Boston: a rischio il feudo di Ted Kennedy, Obama corre in aiuto dei democratici

Il dilemma di Obama: se va a Bosto l’accuseranno di trascurare Haiti, se non ci va mette a rischio la riforma sanitaria
Martha Coakley

Monopolio democratico, feudo di Ted Kennedy per 47 anni, il piccolo stato del Massachusetts è l’angolo d’America più progressista che si possa immaginare. Ed è anche lo stato su cui tutti gli occhi sono puntati per vedere se alle elezioni senatoriali speciali di martedì il candidato repubblicano Scott Brown riuscirà in quello che fino a poco tempo fa sembrava impossibile: battere la candidata democratica Martha Cloakey, a quanto scrive il sito politico.com.

Non si tratta semplicemente di un cambio di senatori, ovvero sconfiggere la donna che assieme a Brown aspira al seggio che fu di Ted per quasi mezzo secolo.

C’è in gioco molto, molto di più, ed è per questo che il presidente Barack Obama si è trovato di fronte ad una scelta molto ardua: andare ad Haiti per dimostrare con la sua presenza l’impegno Usa per la ricostruzione e gli aiuti, oppure andare nel Massachusetts per rialzare in prima persona i sondaggi che stanno dando vincente Brown. Obama ha scelto il Massachusetts.

La scelta di Obama non è stata facile. «Se viene a Boston domenica lo accuseranno di trascurare la tragedia di Haiti. Se non viene rischia di perdere un voto locale da cui dipende tutta la sua presidenza». È il dilemma di Barack Obama, delineato dall’esperto elettorale del Partito democratico Peter Fenn. Ma la Casa Bianca ha deciso. Ad Haiti è stata mandata Hillary Clinton.

L’allarme è suonato all’improvviso. Ancora tre settimane fa un sondaggio del Boston Globe dava alla candidata democratica Coakley un comodo vantaggio di 17 punti. Venerdì scorso, nell’ultima indagine fatta dalla Suffolk University, il suo rivale repubblicano Scott Brown l’ha sorpassata: 4 punti di vantaggio. L’inverosimile può accadere. Un uomo di destra nel seggio dal quale Ted Kennedy lanciò per mezzo secolo le sue battaglie sui diritti civili e le riforme sociali.

Oltre allo shock simbolico, una disfatta della Coakley avrebbe gravi ripercussioni nazionali. A Washington i democratici scenderebbero sotto la fatidica soglia dei 60 senatori, cioè quella maggioranza qualificata che impedisce all’opposizione di destra di paralizzare l’agenda legislativa con l’ostruzionismo. Salterebbe quasi sicuramente la riforma della sanità, e con un effetto-domino finirebbero impantanate le nuove leggi sull’ambiente, sui mercati finanziari, sull’immigrazione.

Tradizionalmente di sinistra, nel Massachusetts per molto tempo hanno convissuto, rafforzandosi a vicenda, i diversi pilastri del kennedysmo: la vecchia sinistra sindacale dei colletti blu, l’immigrazione operaia irlandese e italiana, e l’intellighenzia liberal che affolla le migliori università del pianeta, tutte concentrate sulla sponda del Charles River dirimpetto a Boston: Harvard, Brandeis, il Massachusetts Institute of Technology. Qui il blocco sociale progressista nell’ottobre 2008 garantì a Obama un trionfo: il 62% dei voti. E ora, secondo i sondaggi, potrebbe squagliarsi. Fino a far deragliare la sua presidenza.

Obama lo ha riconosciuto esplicitamente nel messaggio su YouTube che ha rivolto agli elettori di Boston alla vigilia del suo arrivo: «Tutti i miei progetti di cambiamento possono dipendere da un solo voto al Senato».

Poi ci sarebbe lo shock psicologico, che secondo la politologa di destra Peggy Noonan, è destinato a condizionare le elezioni di medio termini a novembre. Aggiunge: «Se la destra espugna il Massachusetts, avrà speranze di infliggere una batosta a Obama tra dieci mesi, forse addirittura mettendolo in minoranza al Congresso».

Sembra incredibile che a provocare tutto possibile cataclisma sia stato lui, Scott Brown, un signor nessuno. Per trovare qualcosa nella biografia di questo avvocato di 50 anni i mass media locali hanno dovuto scavare fino agli anni dell’università: quando vinse una gara per lo studente più sexy del suo ateneo. Ma girando con il suo camioncino, Brown ha fatto una campagna all’antica. Umilmente. Una cittadina alla volta, ha stretto migliaia di mani, ha partecipato a riunioni di quartiere o di caseggiato, a fiere di ogni tipo.

Tutto il contrario della candidata democratica. Preparata, autorevole, la 57enne Martha Coakley è un volto noto per i cittadini: è l’attorney general (procuratore capo) del Massachusetts. Ma la certezza di stravincere l’ha resa arrogante. Poco disponibile a incontrare i semplici cittadini, si è accontentata di garantirsi le alleanze con i “signori dei voti”, i notabili del partito, l’establishment sindacale, le lobby professionali. Fino a farsi una fama pericolosa. «È una persona fredda, distante, ignora i problemi quotidiani della gente», la incalza Brown negli spot televisivi.

La campagna di Brown ha assunto vigore grazie al Tea Party Movement, la nuova rivolta anti-tasse. Si tratta di una mobilitazione dal basso contro la riforma sanitaria e tutti i progetti di Obama che la destra definisce statalisti o addirittura “socialisti”.

E coglie il timore diffuso che dopo la grande recessione arrivino le stangate fiscali, a stremare un ceto medio già in difficoltà. «Con questo messaggio – osserva lo stratega della destra Whit Ayres – Brown ha spostato tanti elettori indecisi e indipendenti perfino nella roccaforte liberal del Massachusetts. Figurarsi il successo che può avere su scala nazionale. Se questa strategia vince nel Massachusetts, sarà il nostro modello per la riscossa di novembre».

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