta ricordare che soltanto qualche mese fa il Comune di Roma ha ridotto da 19 a 15 le circoscrizioni in cui è suddiviso il municipio, con la giustificazione di risparmiare sui costi dell’amministrazione. Peccato però che all’accorpamento degli uffici abbia corrisposto l’immediato incremento del numero degli «assessorini». Con il risultato che i posti lieviteranno dagli attuali 95 a 105. Ma certe vette sono destinate a restare inarrivabili. Nella sua inchiesta sul Quotidiano di Sicilia Leo sottolinea che il Comune di Catania, appena riconquistato dopo tredici anni di governo di centrodestra dall’ex margheritino Enzo Bianco, ha 45 consiglieri, nove in più di quanti sarebbero previsti dai parametri nazionali. Mentre il Campidoglio, che quelli non può invece eludere, ne ha 48: ma con 2,8 milioni di abitanti contro i 291 mila del capoluogo etneo. Quasi dieci volte di più. Per non parlare di Bompensiere, 611 abitanti in provincia di Caltanissetta, che ha potuto eleggere ben dodici consiglieri anziché sei: uno ogni cinquanta anime. E hanno il coraggio di dire che c’è la crisi della politica…