Lario vs Berlusconi, qual è la parola che l’Ansa “censurò”?

Pubblicato il 6 Novembre 2009 - 21:03| Aggiornato il 7 Novembre 2009 OLTRE 6 MESI FA

Nel libro di Vespa “Donne di cuori” c’è il retroscena di quello che è successo il giorno in cui Veronica Lario decise di divorziare da Berlusconi “a mezzo stampa”. La Lario avrebbe mandato la comunicazione all’Ansa poco prima delle 22 del 28 aprile scorso. L’allora direttore Giampiero Gramaglia però rispose alla Lario in questo modo: «Signora, una frase è un po’ troppo sopra le righe. Mi permette di tagliarla?».

«Direttore, ho i miei buoni motivi per averla scritta – ha risposto la Lario – . Comunque, si regoli come meglio crede. L’importante è che la sostanza di quel che penso esca immutata».

Gramaglia era stato contattato dopo le 17 da due persone vicine alla moglie di Silvio Berlusconi: «Può darsi che la signora voglia rilasciare una dichiarazione all’Ansa», era il messaggio. Gramaglia aveva chiamato subito la sala stampa della Camera dei deputati e ad Alessio Panizzi, capo del servizio politico dell’agenzia, affidò la missione. Vista la delicatezza della cosa, Panizzi decise di gestirla in prima persona, senza metterne a parte altri colleghi.

Alle 17.30 telefonò a villa Belvedere, la residenza della signora Lario, e chiese di poter parlare con lei, ma le fu passata la sua assistente, Paola Gipponi, la quale, ascoltata la richiesta, disse che lo avrebbe richiamato. Infatti, un’ora più tardi si mise in contatto con lui, comunicandogli che Veronica Berlusconi avrebbe risposto solo a domande scritte.

Panizzi si consultò allora con Gramaglia e, insieme, formularono tre domande molto generiche, senza mai chiamare in causa Berlusconi: l’idea era: se vuole chiamare in causa il marito, a farlo sarà lei. La prima domanda riguardava il ruolo delle donne in politica, citando anche l’attacco che il giorno precedente il sito web della fondazione Farefuturo, vicina a Gianfranco Fini, aveva mosso sull’onda delle notizie e articoli apparsi anche sui giornali vicini al governo che accreditavano la presenza di «veline» nella lista del Popolo della libertà per le elezioni europee di giugno.

La seconda domanda rivolta a Veronica Lario era legata alla prima, poiché le si chiedeva un giudizio sull’uso di candidare donne avvenenti per attirare voti. La terza verteva sul fatto che lei, quando incontrò Silvio Berlusconi, era un’attrice. Dunque, anche nel suo caso c’era stata una sorta di passaggio riflesso dal mondo dello spettacolo a quello della politica, seppure non immediato, per i lunghi anni in cui il Cavaliere era stato soltanto un brillante imprenditore, ma a questa domanda lei non rispose.

Verso le 20 di quel 28 aprile Paola Gipponi chiamò di nuovo Panizzi e gli disse che la signora Lario aveva preparato le risposte, precisando però che avrebbe aggiunto una quarta domanda con una quarta risposta. Lo stesso giorno infatti, Repubblica aveva riferito della presenza di Berlusconi, la domenica precedente, alla festa del diciottesimo compleanno di una ragazza napoletana, Noemi Letizia, ma la cosa non aveva fatto ancora rumore. L’avvenimento e il racconto di Repubblica non erano però sfuggiti a Veronica Lario. La quarta domanda che si era posta, infatti, suonava così: «Non le sembra strano che suo marito abbia partecipato domenica al compleanno di una diciottenne di Napoli chiamata Noemi?» . Seguiva una risposta molto dura da parte dell’ex moglie del Cavaliere.

Il testo di Veronica Lario arrivò nella casella di posta elettronica di Panizzi poco prima delle 20. Il giornalista, che non aveva mai parlato con la signora Berlusconi se non per interposta persona, voleva essere sicuro che lei fosse completamente d’accordo con la stesura trasmessa all’agenzia, e quindi chiamò Paola Gipponi che, a quel punto, gli passò Veronica.

«Mi scusi – le disse Panizzi – ci siamo parlati solo per posta elettronica e volevo verificare che fosse lei l’autrice del testo. Ho visto che ha scritto risposte molto dure… ». La signora Berlusconi gli confermò l’autenticità del testo, gli spiegò le ragioni della durezza delle sue risposte e aggiunse un dettaglio che il giornalista avrebbe inserito nella nota d’agenzia che fu diffusa più tardi: «Finora mi ero sempre rivolta ai giornali – gli disse -. Se stavolta ho scelto l’Ansa, è perché tutti sappiano che i miei figli e io siamo vittime e non complici di questa situazione».