Il paese dello “armiamoci e partite”: è Bossi il Churchill d’Italia

di Mino Fuccillo
Pubblicato il 22 Marzo 2011 - 14:48 OLTRE 6 MESI FA

ROMA-D’accordo, Gheddafi non è Hitler: gliene manca la demoniaca grandezza e la distruttiva potenza. Nemmeno Obama è Roosevelt, non ne ha il senso della missione americana nel mondo e neanche la cocciuta determinazione nel sapere come volere ciò che vuole. E Sarkozy non è De Gaulle, gli fa difetto la statura, non solo quella in centimetri ma anche quella di Stato, la sua “grandeur” è alquanto posticcia. D’accordo, non sono gli anni di ferro della seconda guerra mondiale, viviamo invece degli anni di gesso in cui tutto è intonaco e poco è muratura, anni in cui tutto si sfarina un minuto dopo essere stato edificato e messo in mostra.  Ma noi italiani nel 2011 il nostro Churchill lo abbiamo: è Umberto Bossi. E’ Bossi che davvero incarna, interpreta, legge e mostra al paese la sua natura profonda. Un Churchill italiano italiano, come l’Italia lo vuole. E’ il pomeriggio di martedì 22 marzo, quarto giorno dell’intervento militare dell’Occidente in Libia mentre scriviamo, non si sa ancora se sarà Silvio Berlusconi a riferire al Senato mercoledì o alla Camera giovedì. Dovrebbe toccare al premier dire al Parlamento e al paese cosa l’Italia fa e cosa vuole, il ministro Frattini non basta. Però sappiamo che per sapere davvero dovrebbe parlare Bossi, è la sua parola quella più vera, più in sintonia con il cuore e l’anima nazionale. A lui, a Bossi toccherebbe idealmente il discorso alla Churchill: non lacrime, sudore e sangue però. Ma: evitiamo di piangere, non versiamo una goccia e sudiamo il meno possibile. Sgusciamo, ripariamoci e contrattiamo: questa la triade dei valori di Bossi Churchill d’Italia.

Toccasse a lui parlare al Parlamento e al paese, Bossi direbbe con definitiva chiarezza quel che il paese si aspetta di sentire, le parole e i concetti intorno ai quali il paese è pronto a raccogliersi. Primo: proprio sicuri che non siano affari loro, dei libici e che a mettersi in mezzo ci si rimette? Secondo: il vero obiettivo degli italiani è evitare guai e i guai hanno un solo nome e cognome, l’emigrazione e gli emigrati. Terzo: attenti, ci fregano, non facciamoci fregare da francesi, inglesi ed europei sparsi in combinata con quei pasticcioni degli americani. Riassunto e conclusione: questa storia della Libia è complicata, costosa e rischiosa, stiamone fuori il più possibile, sganciamoci il prima possibile. E’ la saggezza leghista che perfettamente si sposa con l’antico e astuto “armiamoci e partite”.

Bossi ha corretto la linea del governo italiano, dalle sue labbra pende Berlusconi. Berlusconi che dice: “Non abbiamo sparato e non spareremo”. Nessuno aveva detto a Berlusconi che per realizzare una No Fly Zone la prima obbligatoria cosa da fare è sparare sulla contraerea e sui radar di chi non si vuol far volare? Pensava Berlusconi che ai nostri caccia bastasse “mostrar bandiera” nei cieli di Libia perché gli aerei di Gheddafi restassero a terra? Nessun militare aveva detto a Berlusconi che “accompagnare” in volo gli arei degli altri non è strategia militare? Forse sì e forse no, chissà cosa Berlusconi aveva capito a Parigi mentre diceva sì all’intervento. Ma Bossi ha capito, eccome se ha capito. E ha dettato la linea: minaccia di sfratto ai francesi e agli altri dalle nostre basi se non promettono di prendersi gli immigrati, niente bombe e missili tricolori sulla Libia e attenti agli alleati che ci fregano il petrolio e il gas. Dopo Bossi, illuminato da Bossi, finalmente anche Berlusconi ha capito: infatti si è detto “addolorato per Gheddafi”. E l’Italia, partita in volo per fermare Gheddafi, è già un passo vanatik a tutti gli altri, su altra strada però: il governo di Roma, senza dirlo ma neanche nascondendolo, sta prendendo in esame la possibilità cher Gheddafi resista e resti. Quindi fa da sponda, sponda morbida per carità, alla Russia che si propone come mediatrice, alla Russia e non agli Stati Uniti.

D’accordo, non è tutto chiaro e soprattutto nulla è sicuro in questa azione di guerra dell’Occidente. La Lega Araba gioca a fare l’elastico: ci sta e non ci sta cambiando posizione tre volte in due giorni. I paesi della Lega Araba Gheddafi vorrebbero farlo fuori, ma in tutti i loro paesi vige presso le pubbliche opinioni il comandamento che “un arabo non può uccidere un arabo”. Quindi per l’Occidente la Lega Araba è un alleato che se ti ci appoggi rischi di finire per terra. Russia e Cina di Gheddafi non si fidano più ma non vogliono che siano le armi occidentali a vincere. Obama mette navi e aerei ma vuole siano gli europei a bruciarsi le dita se ci sarà da bruciarsele. Forse Gheddafi resiste e forse no. Se resiste, se non crolla in pochi giorni, allora la coalizione rischia di sfaldarsi. E rischia di sfaldarsi pure la Libia e di diventare un vaso rotto con ogni pezzo presidiato da opposte tribù. D’accordo, francesi e inglesi giocano in proprio e non si fidano di noi italiani.

Ma dovrebbero fidarsi? In meno di tre giorni l’Italia ha detto sì all’intervento, ha ufficialmente proclamato “partecipazione attiva”. Un sì e una partecipazione da parte di un paese il cui capo di governo faceva sapere di essere stato costretto, in cui tre ministri di un partito che conta votavano contro o non votavano, in cui un composito gruppo parlamentare che tiene in piedi il governo, i “Responsabili”, coglieva l’occasione per far sapere al premier che i suoi voti, anche in politica estera, hanno un domestico prezzo. Un paese il cui premier annuncia che “noi non spariamo”, un paese che minaccia lo sfratto dalle sue basi agli aerei alleati. Un paese in cui tutta la stampa di destra definisce questa come “Una guerra da matti”. Un paese in cui la sinistra si mobilita per il praticabilissimo obiettivo del “nè con Gheddafi nè contro di lui”. Un paese astutissimo dove l’avvertimento a non farsi fregare riscuote il massimo del consenso. Forse siamo il paese più astuto e saggio del mondo. Il paese dello “armiamoci e partite” di cui Bossi è il vero Churchill. Peccato non poterlo sentire e apprezzare nella genuina e geometrica, scaltra e prudente, popolare e accattivante declinazione della nostra natura e azione. Peccato non sia Bossi a dirci domani e dopdomani chi siamo.