La sorpresa del voto di maggio: Berlusconi e Bossi “mollati” da un quarto dei loro elettori

di Alessandro Camilli
Pubblicato il 18 Maggio 2011 - 17:10 OLTRE 6 MESI FA

foto Lapresse

ROMA –La sorpresa covava, anzi era abbondantemente annunciata. Anche se ora tutti stupiscono e fanno “Ohoo…” da mesi nei sondaggi, in tutti i sondaggi c’era già scritto che l’elettorato stava per sfornare la sorpresa. Non si sapeva “quale” sorpresa, ma che sorpresa sarebbe stata era sicuro e detto in anticipo. La sorpresa, ora si sa, è che il 25 per cento, uno su quattro di chi ha votato Berlusconi e Bossi un anno fa non ha votato stavolta Pdl e/o Lega. La sorpresa, scartata e visibile è nei numeri: nelle otto province in cui si è votato i voti per Pdl e Lega sono calati da 918.867 a 655.796. Circa 250mila voti che non hanno saltato il fosso e la barricata, non sono andati alle liste di opposizione. Ma 250mila voti mancanti che sono la misura della sconfitta di Pdl e Lega. Infatti in termini percentuali il Pdl nel 2006 valeva il 27,3 per cento, nel 2008 era al 34, nel 2010 al 26,6 e ora è al 17,9 per cento. La Lega era nel 2006 al 7,2, nel 2008 al 14,3, nel 2011 al 21,5 e ora è al 15,4 per cento. Il Pd era nel 2006 al 26,4, nel 2008 al 32,1, nel 2010 al 24,1 e ora è al 24,8 per cento. Così nelle otto province e analogamente nel resto d’Italia: i dati sono stati raccolti ed elaborati da Roberto D’Alimonte sul Sole 24 ore.

Che questa tornata di elezioni amministrative riservasse una sorpresa rispetto al passato era chiaro più o meno a tutti. I sondaggi pre elettorali, con una percentuale di indecisi altissima, indecisi se recarsi alle urne e indecisi su chi votare, parlavano chiaro: tra potenziali astenuti e incerti si superava il 40 per cento. Quello che viene definito il centrosinistra ha vinto, largamente, dal punto di vista politico e sui dati percentuali, ma sul piano numerico assoluto anche i suoi elettori sono diminuiti. Discorso ancor più netto per il centrodestra che ha perso votanti, poltrone e punti percentuali e, per la prima volta, sia Pdl che Lega sono in contemporaneo calo. I voti persi da uno schieramento e non guadagnati dall’altro non hanno però nemmeno ingrassato il Terzo Polo che, in generale, si è rivelato assai debole.

Non ci sono ancora certezze, mancano i risultati dei ballottaggi. I dati non sono definitivi e quindi la prudenza è d’obbligo. Da queste amministrative arrivano però segnali inequivocabili che qualcosa sta cambiando all’interno del centrodestra e non solo. E Milano è naturalmente il segnale più rivelatore.

Che la Moratti godesse di scarsa popolarità, a voler esser buoni, era noto. La novità è che a Milano hanno perso consensi, rispetto alle regionali del 2010, sia la Lega Nord sia il Pdl. A partire dal 1994 il centrodestra non era mai sceso sotto il 50% dei consensi a livello proporzionale. Ora ha toccato il suo punto più basso di sempre: 43 per cento. E questa volta, a differenza del passato, non c’è stato travaso di voti tra Lega e Pdl, ci sono invece state perdite nette dell’uno e dell’altro. Contrariamente alle aspettative, i molti delusi di Berlusconi non hanno votato Bossi, facendo così che tutto il centrodestra sia in perdita. Milano è un segnale, non un caso isolato. La lettura dei risultati elettorali porta alle stesse conclusioni in tutta Italia. Rispetto alle ultime regionali Pdl e Lega perdono sistematicamente in tutto il Nord, sia nei comuni che nelle province. La Lega perde in ben 14 dei 15 Comuni capoluogo dove era presente e guadagna solo a Bologna. Perde più di 3 punti a Torino, 5 punti nella provincia di Treviso, 6 punti nella provincia di Pavia. Il Pdl fa ancora peggio: meno 12 punti a Ravenna, 10 a Rimini, 15 a Trieste, 10 a Bologna e così via. La presenza di liste civiche può spiegare una parte di queste perdite ma il trend è troppo generalizzato per essere spiegato solo in questo modo.

E se il centrodestra non fa festa anche il centrosinistra, che esce trionfante da questo week end elettorale, dati alla mano, ha su che riflettere. Dalle urne escono due Partiti Democratici: quello che vince a Torino con Piero Fassino, vittoria limpida, figlia di una campagna condotta su registri di civiltà politica ed erede del positivo decennio di governo Chiamparino, e quello che si afferma a Bologna con qualche fatica, ma in fondo senza correre rischi. E c’è poi un secondo Pd. Un Pd che nelle città chiave di Milano e Napoli ottiene i suoi successi sotto la bandiera di personaggi espressi da due alleati che si chiamano Vendola, sponsor primo di Pisapia a Milano, e Di Pietro, che nel capoluogo partenopeo a presentato De Magistris contro il candidato espresso dal PD stesso. In generale poi anche l’area di centrosinistra ha subito una, seppur minima rispetto agli avversari, erosione di voti, perdendo circa 20mila consensi. E anche il partito di Di Pietro, eccezion fatta per Napoli, sembra aver perso terreno quasi dappertutto. In parte a favore del movimento di Grillo che ha confermato e in alcuni casi superato il risultato ottenuto nelle regionali del 2010. E il terzo polo, a parte Napoli, non si è praticamente visto.

La sorpresa che i sondaggi annunciavano si è tradotta nel dato che in queste elezioni la destra perde i suoi elettori e la sinistra guadagna punti percentuali. La grande massa di indecisi pre voto ha significato che nessuno ha guadagnato elettori ma che Berlusconi e Bossi si sono persi per strada uno su quattro dei loro. Il centrosinistra è riuscito a limitare al minino le sue perdite e fare quasi “il pieno” dei suoi voti, portando così a casa un successo netto, a prescindere da quelli che saranno i risultati dei ballottaggi. Mentre il centrodestra ha subito una grave emorragia di consensi. I suoi elettori scontenti non hanno spostato il loro voto da un partito dal Pdl alla Lega o viceversa, non sono migrati nel terzo polo né tantomeno hanno premiato la scelta di Fini, e non sono nemmeno finiti nell’altro schieramento. Hanno semplicemente preferito non votare.