Suicidio Blefari, per vedova Tarantelli “bisogna coniugare pietà e rigore”

Pubblicato il 2 Novembre 2009 - 17:56 OLTRE 6 MESI FA
Ezio Tarantelli ucciso nel 1985 dalle Br

Ezio Tarantelli ucciso nel 1985 dalle Br

Sulla morte di Diana Blefari “La Stampa” ha intervistato Carole Beebe Tarantelli, vedova dell’economista Ezio Tarantelli ucciso nel 1985 dalle Br.

La vedova racconta di aver saputo dalla radio, mentre tornava in auto verso Roma del suicidio: «Il primo pensiero è stata una pena infinita. Turbamento. Profondo dispiacere per una persona così disperata da togliersi la vita. Il secondo pensiero, invece, è stata una specie di paura. Non vorrei che adesso la storia delle nostre coscienze incominciasse l’attimo prima del gesto estremo, e non nel contesto di violenza a cui Diana Blefari si è dedicata per molti anni. Una violenza di cui il suicidio – questo è il punto cruciale – è solo l’ultimo atto».

La signora Tarantelli, psicanalista ed ex parlamentare del Pds, vive per testimoniare «perché gli italiani sembrano aver perso non solo la memoria storica, ma anche la capacità di costruire una memoria storica». La donna ha dedicato al movimento terroristico anche l’ultimo libro “Le Brigate Rosse. Struttura e dinamica dei gruppi violenti” analizzando le Br sotto un’ottica psicanalitica.

Il marito Ezio era un economista, professore universitario, presidente del centro studi della Cisl, massimo teorico della predeterminazione degli scatti di scala mobile, un uomo del dialogo e della concertazione come Massimo D’Antona e Marco Biagi. Venne ucciso venticinque anni fa dalla colonna romana delle Br all’univerità “La Sapienza” .

Oggi, la signora Tarantelli teme che la Blefari «possa diventare una vittima del sistema carcerario» e spiega: «Vorrei che non si dimenticasse il resto della storia, tutta la catena di violenza. La signora Blefari ha dichiarato agli inquirenti che se avesse avuto fra le mani Marco Biagi, prima di ucciderlo, lo avrebbe torturato. Me lo ha confermato personalmente la signora Biagi. Parole orribili. L’omicidio non era sufficiente, avrebbe voluto di più. Ecco, vorrei che la pena di adesso non cambiasse la storia».

Sulla sofferenza psichica di cui la neobrigatista soffriva nell’ultimo periodo la Tarantelli dice di dispiacersene molto. «Aggiunge ulteriore dolore. Perché una persona malata deve essere curata sempre, senza dubbio. E vorrei che fossimo tutti vivi, tranne quelli che devono morire di vecchiaia. Lo ripeto: non ce l’ho con questa persona, non sento bisogno di giustizia ad ogni costo. Non dirò mai: “Uno di meno”. Anche se l’ho sentito dire molte volte».

Sull’ipotesi del suicidio ideologico di cui alcuni hanno parlato, la Tarantelli assicura che «non si possono indagare le ragioni profonde di un suicidio. È un gesto privato di una disperazione immensa, imperscrutabile. E poi i chissà… Chissà se stava collaborando. Chissà come ha vissuto quell’esperienza dentro di lei. Chissà come reggeva il carcere, la privazione della libertà, una condizione sicuramente molto dura… Nessuno può sapere».

A proposito del suo ultimo libro, la psicanalista racconta di aver voluto indagare circa le «dinamiche del gruppo. E soprattutto delle dinamiche che portano alla clandestinità, alla separazione dal mondo – ad essere dei “fantasmi”, come dice Moretti – per pianificare distruzione e morte. Mi interessa indagare l’attrazione per la violenza. Dove la politica, ritengo io, è sempre stata solo una foglia di fico. Giustificazione, non motivo».

Infine, sulla morte di Diana Blefari dichiara di voler capire: «Voglio sapere cosa è successo. Ma se si deve utilizzare questa morte per qualcosa, prima di tutto bisogna farlo per trovare un modo per prevenire altri atti così. Mi sento di dire questo, in un momento tanto tragico. Ma è altrettanto importante anche un altro aspetto. Dobbiamo tenere sempre presenti tutti gli attori, tutte le vittime, i diversi pezzi della stessa storia, tenere insieme pietà e rigore».